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Pakistan


Pakistan: Karakorum, Himalaia e Hindu Kush

Kalash, festival di inizio estate – Etnie di montagna, natura e antiche culture


Budda di Manthal, Skardu

Valle verso Passu

Donna Hunza

Takh Bahi

Bimbe Kalash

PARTENZA
5/5/2022
RITORNO
19/5/2022
PRE-ESTENSIONE
ESTENSIONE
2a ESTENSIONE
DURATA
15 giorni
PARTECIPANTI
GUIDA

 Sintesi del viaggio


Il viaggio porta a conoscere le regioni settentrionali del Pakistan, dove si ergono le colossali montagne che formano le catene di Karakorum, Hindu Kush ed il lembo occidentale dell’Himalaia. Ci si immerge nella bellezza selvaggia di una natura onnipotente, con scenari unici al mondo, e qui si scoprono le diverse popolazioni che impreziosiscono questo caleidoscopio naturale con un altrettanto avvincente scenario umano: s’incontrano gli amabili balti, i sorridenti hunza, i fieri pashtun e gli indomabili kalash, la preziosa etnia con cui si condivide la grande festa d’inizio estate, la celebrazione del Chilam Joshi. Completa questo ricchissimo tour la scoperta dei siti archeologici che rivelano la grazia dell’antica cultura gandhara, da Takh-i-Bahi a Taxila ed altri ancora.

  • Islamabad
  • Skardu
  • Khaplu
  • Gilgit
  • Karimabad (Hunza)
  • Gulmit
  • Passu
  • Raikot Bridge
  • Fairy Meadows
  • Besham
  • Mingora (Swat)
  • Ayun
  • Bumburet (Kalash)
  • Rumbur
  • Dir
  • Takht Bhai
  • Peshawar
  • Taxila
  • Islamabad

 Presentazione del viaggio


Dopo la visita della capitale Islamabad si parte con uno spettacolare volo per il nord est del Paese arrivando a Skardu, cittadina adagiata sulle rive dell’Indo e centro principale dei balti, la cordiale popolazione che proviene dal Tibet, un luogo che è il punto di partenza delle grandi spedizioni alpinistiche che si recano nel Karakorum e verso il K2. Qui si esplorano i dintorni e le valli che portano verso est fino al Ladakh, arrivando al forte di Khaplu lungo le rive dello Skyok, che fluisce dalla valle di Nubra. Dopo questo entusiasmante inizio si lascia la regione dei balti seguendo il grande Indo verso ovest; raggiunta la confluenza col Gilgit, ai piedi del maestoso Nanga Parbat, si giunge all’omonima cittadina, centro principale di questa parte dei monti pakistani, seguendo ora la mitica Karakoram Highway, e si continua per la regione più settentrionale, dove risiedono gli hunza. Ci si ferma a Baltit (Karimabad), che fu la sede del Mir e capitale del loro regno fino al 1974, dove si visitano i castelli ed un villaggio tradizionale, nel contesto di una valle famosa per i suoi settemila, tra cui si ammira l’imponente Rakaposhi (7788 mt), che nella lingua locale significa muro splendente. In questi territori sui ripidi monti si osservano le tracce dell’antico percorso della Via della Seta e arditi canali di irrigazione che passano altissimi e in alcuni punti attraversano strette gole con piccole condotte, che tradizionalmente erano fatte col legno: gli hunza sono celebri per essere riusciti ad irrigare luoghi dove nessun’altro ne sarebbe stato capace! Si visita il loro territorio verso nord arrivando fino a Passu, non lontani ormai dal confine col Sinkiang cinese, potendo così ammirare laghi morenici e ghiacciai che fluiscono fino alla base dei monti, tra valli estremamente spettacolari dove è predominante la tradizione musulmana ismailita, che è parte della famiglia degli sciiti, e propone un approccio aperto e tollerante prediligendo l’educazione anche delle donne.

Da Passu si torna a Gilgit con il suo interessante bazar e ci si porta alle falde del Nanga Parbat, arrivando con un breve trekking al cospetto dell’immensa montagna, tra la magia dei prati e foreste di Fairy Meadows (3306 mt), che creano un mondo a parte, quasi elfico, sopra le aridissime valli dove scorre impetuoso il fiume Indo. Si prosegue lungo la Karakoram Highway, lasciandola per arrivare poi nella valle dello Swat, dove nei pressi di Mingora si trovano importanti resti della cultura buddista che animava queste regioni nei tempi antichi, che ci ha tramandato la raffinatezza dell’arte gandhara. Da qui la meta è ora il cuore dell’Hindu Kush, dove si trovano le remote valli popolate dai tenaci Kalash, un popolo che oggi è formato da poche migliaia di persone che preservano un patrimonio etnico e culturale unico, con tratti somatici caucasici ed una propria lingua e religione. Qui si assiste alla festività di inizio estate, il Chilam Joshi, famoso per i balli con i costumi tradizionali, che in realtà le donne usano tutti i giorni, e per l’assunzione a fini rituali di vino da loro prodotto.

Da questi sperduti luoghi a ridosso dell’Afganistan inizia il percorso di rientro; si sosta a Dir e, oltre, si visita Takh-i-Bahi, antico complesso buddista ora parte del patrimonio UNESCO, che offre i resti archeologici gandhara meglio preservati, e si raggiunge l’antica capitale del regno Kushan, Peshawar, la più grande città dell’etnia pashtun. Proseguendo per Islamabad, con un magnifico ultimo tuffo nel nobile passato, si visitano le rovine di Taxila, che fu il centro principale dell’epoca gandhara e, dopo un’ultima serata pakistana, si rientra.
Si completa così un entusiasmante circuito che propone quanto di meglio il Pakistan settentrionale possa offrire ad un attento visitatore.

IL PAKISTAN

GEOGRAFIA E GENTE – La Repubblica Islamica del Pakistan, posizionata tra Iran, Afganistan, Sinkiang a dominio cinese ed India è grande quasi tre volte l’Italia con una popolazione per il 96% musulmana di circa 230 milioni di persone, in gran parte concentrate nelle regioni di pianura che si affacciano al fiume Indo partendo dalla capitale Islamabad, ai bordi delle montagne, a Karachi, sulle sponde del Mar Arabico. Il vasto deserto del Balochistan, che occupa la parte più occidentale a sud dell’Afganistan, è poco abitato e la regione montuosa del nord, dove si svolge il viaggio, ha una pressione abitativa contenuta. Il nord del Paese è un territorio affascinante, un succedersi senza fine di montagne, fiumi e vallate ornato da paesaggi grandiosi. Si trovano qui ben 5 dei 14 “8000”, oltre ad un incredibile numero di monti sopra i 7000 metri, di cui parecchi ancora inviolati, e la regione è la meta di un gran numero di spedizioni alpinistiche: dal Tirich Mir (7708 mt), punto più alto dell’Hindu Kush, al K2 (8611 mt), punto più alto del Karakorum, al Nanga Parbat (8126 mt), bastione occidentale dell’Himalaia. Tra queste colossali catene risiedono diverse popolazioni con caratteristiche distinte. Tra queste troviamo ad est i Baltì, giunti qui dal Tibet che oggi sono in maggioranza sciiti. A nord di Gilgit gli Hunza, un popolo che formava un proprio regno fino al 1974 con una lingua non associabile ad altre, un fatto che rende un poco misteriosa la loro provenienza; e, oltre Karimabad, che è il centro principale degli Hunza, e fino al Sinkiang, i Wakhi di origine pamira, che, come gli hunza, sono in maggioranza ismailiti. È interessante sapere che gli hunza hanno affascinato l’Occidente perché da alcuni autori vennero associati al mitico regno di Shangri-La, un magico luogo dove la leggenda vuole che non si invecchi – tanto che le loro albicocche recentemente venivano esportate come elisir di lunga vita!
Fuori da queste aree, con le importanti eccezioni dei distretti del Kohistan, dove predominano i dialetti hindko, e di Chilas, dove predomina la lingua shina, entrami idiomi di origine indo-ariana, e della regione dell’Hindu Kush abitata dai Chitralis, dove si parla khovar, anche quest’ultima del ceppo indo-ariano, la maggior parte delle altre regioni settentrionali è abitata da diversi gruppi Pashtun. Questa importante etnia, che nel suo grande insieme costituisce circa il 15% della popolazione del Pakistan, ed è composta da diverse tribù e clan che originano dalla Persia, come si evince anche dalla loro lingua, che è molto vicina al persiano. A ridosso del confine afgano ad ovest, tra i monti dell’Hindu Kush, completa questo variegato insieme etnico il piccolo, interessantissimo gruppo dei Kalash, di cui si accenna più avanti, nel paragrafo a loro dedicato.

ORIGINE E STORIA – Il Paese ha origine dalla partizione dell’India che seguì la disgregazione dell’impero coloniale britannico, e il Pakistan ha tutt’ora una posizione molto conflittuale con l’India per via dei disputati confini nordorientali. Copre un territorio dove le vicende storiche originano in tempi antichissimi con la Civiltà dell’Indo, che ebbe inizio circa 2800 anni a.C., e di cui si trovano i resti più importanti ad Harappa e Mohenjo-Daro, dove la cultura indo-ariana diede origine a forme di scrittura tra le più antiche conosciute e sviluppò i profondi contenuti religiosi e filosofici vedici, uno dei pilastri principali della moderna civiltà dell’Uomo. Seguì il grandioso periodo della civiltà di gandhara, che ci ha lasciato un’importante eredità con le sue raffigurazioni artistiche nate dalla fusione di stili ellenistici e persiani, che ebbe il suo centro principale a Taxila, le cui fertili terre furono poi parte di diversi imperi, dagli Acheminidi persiani alla conquista di Alessandro Magno ed al grande impero dei Maurya, che si estese fin qui dalle pianure gangetiche dell’India. Nel 711 d.C. iniziò la conquista islamica che indusse l’avvento di diversi regni che si contesero la regione, con il periodo forse più significativo legato alle dinastie imperiali islamiche Mughal, che avevano il proprio epicentro nell’attuale India. Con l’affievolirsi dei Mughal, fino all’avvento dei tempi coloniali nel XIX secolo, vi furono diversi passaggi, incluso un dominio Sikh di parte dei territori. Tra il 1800 e gli inizi del 1900 la regione fu poi uno dei teatri del “Grande Gioco”, quando Russia ed Inghilterra combatterono una feroce guerra, senza mai sparar colpo ma condotta tramite diplomazie e servizi segreti, per ottenere il predominio di diversi territori tra il Medio Oriente, l’Asia Centrale ed il Subcontinente Indiano.

L’ETNIA KALASH

L’etnia Kalash oggi è formata da circa 5000 persone che vivono nelle vallate di Bumburet, Rumbur e Birir, tra le montagne dell’Hindu Kush della regione del Chitral, nel nord ovest del Pakistan a ridosso del confine afgano. Grazie al loro isolamento ed alla loro determinazione sono riusciti a mantenere la propria identità nel corso dei secoli, nonostante le continue invasioni (perfino gli eserciti di Tamerlano arrivarono qui!); ma dovettero indietreggiare e ripiegare verso queste remote valli, dove li si trova ancora oggi. Conservano caratteristiche fisiche, linguistiche e culturali che li distinguono nettamente dalle popolazioni circostanti. Sulla loro origine si sono dette diverse cose; fino a tempi recenti un’accreditata teoria asseriva che fossero i discendenti dei macedoni. Infatti sembra che nel IV secolo a.C. Alessandro Magno avesse lasciato alcune legioni di guardia tra queste valli, i cui soldati poi vi rimasero mescolandosi con la popolazione locale, dando così vita a questa nuova etnia. Recenti studi hanno però verificato che il DNA dei kalash è simile a quello di alcune popolazioni dell’Asia centro meridionale, quindi non associato ai macedoni. In aggiunta, c’è da osservare che il kalashamun, la loro lingua, non ha questa attinenza, e, pur appartenente al ceppo indoiranico, non ha alcuna facile associazione. In sintesi, nessuno sa bene da dove provengano!

I Kalash hanno resistito alle fortissime pressioni islamiche; essi venivano, e forse ancora oggi un poco lo sono, giudicati con disprezzo; la loro regione è chiamata Kafiristan, che vuol dire “Terra degli infedeli”: “kafir” infatti significa una persona che non accetta un principio e quindi non accetta l’Islam come sua fede. Nel corso dei secoli sono stati attaccati molte volte dai musulmani; in particolare alla fine del XIX secolo diverse valli da loro abitate in Afganistan subirono la conversione forzata e il territorio venne rinominato ‘Nuristan’, o ‘terra della luce’, per distinguerlo dal precedente, ‘terra degli infedeli’.

I Kalash professano un credo sciamanico e politeista, mantenendo vivo il culto di spiriti protettori delle vette, della natura e del fuoco. Immaginano che il mondo sia sotto la protezione degli spiriti degli antenati che vegliano su di loro. Credono che alberi, pietre e fiumi abbiano un’anima, e venerano una sorta di dio creatore, Desau, che è concepito circondato da altre figure, che sono i suoi messaggeri. Una particolarità è che viene coltivata l’uva e prodotto il vino, che viene solitamente usato per motivi rituali e non bevuto quotidianamente; è usuale bere in particolare nel solstizio invernale, per cercare un maggior contatto col divino. Tradizionalmente i defunti venivano deposti in bare sopra terra, nelle apposite aree cimiteriali vicine agli ingressi dei villaggi, e sembra che questa prassi avesse una funzione di protezione contro le influenze negative.

Da un punto di vista sociale i Kalash hanno avuto tradizionalmente un approccio comunitario e per gli scambi l’uso era il baratto. Chi aveva prodotto in eccedenza metteva a disposizione della comunità quello che era in più del necessario ed erano gli anziani a decidere come distribuirlo, non vi era un accumulo di benessere personale; in cambio il donatore aveva una posizione di rispetto ed era ben apprezzato dalla comunità. Le donne sono persone libere e non si utilizza il chador.

NOTA TECNICA

SISTEMAZIONI – Il Pakistan richiede un certo grado di adattabilità: tutto perfetto per un viaggiatore, ma potenzialmente difficile per un “turista”. Fuori dalle città le sistemazioni sono semplici e non paragonabili allo standard occidentale, inoltre al festival dei Kalash ci saranno anche diversi turisti locali con uno spazio ricettivo molto limitato, ma ci si adopererà nel miglior modo possibile per rendere il soggiorno il più confortevole possibile. A Fairy Meadows si alloggia per una notte in una capanna in legno, ma dotata di bagno proprio e riscaldata. Alcune sistemazioni difettano di manutenzione ordinaria (idraulica ed elettrica) ma l’accompagnatore e la guida locale cercheranno di risolvere qualsiasi tipo di disagio possa accadere.
PASTI – I pasti sono tutti inclusi e si cerca di offrire una cucina più varia possibile, diversa in base alle varie zone del paese. Vengono proposti pollo, spiedini di carne, riso, verdure, frutta secca, con molti piatti che si trovano anche nella cucina indiana, come il dhal e i pakora. Il tutto sempre accompagnati da yogurt, pane tipo chapati, a volte croccante altre volte più morbido, e viene servito il tipico chai o tè caldo. Vi è così un’ampia scelta valida anche per i vegetariani.
ITINERARIO – Alcuni tratti del percorso sono lunghi, resi necessari per poter esplorare al meglio la parte settentrionale del Paese, tenendo conto dei possibili punti di tappa. Le strade tra i monti, esclusa la Karakorum Highway che attraversa le montagne dalle pianure fino al confine con la Cina, sono spesso mal tenute, abbassando così la velocità media degli spostamenti. I tempi di percorrenza indicati sono stati da noi precedentemente testati e tengono in considerazioni anche le diverse soste. A Fairy Meadows e dai Kalash, dove il pulmino non arriva, si utilizzano le jeep, ed a Mingora e Peshawar si utilizzano i tuk tuk, per muoversi più agilmente tra le viuzze.
CLIMA E ATTREZZATURA – Il clima è vario, dal caldo di Islamabad e di Peshawar alle notti più fresche in montagna e nelle valli di Skardu, Hunza e dei Kalash. Si consiglia quindi una giacca un po’ pesante per la sera, mentre di giorno una maglietta va bene. Anche se non si viaggia nella stagione delle piogge è utile una giacca antivento impermeabile e per le donne un velo per coprire la testa dove richiesto. Servono scarponcini tipo trekking, anche se leggeri, per le passeggiate previste. Si tenga anche conto che quando si sale a Fairy Meadows serve portare con sé il necessario per la notte, con un percorso in salita di circa due ore – nel caso è possibile avere un aiuto dalle persone del luogo per una cifra modesta; va ricordato che serve uno zaino adatto e che il grosso del bagaglio si può lasciare nel pulmino alla base della salita.
WIFI, SIM, ELETTRICITA’ – Il wifi sarà disponibile quasi ovunque ma a volte con segnale molto debole. Si consiglia quindi per precauzione di prendere una SIM locale; il nostro corrispondente potrà essere di aiuto per questo. Le prese di corrente sono bipolari, come quelle che si trovano in Italia.
CAMBIO – È possibile farlo in aeroporto e nelle maggiori città, e la guida locale si adopererà ove necessario per trovare soluzioni di cambio in ogni luogo. Si segnala che le carte di credito sono diffuse solamente nelle grandi città e si consiglia quindi di portare denaro contante.
ACQUISTI – Ci si potrà sbizzarrire negli acquisti nei bazar che si incontrano sul percorso: dai vestiti pashtun con relativo cappello pakol per gli uomini, ai colorati sari o shalwar, pashmine e foulard in seta per le donne (si potrebbero anche comprare dei burqa!). Si trovano anche ottima bigiotteria (orecchini, collane, bracciali), gemme e tappeti. Sicuramente è facile individuare qualcosa di interessante da portare a casa.
INGRESSO NEL PAESE – Al momento della redazione del viaggio non è obbligatoria alcuna vaccinazione. Serve un passaporto con sei mesi di validità minima dal momento dell’arrivo e Amitaba si occupa delle pratiche per ottenere il visto.
PERICOLOSITA’ – Se ci si chiede se in queste regioni ci siano dei pericoli la risposta è semplice: no. Si resterà positivamente colpiti dall’amichevolezza e ottima disponibilità delle persone. La parte più temuta da molti è la zona dei Kalash che è a ridosso dell’Afghanistan; si tenga presente che il confine è molto controllato e l’operatore locale potrebbe decidere, anche se non è mai successo, di fornire una piccola scorta armata, più per prevenzione che per reale pericolo.

 Programma del viaggio


1°g. Giovedì 5 maggio, partenza per Islamabad
Il volo suggerito in andata è quello della Turkish Airlines che parte da Milano Malpensa alle 14.10 con arrivo a Istanbul alle 19.00; o da Roma Fiumicino alle 14.30 con arrivo alle 19.05. Da Istanbul si prosegue per Islamabad alle 21.25. (orari da confermare)

2°g. 6/5 Islamabad
Si atterra ad Islamabad alle 4.55, dove è in attesa dei partecipanti la guida locale, e ci si trasferisce presso l’Islamabad Hotel (4* – islamabadhotel.com.pk/index.html) o similare. Nel pomeriggio si visita la città iniziando dal Lok Virsa (il Museo Nazionale di Etnologia) e proseguendo con il grande monumento pakistano a forma di fiore di loto; di fronte al monumento si trova il Museo Nazionale che ritrae la storia del Paese. Ci si reca poi a vedere la Moschea Shah Faisal, una delle più grandi al mondo, che presenta un’architettura unica e moderna, e si prosegue per le colline di Margalla, un punto panoramico per ammirare la città dall’alto. Se c’è tempo si può visitare anche il bazar di Rawalpindi, in caso contrario lo si potrà visitare prima della partenza.

3°g. 7/5 Islamabad – Skardu – Khaplu – Skardu
Si lascia presto l’hotel per andare in aeroporto e prendere il volo per Skardu, partenza ore 8.00 da Islamabad con arrivo alle 8.50 (orari da confermare). È un volo molto spettacolare sopra le vette dell’Himalaia e del Karakorum e, con un po’ di fortuna, si avrà la possibilità di ammirare la vetta del Nanga Parbat (8126 mt), una delle montagne più alte del mondo. Skardu è uno dei centri più importanti della regione del Baltistan, situato in un’ampia valle dove il fiume Shigar confluisce nel maestoso Indo, storico punto di partenza delle spedizioni alpinistiche che da qui si recano nell’alto Karakorum, dove troneggia il K2 circondato da una foresta di colossi glaciali. All’arrivo si lasciano i bagagli in albergo, il Mashabrum Hotel (mashabrumclub.pk) o similare, e ci si dirige in pulmino verso la valle di Khaplu, 97 km verso est, il punto più orientale dell’itinerario. È un percorso molto bello, si seguono le anse dell’Indo fino alla confluenza con lo Shyok e da qui si segue questo fiume, che fluisce dalla valle di Nubra in Ladakh, sempre tra monti di inimmaginabile bellezza. Giunti al villaggio di Khaplu, con splendidi scenari sui monti ed il poderoso fiume, si visitano la moschea ed il forte del XVI secolo, dalla particolare architettura tibetana – qui si è infatti molto vicini al Ladakh. Si pranza su una terrazza con una magnifica vista sul forte e si rientra poi verso Skardu, dove poco prima di giungere nella cittadina ci si ferma per una visita ad un sito buddista, la Roccia di Manthal con alcuni Budda scolpiti, a cui è associata una leggenda locale. Infatti secondo la tradizione le figure furono scolpite durante il regno di Raja Lontchay, quando le persone erano solite accendere un lumino la sera dopo la nascita di un bambino, e la nicchia scavata sulla sommità della roccia fa pensare a questo utilizzo; secondo la leggenda, se si riesce lanciare un sasso e farlo rimanere nel buco si avrà un figlio maschio, se passa dall’altra parte femmina, se non passa non si avranno figli. Se rimane del tempo, si visita anche il forte di Kharpocho. Il percorso complessivo è di circa 226 km, circa 6 ore di viaggio.

4°g. 8/5 Skardu – Gilgit – Karimabad (Hunza)
Si parte per Gilgit, procedendo in direzione nord ovest seguendo il corso del fiume Indo attraverso splendide montagne; alla confluenza col fiume Gilgit (162 km) si interseca la Karakorum Highway, la mitica strada che collega il Pakistan con il Sinkiang cinese, e da qui la si segue verso nord arrivando a Gilgit per il pranzo. Si prosegue lungo la Karakorum Highway per la valle degli Hunza: sembra che lo scrittore statunitense James Hilton si sia ispirato a questa valle per il suo romanzo “Orizzonte perduto”. In questo tratto la strada contorna le falde del Rakaposhi, che svetta nel cielo a 7788 mt, con diversi punti panoramici particolarmente impressionanti: Gilgit è a circa 1500 mt e Hunza a 2500, si ha così la visuale di una progressione verticale fuori dal comune. Lungo il tragitto si nota in più punti la traccia dell’antica strada, originariamente adatta al transito degli animali da carico e ampliata in diversi punti a fine degli anni ’50 per poter passare con le jeep, che fu uno dei percorsi dell’antica “Via della Seta”, un termine questo coniato dal geografo tedesco Ferdinand von Richthofen nel 1877 per indicare i collegamenti composti dal reticolo di strade che per centinaia di anni unì i commercianti (ma non solo) tra Occidente ed Oriente. A seguito della costruzione negli anni ’70 della Karakoram Highway questo percorso tradizionale entrò in disuso ma, grazie ad un’iniziativa dell’Aga Khan Cultural Service finanziata dai norvegesi, alcune parti sono state restaurate. Infatti in questa regione vi sono moltissimi aderenti alla corrente ismailita sciita che fa capo a questo prestigioso personaggio, ed a volte, sui versanti dei monti, si vedono grandissime scritte create con i sassi chiari che inneggiano a lui ed alle sue visite qui. Arrivati a Karimabad, capoluogo della valle di Hunza, si alloggia presso l’Hunza Darbar Hotel o similare, godendo di una magnifica vista sulla valle. La tappa è di circa 300 km, circa 8 ore di viaggio.

5°g. 9/5 Karimabad – Gulmit – Passu
Prima di colazione ci si sposta in auto per vedere l’alba dal punto panoramico di Duiker, a pochi chilometri dall’hotel, dove si gode di una magnifica vista della valle e delle cime del Rakaposhi (7788 mt), del Diran (7266 mt) e di molte altre vette. Si rientra in hotel per un’abbondante colazione e si iniziano le visite nella valle, cominciando dal forte di Baltit, dal tipico stile tibetano, raggiungibile a piedi dall’hotel attraverso una via pieni di negozietti locali, e proseguendo poi in auto per il forte di Altit, edificato circa 900 anni fa, ai cui piedi sorge il villaggio tradizionale di Ganish, dove ci si addentra tra le piccole stradine per scoprire la vita locale. Nei pressi vi è anche un’ampia vasca dove nei tempi storici i bambini imparavano a nuotare, perché una delle prove di maturità a loro richieste era di attraversare a nuoto il ruggente fiume della valle! Completate le visite si prosegue sempre lungo la Karakoram Highway transitando da Gulmit, un villaggio di montagna nell’alta valle di Hunza; in quest’area si ammirano il grande ponte sospeso di Hussani ed il lago di Borith. Si lasciano le auto nei pressi del lago per fare una semplice ma suggestiva camminata di circa 1 ora che porta di fronte al ghiacciaio di Passu. Si alloggia nel villaggio in un hotel di pietra circondati da imponenti montagne, il Silk Route Sarai Hotel o similare. La tappa è di circa 166 km, circa 6 ore di viaggio.

6°g. 10/5 Passu – Gilgit – Raikot Bridge
Ci si reca poco oltre Passu alla magnifica valle del ghiacciaio di Batura, che si apre verso ovest e culmina nell’ardita ed altissima vetta (7762 mt) dell’omonima montagna. Questo è il punto più settentrionale dell’itinerario; il confine con il Sinkiang occupato dalla Cina dista circa 120 km: da qui la strada arriva al passo del Khunjerab da dove si scende verso Kashgar. Dal Batura ora si ridiscende la strada già percorsa fino a Gilgit, potendo godere ancora una volta degli scenari della regione, giungendovi per il pranzo; qui si visita il Budda di Kargah e si passeggia nel vecchio bazar, dove tra le tante cose è possibile acquistare l’abbagliamenti tipico (compreso di cappello) della regione. Si prosegue, sempre verso sud, superando la confluenza tra i fiumi Gilgìt e Indo, dove si era passati due giorni addietro, arrivando al ponte di Raikot (78 km da Gilgit). La confluenza dei due grandi fiumi è un luogo geograficamente molto significativo, oltre che estremamente bello: qui si affacciano le 3 catene montuose più alte del mondo, il Karakoram, l’Himalaia e l’Hindu Kush e dalla confluenza spesso si ha la visione della vetta del Nanga Parbat, una panoramica che presenta un’escursione verticale di quasi 7000 metri, tra le più accentuale del pianeta Terra! Ci si accomoda al Raikot Bridge Sarai Hotel o similare; la tappa è di circa 210 km, circa 5 ore di viaggio.

7°g. 11/5 Raikot Bridge – Fairy Meadows (3306 mt)
Si lascia il bagaglio a Raikot portando con sé solo quanto potrà essere necessario per la notte, tenendo presente che per arrivare al punto di sosta oggi si fa un percorso a piedi in salita di circa due ore. (Chi non fosse in grado o non volesse portare da solo le proprie cose, con una piccola spesa si può avere un aiuto da parte delle persone del luogo). Si parte in jeep inerpicandosi sui versanti desertici del fiume Indo, fino a raggiungere l’imbocco della valle che porta dritta alla base del Nanga Parbat, dove, grazie all’apporto delle nevi, mentre si sale di quota ci si trova gradatamente in un ambiente arboreo, con erba ed alberi che ornano il magnifico paesaggio. Si lasciano le jeep nei pressi del villaggio di Tato, dove si arriva in circa 2 ore, per iniziare la camminata che con altre 2 ora circa porta a Fairy Meadows, i magnifici prati di bellezza elfica (il nome “Fairy”, elfo in italiano, è ben calzante qui!) con vista sul Nanga Parbat. Arrivati ai piccoli cottage di legno dove si trascorre la notte, al Greenland Huts o al Raikot Sari (entrambi con bagni in camera) chi lo desidera potrà rilassarsi e godere da qui della magnifica vista. Chi si sente più in forma o più curioso potrà esplorare questa grande area immersa nel verde delle foreste e della natura, e percorrere per un tratto il sentiero che serpeggia verso il Campo Base del Nanga Parbat.

8°g. 12/5 Fairy Medows – Raikot Bridge – Besham
Si torna a piedi al villaggio di Tato dove si ritrovano le jeep per tornare al ponte di Raikot; qui è in attesa il pulmino, lo si riprende e si prosegue il viaggio lungo la Karakoram Highway. Oggi si segue il corso del fiume Indo fino alla lontana Besham, 273 km da Raikot, circa 9 ore di guida; la tappa è tra le più lunghe del viaggio, un tragitto necessario per spostarsi verso la valle dello Swat, che fortunatamente si dipana tra bellissimi scenari. Si sosta a Chilas (dopo 57 km) per visitare i graffiti rupestri buddisti e quindi si prosegue per Besham, dove si alloggia presso il Besham Continental Hotel o similare.

9°g. 13/5 Besham – Mingora (Swat)
Si lasciano il fiume Indo e la Karakoram Highway immergendosi tra i monti in direzione ovest ed arrivando nella valle dello Swat, dove si segue il flusso dell’omonimo fiume fino a Mingora, il centro più importante della valle con oltre 300.000 abitanti, adagiato sulle sponde del fiume Swat a 984 metri di quota. Si alloggia presso il Pameer Hotel (pameerhotel.com) o similare; la tappa è di 92 km, circa 3 o 4 ore di viaggio. Prima di entrare in città si sosta al Budda di Jahan Abad, una scultura rupestre che fu scolpita circa 1500 anni fa e nel 2007 venne gravemente danneggiata dagli estremisti musulmani, ma successivamente in parte restaurata da un esperto italiano, l’archeologo Luca Olivieri. Arrivati a destinazione si lasciano i bagagli in hotel e si inizia la visita della città a bordo di simpatici tuk tuk molto utili, oltre che tipici e divertenti, per destreggiarsi meglio in mezzo al traffico cittadino. Si inizia con la visita dello straordinario Museo dello Swat, ricolmo di oggetti d’epoca gandhara, l’antico regno che dominò questa regione fino al 500 d.C., reso celebre per la qualità delle sue opere d’arte, che offrono uno stile con richiami ellenistici che influenzò gran parte dell’Asia. Qui si ammirano rappresentazioni delle fasi della vita del Budda e vi è conservata una pietra in cui sono impresse le orme dell’Illuminato. Si prosegue visitando gli antichi siti buddisti di Butkara 1, che risale al III secol a.C., con al centro un grande Stupa a pianta circolare, e Butkara 3, circoscritto e suggestivo, proseguendo poi per lo Stupa di Saidu Sharif, dove, oltre ai resti di uno Stupa, vi sono le rovine di un monastero. Si rientra quindi nel centro cittadino per concludere la giornata passeggiando nel bazar.

10°g. 14/5 Mingora – Ayun – Bumburet (Kalash)
Si segue il flusso del fiume Swat e dopo pochi chilometri si sosta al Budda di Ghaligai, una rappresentazione in forma seduta purtroppo parzialmente distrutta dai talebani; nei pressi si ammira il grande Stupa circolare di Shingardar, edificato da un re dello Swat per contenere alcune reliquie del Budda. La strada da qui continua lungo lo Swat fino a Chakdara (40 km) da dove si prosegue per un tratto sempre verso ovest, per poi puntare verso nord transitando da Dir (altri 109 km) ed arrivando nella regione del Chitral ad Ayun, una tappa di 230 km che richiede fino ad 8 ore di viaggio e porta nel cuore dell’Hindu Kush, a ridosso del confine afgano. Qui si lascia il pulmino per prendere le jeep con cui si raggiunge la valle di Bumburet (circa 20 km), una delle 3 valli dei kalash, dove per accedere è necessario ottenere dei permessi di accesso (vi provvede la nostra organizzazione). Si alloggia presso il PTDC hotel, l’albergo turistico del governo pakistano dove si sosta per due notti, potendo così assistere a due giornate del festival dei kalash, la prima nella valle di Rumbur e la seconda nella valle di Bumburet.

11°g. 15/5 Bumburet e Festival di Rumbur
Oggi è la grande giornata di chiusura del festival nella valle di Rumbur, ubicata a nord di Bumburet, dove si arriva con la jeep in meno di un’ora; si parte presto per dedicarsi appieno alla grande festa. Il festival è il momento di ritrovo di tutti i kalash, si assiste a danze, canti e musiche immersi tra la gente, con le donne kalash, sempre sorridenti, che indossano i loro neri abiti tradizionali ornati da accessori dai mille colori. Gli uomini vestono invece alla maniera degli altri pakistani ed insieme agli anziani tramandano oralmente storie e tradizione delle loro genti. Si rientra nel tardo pomeriggio nella valle di Bumburet, dove si visita il Museo dei Kalash, interessante per conoscere più a fondo la loro storia e tradizioni.

12°g. 16/5 Festival di Bumburet – Ayun – Dir
Ci si alza presto per assistere al primo giorno del festival nella valle di Bumburet. Qui, come nel giorno precedente, si partecipa al festival tra danze, canti e musiche locali entrando in stretto contatto con la popolazione del villaggio, che spesso è disponibile ad aprire le porte delle proprie case ai visitatori. Dopo pranzo si torna nella valle di Ayun, dove è in attesa il pulmino con cui si inizia il percorso di rientro. Oggi si raggiunge Dir che dista da Ayun 80 km, utile punto per spezzare il tragitto verso Peshawar; si alloggia presso lo Shelton Rezidor Hotel o similare.

13°g. 17/5 Dir – Takh-i-Bahi – Peshawar
Da Dir si prosegue lungo la strada già utilizzata arrivando dallo Swat fino a Chakdara (109 km); da qui ci si dirige, sempre verso sud, al sito UNESCO di Takh-i-Bahi, nei pressi della città di Mardan. Le rovine di questo monastero buddista sono tra le meglio preservate tra i resti archeologici di epoca gandhara: il pittoresco ed impressionante complesso fu in utilizzo dal primo secolo a.C. fino al VII d.C. e vi furono trovate anche diverse raffinate sculture, che sono esposte nei musei del mondo. Si prosegue il viaggio per Peshawar, dove si alloggia presso l’Empire Hotel o similare; la tappa è di 265 km, circa 6 o 7 ore. Si completa la giornata passeggiando nel grande e pittoresco bazar cittadino, situato nei pressi dell’hotel.

14°g. 18/5 Peshawar – Taxila – Islamabad
Si parte dall’hotel utilizzando dei tuk tuk per una visita della città. Si inizia con la visita del Museo Cittadino, anche questo ricco di reperti d’arte gandhara, si prosegue  per la moschea di Muhabat Khan Bala, dove è permesso entrare anche agli occidentali, e si ammira dall’esterno l’imponente forte di Bala Hisar, dove non è consentito l’accesso in quanto sede delle forze armate. Si lascia Peshawar in direzione di Islamabad; prima di arrivare nella capitale del Paese si sosta a Taxila, dove si trova una profusione di resti archeologici che spaziano un periodo storico di oltre un millennio, dal 600 a.C. al V secolo d.C. Si visitano gli Stupa e monasteri di Dharmarajika e Jaulian, e la cittadella di Sirkap, tutti parte del patrimonio UNESCO. Si prosegue quindi per Islamabad, dove si alloggia presso lo stesso hotel dell’arrivo, Islamabad Hotel o similare. Per chi è interessato, nei pressi dell’hotel si trova un quartiere con diversi ristoranti ed un centro commerciale locale per gli ultimi acquisti, in particolare culinari, perché vi si trovano vari tipi di spezie. La tappa di oggi è di 190 km, circa 3 o 4 ore.

15°g. Giovedì 19 maggio, volo di rientro
Il volo suggerito per il rientro è quello della Turkish Airlines che parte alle 6.35 con arrivo ad Istanbul alle 10.35; si riparte per Milano Malpensa alle 12.00 con arrivo alle 13.00 o per Roma Fiumicino alle 12.55 con arrivo alle 13.30. (Orari da confermare) Per gli orari di altre connessioni contattare Amitaba.

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Rumbur, altare Kalash

 GALLERIA FOTOGRAFICA

Donne Kalash
Donna Kalash
Budda di Manthal, Skardu
Valle verso Passu
Donna Hunza
Takh Bahi
Bimbe Kalash
Nanga Parbat, volo per Skardu
Forte di Khaplu, Baltistan
Colorati camion pakistani
Confluenza Indo – Gilgit
L’antica Via della Seta
Graffiti a Karimabad
Villaggio di Ganish e forte di Altit
Forte di Altit, interno
Hunza e Rakaposhi, da Baltit
Ghiacciaio di Passu
Valle di Passu
Karakorum Highway, verso il Sinkiang
Famiglia Pashtun
Fairy Meadows, tramonto sul Nanga Parbat
Stupa di Shingardar
Sepoltura Kalash
Kalash, valle oltre Rumbur
Donne Kalash

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