NB (2021): si segnala che la ricostruzione dello Dzong di Wangdue Phodrang, a seguito del grande incendio che lo ha quasi distrutto, è ancora in corso e lo Tsechu viene tenuto in uno spazio temporaneo ai margini del paese nei pressi del fiume.
INDICE:
Lo Dzong di Wangdi Phodrang fu costruito dallo Shabdrung nel 1638 ed il primo cortile, tutt’ora sede degli uffici amministrativi del distretto, nel 1683. Lo Dzong copre la sommità di un monte in una posizione dominate che sovrasta la confluenza di due fiumi; è una costruzione che genera una forte impressione, e nei cortili più interni dove risiedono i monaci l’atmosfera è molto severa. Ci sono due storie che ne raccontano l’origine; quella più ufficiale dice che lo Shabdrung ebbe una visione della divinità di protezione Mahakala che gli suggerì di costruire uno Dzong su di un monte alla confluenza di due fiumi da cui dei corvi si sarebbero levati in volo verso le quattro direzioni cardinali; il nome riflette questa storia, Wangdi Phodrang significa infatti ’palazzo dove le direzioni cardinali sono controllate’.
L’altra versione dice più semplicemente che quando lo Shabdrung arrivò nei pressi del fiume sotto al monte dove sarebbe sorto lo Dzong vide un bimbo che costruiva un castello di sabbia; lo Shabdrung chiese al bimbo qual’era il suo nome, che era Wangdue, quindi chiamò così la nuova fortezza.
Tra le molte leggende (o storie?) che animano il luogo una viene anche rappresentata nelle danze dello Tse Chu (DOLE RAKSHA CHAM, la danza dello spirito guida dei morti del monastero di Dole). Descrive come furono distratti i demoni dell’acqua che impedivano la costruzione del ponte sul fiume ai piedi dello Dzong, distruggendo nottetempo il lavoro eseguito di giorno dalle persone. Venne celebrata dai monaci di Dole una danza nel cortile dello Dzong a cui assistettero anche i curiosi demoni del fiume. Un Raksha (spirito guida dei morti) continuò senza sosta le esecuzioni intrattenendo i demoni finché fu terminata la costruzione dei piloni del ponte, che fu immediatamente consacrato dal Je Khempo, impedendo così ogni ulteriore danno.
Lo Tsechu che si tiene tra settembre ed inizio ottobre nello Dzong di Wangdi Phodrang è l’evento rituale principale che si svolge annualmente nel distretto, dove confluiscono molte persone dai villaggi della regione formando un simpatico pubblico devoto e attento, che si assiepa sui bordi del perimetro di danza e su tutte le balconate che contornano il primo cortile dello Dzong, il più ampio, dove si tengono tutte le rappresentazioni. I monaci musicisti siedono sul lato sinistro (entrando) e il Lam Netten, l’Abate dello Dzong, con il suo seguito e i responsabili del distretto, tra cui il governatore, lo Dzongdha, si accomodano al piano superiore del tempio che chiude il fondo del cortile. La manifestazione si svolge nell’arco di 3 giorni seguendo un programma che di norma non subisce sostanziali modifiche annuali. Le rappresentazioni iniziano verso le 9 del mattino e continuano fino al pomeriggio. Le persone iniziano ad entrare prima per occupare i posti preferiti, e continuano ad affluire formando una discreta ressa verso fine mattina, poi gradualmente, dopo aver allegramente consumato degli abbondanti picnic seduti coralmente ovunque, inizia un lento esodo che fa sì che verso la fine della giornata ci sia parecchio spazio per potersi muovere e sedersi dove si vuole. Se si attende la fine e si accede al secondo cortile, che è contornato dagli alloggi dei monaci, si assiste all’uscita in pompa magna del Lam Netten, riverito da tutti, governatore compreso, che con una breve processione si trasferisce dal tempio da cui osserva lo Tsechu al suo appartamento.
Nelle prime ore del terzo giorno, solitamente verso le 6 del mattino, si celebra la cerimonia del Thongdrol [quasi tutti gli anni, in alcune edizioni non è stata eseguita], l’esposizione di una tanka gigantesca [un dipinto eseguito su tessuto] a cui vengono attribuiti particolari poteri. Il nome di questo prezioso oggetto fa intuire l’importanza di questa fase dello Tse Chu: Thong significa guardare e Drol liberazione, ovvero, ottenimento della liberazione guardando l’oggetto.
Le descrizioni delle rappresentazioni inserite di seguito sono riportate dalle pagine “Le danze del Cham“.
SHINJE YAB YUM, danza di Manjushri, il bodhisattva della saggezza, nella forma del Signore della Morte (Shinje, da Shin = morte, e Je = signore) con la sua consorte. Shinje indossa una maschera con le sembianze di un bufalo irato e porta un abito di broccato.
SHA-NA CHAM, danza dei cappelli neri, eseguita normalmente da 21 danzatori, ma a volte anche solo da 5, che portano grandi cappelli di feltro nero senza indossare maschere, scarpe di feltro e lunghi abiti di broccato colorato. E’ un rito di purificazione che viene utilizzato anche per preparare il luogo fisico dove vengono costruiti gli Dzong, i templi e i chorten. Lo scopo è riconciliare gli esseri malevoli che abitano nella terra per poter utilizzare il sito senza conseguenze. I danzatori rappresentano degli yogi che hanno il potere di uccidere e restituire alla vita, ovvero possono anche eliminare fisicamente i demoni avendo però la capacità e lo scopo compassionevole di farli rinascere in una terra pura dove potranno ricevere gli insegnamenti di un Buddha. Lo schema della danza segue le linee invisibili di un mandala e spesso, solitamente verso la fine del rito, viene distrutto il feticcio del demone. Gli yogi dal cappello nero prendono così possesso della terra proteggendola e quindi con un passo particolare detto “del fulmine” conferiscono il loro potere al mondo. Questa danza per la sua grande importanza veniva condotta ed eseguita dallo Shabdrung in persona.
SHA-NA NGA CHAM, danza dei cappelli neri con il tamburo. I danzatori, agghindati come per la Sha-na Cham, danzano battendo ritmicamente un tamburo il cui suono rappresenta la religione, onorando la vittoria della religione stessa sulle forze del male.
SHACHAM, danza dei cervi. Le maschere dei cervi sono solitamente bianche con grandi corna; si ricorda la vittoria di Guru Rimpoce contro il signore del vento, che procurava difficoltà agli esseri con la sua potenza. Il cervo era la sua montatura che, dopo il confronto, venne utilizzata dal Guru per recarsi a tranquillizzare gli esseri annunciando che pace e gioia sarebbero tornati a regnare nel mondo.
GINGSUM [o Gynging], danza dei tre tipi di Ging (divinità tutelari): con i bastoni (Gyu-Ging), con le spade (Dri-Ging) e con i tamburi (Nga-Ging). Questa rappresentazione nasce da una visione che ebbe Pema Lingpa (XV sec.) quando visitò il paradiso di Guru Rimpoce. Nella prima fase i Ging portano maschere di animali indossando tuniche al ginocchio e tengono in mano il bastone con cui scacciare i demoni Nyulemas, che causano ostacoli nella vita e nella pratica meditativa. Poi, indossando maschere terrifiche, con la spada purificano le menti dei demoni inviandoli nel paradiso della pura coscienza; infine tengono in mano il tamburo con cui celebrano l’allontanamento dei demoni e lo stabilirsi della felicità e della pace.
KYECHAM, danza degli accompagnatori. E’ eseguita a piedi nudi con maschere di animali indossando tuniche gialle corte e tenendo una spada nella mano destra. Si evoca la partenza del re mitico Norzang per una campagna nel nord dell’India, accompagnato da un esercito di divinità.
PHOLE MO-LE, danza dei nobiluomini e delle dame. Vengono indossati svariati costumi e maschere dai molti personaggi che partecipano; è un atto con una vena spesso comica che ha origine nella saga del re mitico Noezang. Due principi lasciano le loro principesse in custodia di una vecchia coppia ma in loro assenza vengono tutti circuiti da una banda di comici demoni, con scene che scatenano l’ilarità generale. Quando tornano i principi tagliarono i nasi per punire un tale comportamento; ma alla fine questi vengono riattaccati e rinasce l’armonia.
SHAWA SHACHI, danza del cervo e dei cani (in questa giornata viene solitamente eseguita solo la prima parte). Racconta della conversione di un cacciatore da parte di Jetsun Milarepa (1040 – 1123), il grande mistico tibetano che appare come personaggio verso la fine dell’atto. E’ spesso arricchita di parti comiche e satiriche, soprattutto nella prima parte, con diverse scene che coinvolgono l’aiutante del cacciatore e i demoni comici, che spesso includono anche l’esecuzione di un rito propiziatorio per la caccia, quindi all’opposto dell’etica buddista, che propone una satira della funzione religiosa. Quando compare Milarepa con fare regale indossando un lungo abito bianco inizia la seconda parte dell’atto, che ha un tono più propriamente religioso; la conversione del cacciatore è rappresentata tramite il salto di una corda, occasione questa per dei movimenti di tipo acrobatici.
DURDAG, danza dei signori dei luoghi di cremazione. I danzatori portano maschere bianche con le sembianze di un teschio; impersonano le entità che regnano sulle moltitudini dei protettori della religione che abitano gli otto luoghi di cremazione posti attorno al monte Meru, considerato qui come un mandala al cui centro risiedono le divinità tantriche. Spesso nei Cham entrano trasportando in un telo nero l’effige del demone e la posizionano al centro.
TUNGAM, danza delle divinità terrifiche. I danzatori portano abiti di broccato, calzari di feltro e maschere dall’aspetto terrificante. E’ una danza spettacolare che ha lo scopo di liberare gli esseri mostrando loro Zangthopelri, il paradiso di Guru Rinpoce. I danzatori che impersonano le divinità cercano di accerchiare gli spiriti del male facendoli cadere in una scatola metallica di forma triangolare, posta al centro, dove vengono uccisi con il phurba, il pugnale tantrico con tre lame. Così viene salvato il mondo e i demoni portati sul sentiero della liberazione.
DOLE RAKSHA CHAM, danza dello spirito guida dei morti (Raksha) del monastero di Dole. Il Raksha porta una maschera nera con le corna e indossa una tunica corta gialla. Si evoca la storia di come furono distratti i demoni dell’acqua che nottetempo distruggevano il lavoro eseguito di giorno dalle persone, impedendo così di completare la costruzione del ponte di Wangdi Phodrang. Venne celebrata dai monaci di Dole una danza nel cortile dello Dzong di Wangdi a cui assistettero anche i curiosi demoni del fiume. Un Raksha continuò le esecuzioni finché riuscirono a terminare i piloni del ponte, che fu immediatamente consacrato dal Je Khempo, impedendo così ogni ulteriore danno da parte dei demoni.
RAKSHA MA-CHAM, danza del giudizio dei morti. La trama espone alcune parti del Bardo Thodol, il “Libro tibetano dei morti?. I danzatori portano costumi e maschere diversi, con una predominanza di maschere terrifiche. Shinje Chhogyel, il Signore della morte, soppesa il karma del defunto che viene esposto per il bene dal dio bianco e per il male dal demone nero. Vengono normalmente rappresentati due giudizi, il primo di una persona negativa – a volte quando il peccatore si presenta, cercando di fuggire di qua e di la terrorizzato ma ricatturato ogni volta dagli assistenti del Signore della morte (i Raksha), viene estratta da un cesto la testa di una mucca, della cui morte è responsabile. Viene quindi steso un telo nero, che indica il suo sentiero verso l’ingresso negli inferni, su cui viene trascinato il dannato. Quando tocca al defunto con un buon karma viene steso un telo bianco, la via verso le rinascite superiori, il demone nero cerca di prendersi con la forza il poveretto, ma il dio del bene lo salva. Spesso nell’intervallo tra i giudizi tutte le figure eseguono una danza e tornano poi a sedersi.
DRAMITSE NGA CHAM, danza dei 16 suonatori di tamburo. E’ eseguita con tuniche gialle corte e maschere di animali; i danzatori portano un tamburo. Descrive la visione che Kunga Gyeltshen, Lama del monastero di Dramitse, ebbe del paradiso di Guru Rimpoce, quando gli attendenti del Guru si trasformarono in cento divinità pacifiche e cento divinità terrifiche che ballavano tenendo un tamburo nella mano sinistra.
SHAWA SHACHI, danza del cervo e dei cani. Racconta della conversione di un cacciatore da parte di Jetsun Milarepa, il grande mistico tibetano dell’XI secolo, che appare come personaggio verso la fine dell’atto. E’ spesso arricchita di scene comiche e satiriche, soprattutto nella parte iniziale, con diverse parti che coinvolgono l’aiutante del cacciatore e i demoni comici, che spesso includono anche l’esecuzione di un rito propiziatorio per la caccia, quindi all’opposto dell’etica buddista, proponendo una satira della funzione religiosa. Quando compare Milarepa con fare regale indossando un lungo abito bianco inizia la seconda parte dell’atto, che ha un tono più propriamente religioso; la conversione del cacciatore è rappresentata tramite il salto di una corda, occasione questa per dei tentativi di movimenti acrobatici.
La grande Tanka viene distesa nelle prime ore del mattino. In alcuni anni è successo che non venisse esposta, ma sfortunatamente non è possibile saperlo in anticipo. Il programma delle giornata si sviluppa come segue.
PACHAM, danza degli eroi. Viene eseguita senza maschere con una corona dorata e tenendo in mano delle campanelle e un tamburo. Ricorda la visione che Pema Lingpa ebbe del paradiso di Guru Rimpoce, il mitico Zangtopelri, quando Egli apparve seduto in piena gloria al centro di un Mandala circondato da moltitudini di eroi (Pawo) ed eroine (Khandrom Pamo) che erano assorbiti in uno stato di beatitudine. Queste figure hanno un ruolo importante: sono gli esseri che accompagnano i defunti fino a Zangtopelri.
DURDAG, danza dei signori dei luoghi di cremazione. I danzatori portano maschere bianche con le sembianze di un teschio; impersonano le entità che regnano sulle moltitudini dei protettori della religione che abitano gli otto luoghi di cremazione posti attorno al monte Meru, considerato qui come un mandala al cui centro risiedono le divinità tantriche. Spesso nei Cham entrano trasportando in un telo nero l’effige del demone e la posizionano al centro.
GING DANG TSHOLING, danza del paradiso del Guru. L’origine di questo rito viene attribuita a Guru Rimpoce, che lo eseguì personalmente a Samye dove fondò il primo monastero buddista del Tibet (VIII sec.), per purificare il sito eliminando le interferenze dei demoni che ne impedivano la costruzione. Nelle forme di questa rappresentazione viene descritto il paradiso di Zangthopelri, la terra pura da cui originano le incarnazioni del Guru, un paradiso ben descritto dal maestro bhutanese Pema Lingpa che ne ebbe una perfetta e sublime visione nel XV secolo. Sia i danzatori Ging che Tsholing portano maschere terrifiche e i Ging hanno sul capo una bandiera e portano un tamburo. La danza dei Ging impersona gli eroi, le divinità tutelari e i folletti; la danza degli Tsholing le entità terrificanti convertite alla protezione della religione che provvedono a distruggere i demoni che vengono simboleggiati da un’effige posta in una scatola metallica nera. Quando l’esorcismo è completato i Ging allontano i protettori della religione ed eseguono la danza della vittoria del bene accompagnandosi con il suono dei tamburi. E’ un rito di purificazione spesso accompagnato dai fischi dei presenti, che contribuiscono con questo a scacciare i demoni, e i Ging a volte colpiscono le persone con delle bacchette per eliminare le impurità del corpo. Il rito viene a volte anche utilizzato per predisporre il luogo purificandolo per l’apparizione di Guru Rimpoce (Guru Tshen Gye).
GURU TSHEN GYE, danza delle otto manifestazioni di Guru Rimpoce. Vengono rappresentate le otto forme che il Guru assunse per poter portare il messaggio di liberazione ai vari tipi di esseri. Ciascuna delle otto figure esegue un giro di danze e si ferma poi di fianco a Guru Rimpoce, che dopo la processione d’ingresso resta seduto protetto da un parasole, porta una maschera dorata, è spesso accompagnato dalle due consorti Mandarava e Yeshe Sogyel ed è assistito da folletti (gli attori sono spesso dei bimbi che portano una maschera bianca). Le persone presenti spesso si accalcano per cercare di ricevere la sua benedizione. Quando le otto forme hanno completato l’atto entrano 16 folletti [a volte questa parte viene nominata RIGNA CHUDRUG e considerata una danza a se stante] che indossano vestiti di broccato e ornamenti d’osso ed eseguono due danze in onore del Guru e delle sue manifestazioni, la prima con l’ausilio di tamburi, la seconda con campanelle e piccoli tamburi. Al termine escono tutti di scena con una solenne processione. Le manifestazioni del Guru possono essere così riconosciute: 1, Tshokye Dorji (“Lampo di diamante nato da un lago”): maschera blu e verde dall’aspetto pacifico, abito di broccato, nelle mani campana e vajra. 2, Loden Chogsey (“Guru della suprema conoscenza”): maschera bianca dall’aspetto pacifico, abito di broccato rosso, nelle mani un piccolo tamburo e una ciotola. 3, Padmasambhava (“Nato dal loto”): maschera bianca con copricapo rosso e abito monacale rosso e giallo. 4, Shakya Senge (“Leone del clan dei Sakya”): maschera dall’aspetto di Buddha con i capelli blu, abito monacale rosso e giallo. 5, Pema Gyelpo (“Re del loto”): maschera con ciuffi di capelli bianchi e barba rossa, abito di broccato rosso, nelle mani un piccolo tamburo e uno specchio. 6, Nyima Ozer (“Raggio di sole”): maschera con ciuffi di capelli blu e barba gialla, abito di broccato d’oro, nelle mani un tridente. 7, Sengye Dradrog (“Colui che parla con la voce del leone”): maschera terrifica blu, abito di broccato blu; anche i suoi attendenti portano maschere blu dall’aspetto irato. 8, Dorji Dragpo (“Lampo che genera timore”): maschera rossa.
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