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Druk Yul, il Paese del Drago Tonante

DRUK YUL, IL PAESE DEL DRAGO TONANTE

Il Bhutan, o meglio Druk Yul (Paese del Drago Tonante), consente di entrare in contatto con l’unica civiltà sopravvissuta agli sconvolgimenti del XX secolo dove permane un ordine sociale e ambientale fortemente ispirato ai principi del buddismo tibetano. Nel Druk Yul i tentativi di invasione sono stati sempre respinti e così anche le ingerenze esterne: neppure gli inglesi, durante il loro lungo dominio coloniale nel subcontinente indiano, riuscirono a prenderne il controllo. Le tradizioni sono state amorevolmente preservate con uno spirito di illuminato isolamento, con una progressiva apertura della cultura bhutanese verso un mondo interconnesso, ma cercando di utilizzare ciò che di buono viene oggi offerto dalla tecnologia senza stravolgere i fondamenti, la vita e i costumi. Il risultato sembra essere molto positivo, come riscontrano tutti coloro che hanno avuto la fortuna di andarci: il mantenimento preciso dello stile di costruzione, dei costumi e del folclore, nel contesto di una natura di una purezza archetipa, regala esperienze indimenticabili. Il turismo per moltissimi anni è stato limitato per timore dell’impatto che avrebbe generato; oggi è in progressiva espansione ma non è di disturbo, non ha raggiunto livelli eccessivi.

INDICE:

  • Genti del Bhutan
  • Natura
  • Una cultura oltre il tempo
  • Shabdrung e dinastia reale
  • Buddismo butanese
  • Nuova costituzione e progetto di sviluppo economico

 

Genti del Bhutan 

Druk Yul è un piccolo paese Himalaiano, grande poco più della Svizzera, abitato da circa 750.000 persone che condividono la fede nel buddismo delle scuole tibetane Kagyupa e Nyingmapa. I gruppi etnici principali sono gli Sharchops, che sono gli abitanti originari di queste terre, predominanti nell’est del paese, i Ngalops, di origine tibetana, che sono il gruppo più consistente e gli immigrati di origine nepalese, chiamati collettivamente Lhotshampas. Vivono in Bhutan anche alcuni piccoli gruppi etnici minori, di cui i Layapas, nel nord ovest, sono i più noti. Vengono parlate diverse lingue e i dialetti sono molto vari ma in tutte le scuole viene insegnata la lingua ufficiale: lo Dzongkha, che è simile al tibetano ed è parlata dalla maggioranza della popolazione. Molti dei testi di studio utilizzati nelle scuole sono in lingua inglese – così moltissimi giovani bhutanesi ora lo parlano.

Natura

La natura del Bhutan è grandiosa: si passa dalla giungla della fascia meridionale alle altissime vette himalaiane, con una varietà ambientale straordinaria. Due terzi del territorio sono coperti da foreste e la parte restante è costituita da enormi massicci montani dominati da vasti ghiacciai sovrastati da vette elevatissime: la più alta (e mai scalata) è il Kulha Gangri (7554 mt), la più famosa è il Chomolhari (7314 mt), la montagna sacra a nord est di Paro. Le profonde valli sono solcate da poche strade; molte zone sono raggiungibili ancora oggi solo a piedi: è infatti in corso un progetto di sviluppo per collegare la maggior parte dei villaggi con almeno delle stradine sterrate entro il 2020. Sono stati istituiti molti parchi nazionali, ma le aree che non lo sono appaiono comunque pristine! La biodiversità è immensa: si trovano piante di ogni tipo, 457 specie di funghi e una molteplicità di specie animali: vivono qui tigri, elefanti, scimmie, diversi tipi di orsi tra cui una specie di Panda, il leopardo delle nevi, svariati tipi di erbivori, tra i quali il bizzarro Takin che è stato promosso animale simbolo del Bhutan, e quasi 700 tipi di volatili, di cui le gru dal collo nero sono i più noti.

Una cultura oltre il tempo

I monasteri fortezza, chiamati Dzong, sorgono in posizione dominante sulle valli himalaiane evidenziando anche con l’imponenza della struttura il loro storico ruolo difensivo. Queste affascinanti costruzioni non sono soltanto un simbolo del paese, sono tutt’oggi i centri religiosi ed amministrativi dove le persone entrano con rispettoso contegno indossando esclusivamente il proprio costume tradizionale. La vita scorre seguendo ritmi antichi in cui i momenti più importanti sono scanditi da cerimonie religiose e prestando attenzione ai consigli degli astrologi, i quali determinano il momento migliore per ogni passaggio importante della vita: si pensi che l’introduzione della nuova costituzione voluta dal IV re fu rimandata di un anno, perché più propizio. In tutto il paese non vi è un cartellone pubblicitario, buona parte della popolazione indossa l’abito tradizionale e anche l’architettura delle nuove costruzioni rispetta lo stile classico bhutanese. La coscienza ambientale è sorprendente e si riflette anche nella politica: per fare degli esempi, la caccia è vietata e l’energia idroelettrica, primaria fonte di reddito grazie all’esportazione in India, per non deturpare l’ambiente viene prodotta senza barriere ai fiumi tramite condotte deviate. Per comprendere lo spirito che pervade la gestione del paese, si può citare un altro esempio: nei pressi di Puntsholing era stata aperta una fabbrica per la produzione di compensati, ma si è deciso di chiuderla perché consumava troppo legno e l’esportazione di legname è stata vietata…  Lo slogan coniato nel 2007 per ispirare la gestione della cosa pubblica e per la valutazione del progetto di crescita in corso è lo sviluppo della “felicità nazionale”, non solo del “prodotto nazionale lordo”.

Shabdrung e dinastia reale 

Il miracolo della sopravvivenza di un mondo siffatto in questo nuovo millennio deriva dalla storia: il Bhutan ha resistito ai tentativi di dominio da parte indiana, inglese, nepalese e tibetana. La gente ha combattuto anche duramente per la propria libertà. I conflitti con i “cugini” tibetani sono stati spesso dovuti alle pretese dinastiche di questi ultimi o al loro desiderio di dominio temporale dei possedimenti monastici. Lo Shabdrung, il padre spirituale e politico del Bhutan, originario del monastero di Ralung in Tibet, ha istituito nel 1600 il peculiare sistema degli Dzong, che pone in una medesima struttura le autorità religiose e secolari. Il reggente, responsabile dell’amministrazione nel periodo che intercorreva tra le successive reincarnazioni riconosciute dello Shabdrung, è stato sostituito all’inizio del ‘900 dalla figura di un Re, in risposta anche alla necessità di confrontarsi con la pressione dell’impero coloniale britannico.
Jigme Singye, il quarto Re incoronato nel 1974, è stato un fortunato esempio di monarca generalmente amato da tutti, che ha sempre tenuto un rapporto diretto con la popolazione. Per capire meglio questo spirito, è interessante la storia di Namgay, una delle guide bhutanesi di Amitaba: quando morì suo padre aveva solo tre anni e la giovane madre si recò dal Re perché non riusciva ad onorare i debiti contratti dal marito che aveva iniziato poco prima un’attività. Il Re chiuse i debiti e regalò loro una casa e della terra. Da un punto di vista più macroscopico, ha attuato anche molte riforme importanti, ad esempio promulgando e sostenendo negli  anni ’80 una legge che ha limitato a 20 ettari le dimensioni della proprietà di terreni posseduti da una singola famiglia e distribuendo i terreni in eccesso ai contadini senza terra. Per gli amanti del pettegolezzo, il IV Re ha 4 mogli –  essendo così l’unico poligamo del Bhutan. Ma come mai…? Egli s’innamorò di una giovane donna di Nabgang, che aveva però tre sorelle, fu così consigliato che per non complicare i rapporti della famiglia reale la soluzione sarebbe state sposarle tutte! Si mormora che il fatto che fossero molto carine abbia contribuito, lui sicuramente è stato equanime perché hai poi avuto quattro figli da ciascuna, avendo però cura che il primo nato, l’erede, fosse della donna che lui originariamente scelse. Va aggiunta una cosa: nella cultura tibetana il matrimonio con tutti i fratelli di una famiglia e con tutte le sorelle è parte della cultura, con più casi però di poliandria che di poligamia, quindi in questi termini la sua posizione non è aliena pur avendo il Bhutan un sistema famigliare classico.
Nel 2006 il Re che era, ed è tutt’ora (2021), nel pieno vigore della vita (è nato nel 1955), ha ceduto il trono al figlio primogenito Jigme Khesar Namgyel Wangchuck che è così diventato il quinto Re della dinastia; e nel 2016 è nato il futuro erede al trono. Un dettaglio interessante: l’incoronazione del quinto re è avvenuta nel novembre del 2008, dopo che Jigme Khesar aveva già ricevuto lo scettro dal padre, perché questa data coincideva con il centenario della dinastia reale.

Buddismo bhutanese

Le figure di riferimento dei bhutanesi sono i grandi Lama reincarnati, i Tulku. I monaci ordinati in Bhutan sono circa 6000, ed esistono anche molte comunità di praticanti religiosi laici (i Gomchen), ispirati dagli insegnamenti della scuola Nyingmapa. L’autorità monastica ufficiale è il Je Khempo, che viene eletto dai monaci e la cui autorevolezza è equiparabile a quella del Re. La fede religiosa è manifestata da tutti e permea ogni cosa. La presenza di entità immateriali, di eventi che noi considereremmo straordinari, di rituali che evocano energie potentissime, qui sono realtà della vita quotidiana. I Lama Nyingmapa, lignaggio diretto di Guru Rimpoce e del grande Santo bhutanese Pema Lingpa, sono grandi adepti dei rituali di magia bianca. I Lama Kagyupa, lignaggio diretto di Tilopa, Naropa, Marpa e Milarepa, sono maestri del misticismo tantrico; per la formazione dei monaci di questa scuola è previsto un ritiro ascetico in solitudine che dura almeno tre anni. All’ingresso dei monasteri mandala raffinatissimi, introvabili sui libri, raffigurano l’antica saggezza che qui viene tramandata. Chi ha ascoltato i suoni e i canti delle cerimonie è stato spesso rapito dal loro potente effetto vibrazionale nel proprio corpo, oltre che dalla spinta inconscia che genera un trasporto spirituale trascendente.

La partecipazione ad un Cham è il modo più semplice per avere una presa di contatto con l’atmosfera religiosa del Bhutan, che è l’anima omnipervasiva della cultura e del vissuto della gente. Si consultino a questo proposito le pagine I Cham (“festival”) del Bhutan.

Nuova costituzione e progetto di sviluppo economico

Le linee-guida delle politiche sociali e di sviluppo economico del Bhutan sono state disegnate in modo preciso in un documento voluto dal IV Re e pubblicato nel 1999, denominato “Vision 2020”; nel loro insieme hanno costituito l’indirizzo delle strategie di governo fino ad oggi. I capisaldi sono stati  l’elettrificazione, la disponibilità di accesso stradale nelle zone remote e la diffusione sempre più capillare della scuola e dei servizi sanitari, nel contesto di un rafforzamento dei valori tradizionali della società bhutanese. I risultati non mancano; ad esempio, chi si avventura con il trekking in un’area remota come Lingshi, nella zona del Chomolhari, trova un dispensario medico.
Il progetto ha anche portato un certo ampliamento del flusso turistico; in questo ambito l’apertura di due piccoli aeroporti interni avvenuta a fine 2011, uno a Jakar nel Bhutan centrale e uno nei pressi di Trashigang nella parte più orientale, ha contribuito ad agevolare l’afflusso alle aree più remote, che fino ad ora erano state in gran parte escluse dai benefici del turismo.
Una grande sfida lanciata dal quarto Re del Bhutan è stata l’introduzione di una costituzione per la regolamentazione dell’ordinamento politico. Si è proceduto come segue: è stata nominata una commissione di 39 saggi che ha studiato gli ordinamenti costituzionali e politici di 52 paesi ed ha proceduto a selezionare quanto di più rilevante vi fosse per la realtà bhutanese. Dopo un approfondito vaglio è stato prescelto come corpo principale l’ordinamento svizzero, che è sembrato, con opportuni interventi ed adattamenti, il più confacente alla realtà del Bhutan. Dopo varie rielaborazioni nel marzo 2005 è stato distribuito in tutto il paese un libro con la bozza dell’ordinamento progettato e dall’autunno dello stesso anno sono iniziati incontri e discussioni a livello di villaggio che sono culminati nelle assemblee di ogni Dzongdha (distretto), con un processo pensato per raccogliere osservazioni, suggerimenti e consensi. Il lavoro è stato concluso nel 2008, quando la nuova costituzione è diventata legge. Una nota peculiare: l’introduzione del nuovo ordinamento non è stata eseguita nel 2007, quando era già tutto predisposto, perché gli astrologi hanno decretato che non era un anno propizio – … viva il Bhutan!!
Lo schema principale del nuovo ordinamento è la monarchia  costituzionale con l’elezione di un parlamento di 75 membri e di una camera più ristretta di 25 membri, dei quali 5 nominati dal re. Il re mantiene la facoltà di nominare 5 figure incaricate di vigilare sulla corretta applicazione delle leggi e sul corretto uso dei fondi statali.
Nel 2006 il re ha abdicato a favore del figlio primogenito; ma il vecchio monarca del Bhutan, che al momento del passaggio dinastico non aveva ancora sessant’anni ed era in perfetta forma, una figura carismatica e amata da quasi tutti i cittadini, resta ancora oggi una persona di riferimento del paese e sta assumendo sempre più il ruolo di una guida quasi mistica di Druk Yul.

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