Pakistan
Karakorum, Himalaia e Hindu Kush, con la festa di primavera dei Kalash
Culture e luoghi oltre la nostra capacità immaginativa

Forte di Khaplu, Baltistan

Villaggio di Ganish e forte di Altit

Peshawar, Muhabat Khan Mosque

Uomo di Hunza

Nanga Parbat da Fairy Meadows









Sintesi del viaggio
Il viaggio esplora nel modo più bello le regioni settentrionali del Pakistan, immergendoci nella bellezza selvaggia delle colossali catene di Karakorum, Hindu Kush e del lembo occidentale dell’Himalaia, tra scenari unici al mondo. In questo contesto, che supera ogni possibile immaginazione, si scoprono le diverse popolazioni che impreziosiscono questo avvincente ambiente naturale, uno scenario umano altrettanto vario ed interessante. S’incontrano gli indomabili Kalash, la preziosa etnia con cui si condivide la grande festa di primavera, la celebrazione del Chilam Joshi; e poi i fieri Pashtun, i sorridenti Hunza e gli amabili Balti. Completano questo ricchissimo tour la scoperta di importanti siti archeologici, da Takh Bahi a Taxila, e le testimonianze storiche incastonate tra le valli impervie; e, nell’estensione, ci attende la città storica di Lahore.
- Islamabad
- Peshawar
- Takht Bhai
- Chakdara
- Timergara
- Dir
- Ayun
- Bumburet (Kalash)
- Chitral
- Mastuj
- Passo di Shandur
- Gupis
- Gilgit
- Baltit (Karimabad)
- Passu
- Raikot Bridge
- Tato
- Fairy Meadows
- Tarishing
- Altopiano del Deosai
- Skardu
- Khaplu
- Islamabad
- Taxila
- Rawalpindi
- Khewra
- Lahore
Presentazione del viaggio
Dopo una prima visita della capitale Islamabad si parte in direzione di Peshawar per una visita di questa antica città. Si prosegue da qui per il cuore dell’Hindu Kush, verso le remote valli popolate dai tenaci Kalash, un popolo che oggi è formato da poche migliaia di persone che preservano un patrimonio etnico e culturale unico, con tratti somatici caucasici ed una propria lingua e religione. Sul percorso si visita Takh Bahi, antico complesso buddista, oggi parte del patrimonio UNESCO, che offre resti archeologici Gandhara tra i meglio preservati. Si sosta tra i Kalash per due notti, avendo modo di visitare i villaggi e di assistere alla festività del Chialm Joshi, la celebrazione della primavera, godendo dei balli ritmati dai tamburi eseguiti con i costumi tradizionali, che in realtà le donne usano tutti i giorni, resi spesso vivaci dall’assunzione a fini rituali di vino da loro prodotto.
Al termine del festival si scende a Chitral, sulla cui valle occhieggia il colossale Tirich Mir, la vetta più alta dell’Hindo Kush, dove il forte e la moschea testimoniano l’indipendenza di questo regno fino alla sua volontaria assimilazione nel Pakistan, iniziando una stupenda traversata verso est. La meta è Gilgit, ai piedi della catena del Karakorum. La prima tappa è a Mastuj, e da qui si attraversa il passo di Shandur, mitico luogo della storica partita annuale di polo tra Chitral e Gilgit, tra monti e laghi bellissimi, facendo una seconda tappa al villaggio di Gupis, all’imbocco della valle di Yasin. Nei pressi di Gilgit, centro principale di questa regione centrale, la fine scultura rupestre del Budda di Kargah ci rammenta le turbolente vicissitudini storiche di queste remote regioni. Si continua ora per la regione più settentrionale, dove risiedono gli Hunza. Ci si ferma a Baltit (il cui nome attuale è Karimabad), che fu la sede del Mir e capitale del loro regno fino al 1974, dove si visitano i castelli ed un villaggio tradizionale, nel contesto di una valle famosa per i suoi settemila, tra cui si ammira l’imponente Rakaposhi (7788 mt), che nella lingua locale significa “Muro Splendente”. In questi territori sui ripidi monti si osservano le tracce dell’antico percorso della Via della Seta e arditi canali di irrigazione che passano altissimi e in alcuni punti attraversano strette gole con piccole condotte, che tradizionalmente erano fatte col legno: gli Hunza sono celebri per essere riusciti ad irrigare luoghi dove nessun’altro ne sarebbe stato capace! Si visita il loro territorio verso nord arrivando fino a Passu, non lontani dal confine col Sinkiang a dominio cinese, potendo così ammirare laghi morenici e ghiacciai che fluiscono fino alla base dei monti, tra valli estremamente spettacolari. Qui è predominante la tradizione musulmana ismailita, che è parte della famiglia degli sciiti, il cui leader è l’Aga Khan, una tradizione che propone un approccio aperto e tollerante prediligendo l’educazione anche delle donne.
Da Passu si percorre verso sud la Karakoram Highway, giungendo alla confluenza tra i fiumi Gilgit e Indo, e ci si porta alle falde del Nanga Parbat, arrivando con un percorso a piedi (circa due ore) al cospetto dell’immensa montagna, tra la magia dei prati e foreste di Fairy Meadows (3306 mt), che creano un mondo a parte, quasi elfico, sopra le aridissime valli dove scorre impetuoso il fiume Indo. Si sosta qui due notti, avendo così modo di godere della magnificenza del luogo e di spingersi fino ai piedi della parete nord del Nanga Parbat. Si completa l’esplorazione di questo magnifico colosso himalaiano proseguendo per la valle di Rupal, dove si erge la colossale parete meridionale del massiccio, arrivando con una breve passeggiata fino al bordo del suo poderoso ghiacciaio. Queste valli sono abitate da diversi gruppi tribali Pashtun, persone fiere ma che ci accolgono con benevolenza.
Oltre il Nanga Parbat si attraversa l’indescrivibile altopiano del Deosai, dove è stato istituito un Parco Nazionale per proteggere gli animali, tra cui l’orso bruno himalaiano, che si cercherà di avvistare con l’aiuto delle guide del WWF. La discesa, oltre il lago di Satpara ed il Budda rupestre di Manthal, porta a Skardu, cittadina adagiata sulle rive dell’Indo e centro principale dei balti, la cordiale popolazione che proviene dal Tibet, un luogo che è il punto di partenza delle grandi spedizioni alpinistiche che si recano nel Karakorum e verso il K2. Qui si esplorano i dintorni e le valli che portano ad est verso il Ladakh arrivando a Khaplu lungo le rive dello Skyok, che fluisce dalla valle di Nubra, dove, oltre alla bellezza dei luoghi, si ammirano il vecchio forte e la storica moschea.
Si rientra da qui a Islamabad con uno spettacolare volo che lambisce la vetta del Nanga Parbat; tornati nelle pianure ci si reca a Taxila, l’importante sito archeologico UNESCO, e si completa il tour al Raja Bazar di Rawalpindi.
ESTENSIONE A LAHORE
Al termine del programma è prevista un’estensione a Lahore, antica capitale Moghul, considerata la città pakistana più ricca di testimonianze del passato storico; si gode del suo fascino antico, estendendo l’esplorazione alle miniere di Khewra ed al confine con l’India, per la celebre cerimonia al Wagah-Attari.
IL PAKISTAN
GEOGRAFIA E GENTE – La Repubblica Islamica del Pakistan, posizionata tra Iran, Afganistan, Sinkiang a dominio cinese ed India è grande quasi tre volte l’Italia con una popolazione per il 96% musulmana di circa 230 milioni di persone, in gran parte concentrate nelle regioni di pianura che si affacciano al fiume Indo partendo dalla capitale Islamabad, ai bordi delle montagne, a Karachi, sulle sponde del Mar Arabico. Il vasto deserto del Balochistan, che occupa la parte più occidentale a sud dell’Afganistan, è poco abitato e la regione montuosa del nord, dove si svolge il viaggio, ha una pressione abitativa contenuta.
Il nord del Paese è un territorio affascinante, un succedersi senza fine di montagne, fiumi e vallate ornato da paesaggi grandiosi. Si trovano qui ben 5 dei 14 “8000”, oltre ad un incredibile numero di monti sopra i 7000 metri, di cui parecchi ancora inviolati, e la regione è la meta di un gran numero di spedizioni alpinistiche: dal Tirich Mir (7708 mt), punto più alto dell’Hindu Kush, al K2 (8611 mt), punto più alto del Karakorum, al Nanga Parbat (8126 mt), bastione occidentale dell’Himalaia.
Tra queste colossali catene risiedono diverse popolazioni con caratteristiche distinte. Tra queste troviamo ad est i Baltì, giunti qui dal Tibet che oggi sono in maggioranza sciiti. A nord di Gilgit gli Hunza, un popolo che formava un proprio regno fino al 1974 con una lingua non associabile ad altre, un fatto che rende un poco misteriosa la loro provenienza; e, oltre Karimabad, che è il centro principale degli Hunza, e fino al Sinkiang, i Wakhi di origine pamira, che, come gli hunza, sono in maggioranza ismailiti. È interessante sapere che gli hunza hanno affascinato l’Occidente perché da alcuni autori vennero associati al mitico regno di Shangri-La, un magico luogo dove la leggenda vuole che non si invecchi – tanto che le loro albicocche recentemente venivano esportate come elisir di lunga vita!
Fuori da queste aree, con le importanti eccezioni dei distretti del Kohistan, dove predominano i dialetti hindko, e di Chilas, dove predomina la lingua shina, entrami idiomi di origine indo-ariana, e della regione dell’Hindu Kush abitata dai Chitralis, dove si parla khovar, anche quest’ultima del ceppo indo-ariano, la maggior parte delle altre regioni settentrionali è abitata da diversi gruppi Pashtun. Questa importante etnia, che nel suo grande insieme costituisce circa il 15% della popolazione del Pakistan, ed è composta da diverse tribù e clan che originano dalla Persia, come si evince anche dalla loro lingua, che è molto vicina al persiano. A ridosso del confine afgano ad ovest, tra i monti dell’Hindu Kush, completa questo variegato insieme etnico il piccolo, interessantissimo gruppo dei Kalash, di cui si accenna più avanti, nel paragrafo a loro dedicato.
ORIGINE E STORIA – Il Paese ha origine dalla partizione dell’India che seguì la disgregazione dell’impero coloniale britannico, e il Pakistan ha tutt’ora una posizione molto conflittuale con l’India per via dei disputati confini nordorientali. Copre un territorio dove le vicende storiche originano in tempi antichissimi con la Civiltà dell’Indo, che ebbe inizio circa 2800 anni a.C., e di cui si trovano i resti più importanti ad Harappa e Mohenjo-Daro, dove la cultura indo-ariana diede origine a forme di scrittura tra le più antiche conosciute e sviluppò i profondi contenuti religiosi e filosofici vedici, uno dei pilastri principali della moderna civiltà dell’Uomo. Seguì il grandioso periodo della civiltà di gandhara, che ci ha lasciato un’importante eredità con le sue raffigurazioni artistiche nate dalla fusione di stili ellenistici e persiani, che ebbe il suo centro principale a Taxila, le cui fertili terre furono poi parte di diversi imperi, dagli Acheminidi persiani alla conquista di Alessandro Magno ed al grande impero dei Maurya, che si estese fin qui dalle pianure gangetiche dell’India. Nel 711 d.C. iniziò la conquista islamica che indusse l’avvento di diversi regni che si contesero la regione, con il periodo forse più significativo legato alle dinastie imperiali islamiche Mughal, che avevano il proprio epicentro nell’attuale India. Con l’affievolirsi dei Mughal, fino all’avvento dei tempi coloniali nel XIX secolo, vi furono diversi passaggi, incluso un dominio Sikh di parte dei territori. Tra il 1800 e gli inizi del 1900 la regione fu poi uno dei teatri del “Grande Gioco”, quando Russia ed Inghilterra combatterono una feroce guerra, senza mai sparar colpo ma condotta tramite diplomazie e servizi segreti, per ottenere il predominio di diversi territori tra il Medio Oriente, l’Asia Centrale ed il Subcontinente Indiano.
L’ETNIA KALASH
L’etnia Kalash oggi è formata da circa 5000 persone che vivono nelle vallate di Bumburet, Rumbur e Birir, tra le montagne dell’Hindu Kush della regione del Chitral, nel nord ovest del Pakistan a ridosso del confine afgano. Grazie al loro isolamento ed alla loro determinazione sono riusciti a mantenere la propria identità nel corso dei secoli, nonostante le continue invasioni (perfino gli eserciti di Tamerlano arrivarono qui!); ma dovettero indietreggiare e ripiegare verso queste remote valli, dove li si trova ancora oggi. Conservano caratteristiche fisiche, linguistiche e culturali che li distinguono nettamente dalle popolazioni circostanti. Sulla loro origine si sono dette diverse cose; fino a tempi recenti un’accreditata teoria asseriva che fossero i discendenti dei macedoni. Infatti sembra che nel IV secolo a.C. Alessandro Magno avesse lasciato alcune legioni di guardia tra queste valli, i cui soldati poi vi rimasero mescolandosi con la popolazione locale, dando così vita a questa nuova etnia. Recenti studi hanno però verificato che il DNA dei kalash è simile a quello di alcune popolazioni dell’Asia centro meridionale, quindi non associato ai macedoni. In aggiunta, c’è da osservare che il kalashamun, la loro lingua, non ha questa attinenza, e, pur appartenente al ceppo indoiranico, non ha alcuna facile associazione. In sintesi, nessuno sa bene da dove provengano!
I Kalash hanno resistito alle fortissime pressioni islamiche; essi venivano, e forse ancora oggi un poco lo sono, giudicati con disprezzo; la loro regione è chiamata Kafiristan, che vuol dire “Terra degli infedeli”: “kafir” infatti significa una persona che non accetta un principio e quindi non accetta l’Islam come sua fede. Nel corso dei secoli sono stati attaccati molte volte dai musulmani; in particolare alla fine del XIX secolo diverse valli da loro abitate in Afganistan subirono la conversione forzata e il territorio venne rinominato ‘Nuristan’, o ‘terra della luce’, per distinguerlo dal precedente, ‘terra degli infedeli’.
I Kalash professano un credo sciamanico e politeista, mantenendo vivo il culto di spiriti protettori delle vette, della natura e del fuoco. Immaginano che il mondo sia sotto la protezione degli spiriti degli antenati che vegliano su di loro. Credono che alberi, pietre e fiumi abbiano un’anima, e venerano una sorta di dio creatore, Desau, che è concepito circondato da altre figure, che sono i suoi messaggeri. Una particolarità è che viene coltivata l’uva e prodotto il vino, che viene solitamente usato per motivi rituali e non bevuto quotidianamente; è usuale bere in particolare nel solstizio invernale, per cercare un maggior contatto col divino. Tradizionalmente i defunti venivano deposti in bare sopra terra, nelle apposite aree cimiteriali vicine agli ingressi dei villaggi, e sembra che questa prassi avesse una funzione di protezione contro le influenze negative.
Da un punto di vista sociale i Kalash hanno avuto tradizionalmente un approccio comunitario e per gli scambi l’uso era il baratto. Chi aveva prodotto in eccedenza metteva a disposizione della comunità quello che era in più del necessario ed erano gli anziani a decidere come distribuirlo, non vi era un accumulo di benessere personale; in cambio il donatore aveva una posizione di rispetto ed era ben apprezzato dalla comunità. Le donne sono persone libere e non si utilizza il chador.
NOTA TECNICA
SISTEMAZIONI – Il Pakistan richiede un certo grado di adattabilità: tutto perfetto per un viaggiatore, ma potenzialmente difficile per un “turista”. Fuori dalle città le sistemazioni sono semplici e non paragonabili allo standard occidentale, inoltre al festival dei Kalash ci saranno anche diversi turisti locali con uno spazio ricettivo molto limitato, ma ci si adopererà nel miglior modo possibile per rendere il soggiorno il più confortevole possibile. A Fairy Meadows sul Nanga Parbat si alloggia per due notti in un piccolo bungalow di legno, ma dotato di bagno proprio e riscaldato. Alcune sistemazioni difettano di manutenzione ordinaria (idraulica ed elettrica) ma l’accompagnatore e la guida locale cercheranno di risolvere qualsiasi tipo di disagio possa accadere.
PASTI – I pasti sono tutti inclusi e si cerca di offrire una cucina più varia possibile, diversa in base alle varie zone del paese. Vengono proposti pollo, spiedini di carne, riso, verdure, frutta secca, con molti piatti che si trovano anche nella cucina indiana, come il dhal e i pakora. Il tutto sempre accompagnati da yogurt, pane tipo chapati, a volte croccante altre volte più morbido, e viene servito il tipico chai o tè caldo. Vi è così un’ampia scelta valida anche per i vegetariani.
ITINERARIO – Alcuni tratti del percorso sono lunghi, resi necessari per poter esplorare al meglio la parte settentrionale del Paese, tenendo conto dei possibili punti di tappa. Le strade tra i monti, esclusa la Karakorum Highway che attraversa le montagne dalle pianure fino al confine con la Cina, sono spesso mal tenute, abbassando così la velocità media degli spostamenti. I tempi di percorrenza indicati sono stati da noi precedentemente testati e tengono in considerazioni anche le diverse soste. A Fairy Meadows e dai Kalash, dove il pulmino non arriva, si utilizzano le jeep, ed a Mingora e Peshawar si utilizzano i tuk tuk, per muoversi più agilmente tra le viuzze.
CLIMA E ATTREZZATURA – Il clima è vario, dal caldo di Islamabad e di Peshawar alle notti più fresche in montagna e nelle valli di Skardu, Hunza e dei Kalash. Si consiglia quindi una giacca un po’ pesante per la sera, mentre di giorno una maglietta va bene. Anche se non si viaggia nella stagione delle piogge è utile una giacca antivento impermeabile e per le donne un velo per coprire la testa dove richiesto. Servono scarponcini tipo trekking, anche se leggeri, per le passeggiate previste. Si tenga anche conto che quando si sale a Fairy Meadows serve portare con sé il necessario per la notte, con un percorso in salita di circa due ore – nel caso è possibile avere un aiuto dalle persone del luogo per una cifra modesta; va ricordato che serve uno zaino adatto e che il grosso del bagaglio si può lasciare nel pulmino alla base della salita.
WIFI, SIM, ELETTRICITA’ – Il wifi sarà disponibile quasi ovunque ma a volte con segnale molto debole. Si consiglia quindi per precauzione di prendere una SIM locale; il nostro corrispondente potrà essere di aiuto per questo. Le prese di corrente sono bipolari, come quelle che si trovano in Italia.
CAMBIO – È possibile farlo in aeroporto e nelle maggiori città, e la guida locale si adopererà ove necessario per trovare soluzioni di cambio in ogni luogo. Si segnala che le carte di credito sono diffuse solamente nelle grandi città e si consiglia quindi di portare denaro contante.
ACQUISTI – Ci si potrà sbizzarrire negli acquisti nei bazar che si incontrano sul percorso: dai vestiti pashtun con relativo cappello pakol per gli uomini, ai colorati sari o shalwar, pashmine e foulard in seta per le donne (si potrebbero anche comprare dei burqa!). Si trovano anche ottima bigiotteria (orecchini, collane, bracciali), gemme e tappeti. Sicuramente è facile individuare qualcosa di interessante da portare a casa.
INGRESSO NEL PAESE – Al momento della redazione del viaggio non è obbligatoria alcuna vaccinazione. Serve un passaporto con sei mesi di validità minima dal momento dell’arrivo e Amitaba si occupa delle pratiche per ottenere il visto.
PERICOLOSITA’ – Se ci si chiede se in queste regioni ci siano dei pericoli la risposta è semplice: no. Si resterà positivamente colpiti dall’amichevolezza e ottima disponibilità delle persone. La parte più temuta da molti è la zona dei Kalash che è a ridosso dell’Afghanistan; si tenga presente che il confine è molto controllato e l’operatore locale potrebbe decidere, anche se non è mai successo, di fornire una piccola scorta armata, più per prevenzione che per reale pericolo.
Programma del viaggio
1°g. Giovedì 11 maggio, partenza per Islamabad
Per raggiungere Islamabad vi sono diverse possibilità di volo e Amitaba può prenotare quello preferito dai viaggiatori.
2°g. 12/5 Islamabad
Arrivo a Islamabad dove è in attesa dei partecipanti la guida locale, e ci si trasferisce presso l’hotel Hillview o similare. Dopo un poco di relax, verso le 11, si inizia una visita della città, che venne appositamente costruita nei pressi di Rawalpindi per fungere da capitale del Paese durante gli anni ‘60. Ci si reca alla Moschea Shah Faisal, una delle più grandi al mondo, che presenta un’architettura unica e moderna, e si prosegue per le colline di Margalla, un punto panoramico per ammirare la città dall’alto. Dopo pranzo si visita il Lok Virsa (Museo Nazionale di Etnologia) e si prosegue con il grande monumento pakistano a forma di fiore di loto; di fronte al monumento si trova il Museo Nazionale, che ritrae la storia del Paese. La cena è in un ristorante tipico.
3°g. 13/5 Islamabad – Peshawar
Si parte in direzione nord ovest per raggiungere Peshawar, dove si alloggia presso il Shelton Rezidor Hotel o similare. Il viaggio dura circa 3 ore (190 km). La visita della città viene fatta con dei simpatici tuk tuk, in questo modo sarà più semplice districarsi tra le affollate vie cittadine. Si inizia con la visita del Museo Cittadino, ricco di reperti d’arte Gandhara, si prosegue per la moschea di Muhabat Khan Bala, dove è permesso entrare anche agli occidentali, e si ammira dall’esterno l’imponente forte di Bala Hisar, dove non è consentito l’accesso in quanto sede delle forze armate. Si conclude la giornata passeggiando tra le stradine del suo tipico ed affollatissimo bazar.
4°g. 14/5 Peshawar – Takht Bhai – Chakdara – Timergara
Si lascia Peshawar dirigendosi verso nord est per raggiungere il sito UNESCO di Takh Bahi (65 km), nei pressi della città di Mardan. Le rovine di questo monastero buddista sono tra le meglio preservate tra i resti archeologici di epoca gandhara: il pittoresco ed impressionante complesso fu in utilizzo dal primo secolo a.C. fino al VII d.C. e vi furono trovate anche diverse raffinate sculture, che sono esposte nei musei del mondo. Completata la visita si procede verso nord attraverso il passo del Malakand (454 mt) arrivando sulle rive del fiume Swat; si transita da Chakdara e si prosegue per Timergara, dove si alloggia presso lo Shelton Hotel. Si prevede un tempo di guida di circa 6 ore con una distanza di183 km.
5°g. 15/5 Timergara – Dir – Ayun – Bumburet, Kalash (1670 mt)
Si continua il viaggio verso nord transitando da Dir (71 km) ed arrivando al traforo di Lowari, lungo cica 10 km, che evita la laboriosa salita all’omonimo passo, alto 3114, che resta chiuso per la neve parecchi messi all’anno. Sull’altro versante si accede alla regione del Chitral arrivando ad Ayun (150 km da Timergara, 4/5 ore) nel cuore dell’Hindu Kush, a ridosso del confine afgano. Qui si lascia il pulmino per prendere le jeep locali con cui si raggiungono, percorrendo una strada sterrata, la valle ed il paese di Bumburet (circa 20 km), una delle 3 valli dei Kalash, dove per accedere è necessario ottenere dei permessi (vi provvede la nostra organizzazione). Si alloggia in una locanda gestita da una famiglia kalash, un luogo che richiede un minimo di adattamento, ma ben tenuto con stanze dotate di servizi. Si sosta qui per due notti, potendo così visitare valli e villaggi dei kalash e seguire il loro festival.
6°g. 16/5 Kalash: Chilam Joshi Festival
In questo giorno di permanenza tra i kalash si darà priorità agli eventi del Chilam Joshi Festival. Si alloggia nel villaggio di Bumburet, che è il più importante. Qui si visitano il Museo dei Kalash, i siti cimiteriali ed i bazar, avendo modo di stare a contatto con la vita e le abitudini di questo piccolo popolo dalle origini misteriose. Le rappresentazioni seguono un movimento circolare accompagnato dal suono dei tamburi. Durante le celebrazioni della giornata si avrà modo di stare a stretto contatto con la popolazione locale, così da conoscerne usi e costumi e passare insieme e a loro questa giornata di festa. Si rientra quindi a Bumburet.
7°g. 17/5 Bumburet – Rumbur – Ayun – Chitral (1500 mt) – Mastuj (2360 mt)
Partenza di prima mattina per raggiungere il villaggio di Rumbur, dove si arriva risalendo una nuova valle verso nord est. Dopo aver nuovamente assistito al festival si torna con le jeep ad Ayun, sulla strada principale, e si prosegue da qui verso nord per 23 km arrivando a Chitral, centro principale della regione, storica capitale della dinastia dei Kator dal 1517 fino alla loro spontanea affiliazione al Pakistan nel 1947. Si visita la bella moschea Shahi, posta lungo il fiume e, con il tempo limpido, oltre le aride montagne che contornano la cittadina, fa capolino la maestosa vetta glaciale del Tirich Mir (7708 mt), la vetta più alta della catena dell’Hindu Kush. Si prosegue il viaggio risalendo il corso del fiume in direzione nord est per 108 km arrivando a Mastuj, dove si alloggia presso l’hotel locale Noor Mahaal. Si prevedono in tutto da 6 a 7 ore di viaggio.
8°g. 18/5 Mastuj – Passo di Shandur (3738 mt) – Gupis (2176 mt)
Da Mastuj il viaggio prosegue in direzione sud, risalendo la valle che porta (43 km) fino al passo dello Shandur a 3738 metri di quota. Ad est del passo ci si trova su di un bellissimo altopiano cinto dai monti, con un grande lago lungo la cui riva settentrionale si trova l’ormai celebre campo di polo dove, a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, si confrontano all’inizio di luglio in una sentitissima partita le squadre del Chitral e di Gilgit – per via del Covid la partita negli ultimi anni non è stata fatta, ma forse già da quest’anno (2023) potrebbe riprendere. Oltre il plateau si prosegue la discesa verso est arrivando prima al villaggio di Phander (49 km) e infine a Gupis (altri 59 km), dove si alloggia presso l’hotel locale Blossom Inn. Si prevedono in tutto da 7 a 8 ore di viaggio; diversi tratti della strada, anche nella giornata di domani, sono sterrati.
9°g. 19/5 Gupis – Gilgit (1500 mt) – Baltit (Karimabad), Hunza (2500 mt)
Oltre Gupis si procede lungo queste valli selvagge scendendo gradatamente in direzione sud est fino a Gilgit, un tragitto di 128 km che richiede circa quattro ore. Qui ci si reca ad est della cittadina per ammirare il Budda rupestre di Kargah, scolpito nella roccia nel VII secolo; è alto una quindicina di metri e posizionato sotto una sporgenza naturale che lo incornicia in modo suggestivo. Si pranza a Gilgit e quindi si prosegue per Karimanbad (103 km, 2 ore e mezza) seguendo verso nord il flusso del fiume Hunza lungo la Karakorum Highway, la strada che arriva dalle pianure del Pakistan e continua fino al Sinkiang a dominazione cinese. Si contornano le falde del Rakaposhi, che svetta nel cielo a 7788 mt, con diversi punti panoramici particolarmente impressionanti: Gilgit è a circa 1500 mt e Hunza a 2500, si ha così la visuale di una progressione verticale fuori dal comune. Si sosta per godere del paesaggio in un punto particolarmente panoramico, sorseggiando un buon tè. Lungo il tragitto si nota in più punti la traccia dell’antica strada, originariamente adatta al transito degli animali da carico ed ampliata in diversi punti a fine degli anni ’50 per poter passare con le jeep, che fu uno dei percorsi dell’antica “Via della Seta”, un termine questo coniato dal geografo tedesco Ferdinand von Richthofen nel 1877 per indicare i collegamenti composti dal reticolo di strade che per centinaia di anni unì i commercianti (ma non solo) tra Occidente ed Oriente. A seguito della costruzione negli anni ’70 della Karakoram Highway questo percorso tradizionale entrò in disuso ma, grazie ad un’iniziativa dell’Aga Khan Cultural Service finanziata dai norvegesi, alcune parti sono state restaurate. Infatti in questa regione vi sono moltissimi aderenti alla corrente ismailita sciita che fa capo a questo prestigioso personaggio, ed a volte, sui versanti dei monti, si vedono grandissime scritte create con i sassi chiari che inneggiano a lui ed alle sue visite qui. Arrivati a Baltit (oggi Karimabad), capoluogo della valle di Hunza, si alloggia presso il Darbar o l’Egal Nast Hotel, avendo la possente visuale del Rakaposhi di fronte, verso sud. Tempo permettendo, ci si reca ad ammirare il tramonto dal punto panoramico di Duiker, sopra Baltit, dove si gode di una magnifica vista della valle e delle cime del Rakaposhi (7788 mt), del Diran (7266 mt) e di molte altre vette. Un aspetto carino del luogo sono anche i simpatici negozietti che offrono prodotti di artigianato.
10°g. 20/5 Baltit (Karimabad) – Passu (2500 mt)
Ci si reca al forte di Baltit, dal tipico stile tibetano, e quindi al forte di Altit, edificato circa 900 anni fa, ai cui piedi sorge il villaggio tradizionale di Ganish, dove ci si addentra tra le piccole stradine per scoprire la vita locale. Nei pressi vi è anche un’ampia vasca dove nei tempi storici i bambini imparavano a nuotare, perché una delle prove di maturità a loro richieste era di attraversare a nuoto il ruggente fiume della valle! Completate le visite si prosegue sempre lungo la Karakoram Highway; lungo il percorso si ammirano delle incisioni rupestri. Dopo una ventina di chilometri si arriva ad Atta Abad, dove nel 2010 una gigantesca frana bloccò il fiume Hunza per circa 5 mesi formando un grande lago che ha sommerso alcuni villaggi e la stessa strada, che dovette essere ritracciata con l’ausilio di parecchi tunnel; la catastrofe causò la morte di una ventina di persone e ci ha lasciato come eredità un grande lago, divenuto oggi un’attrazione turistica. Si transita da Gulmit, un villaggio di montagna nell’alta valle di Hunza; in quest’area si ammira il grande ponte sospeso di Hussani. Utilizzando delle jeep locali percorrendo una strada sterrata si raggiunge il lago di Borith, nei pressi della bocca del ghiacciaio Ghulkin. Si lasciano i mezzi nei pressi del lago per fare una semplice ma suggestiva camminata che in circa 30 minuti porta di fronte al ghiacciaio di Passu. Completata l’escursione si ridiscende alla Karakoram Highway e, proseguendo, si arriva al villaggio di Passu, dove si alloggia in un hotel di pietra circondati da imponenti montagne, il Silk Route Sarai Hotel o similare. Passu dista meno di 50 km da Baltit – Karimabad.
11°g. 21/5 Passu – Raikot Bridge (1200 mt) – Tato (2900 mt) – Fairy Meadows al Nanga Parbat (3306 mt)
Si parte presto ridiscendendo la strada già percorsa, potendo godere ancora una volta degli scenari della regione; oltre Gilgit si prosegue, sempre verso sud, superando la confluenza tra i fiumi Gilgìt e Indo, arrivando al ponte di Raikot (207 km, circa 3/4 ore). La confluenza dei due grandi fiumi è un luogo geograficamente molto significativo, oltre che estremamente bello: qui si affacciano le 3 catene montuose più alte del mondo, il Karakoram, l’Himalaia e l’Hindu Kush e dalla confluenza spesso si ha la visione della vetta del Nanga Parbat (8126 mt), una panoramica che presenta un’escursione verticale di quasi 7000 metri, tra le più accentuate del pianeta Terra! Si potrà lasciare il grosso del bagaglio a Raikot portando con sé solo quanto potrà essere necessario per la notte, tenendo presente che per arrivare al punto di sosta oggi si fa un percorso a piedi in salita di circa due ore. (Chi non fosse in grado o non volesse portare da solo le proprie cose, con una piccola spesa si può avere un aiuto da parte delle persone del luogo). Da Raikot si parte con le jeep locali inerpicandosi lungo una stradina sterrata sui versanti desertici del fiume Indo, fino a raggiungere l’imbocco della valle che porta dritta alla base del Nanga Parbat, dove mentre si sale di quota, grazie all’apporto delle nevi, ci si trova gradatamente in un ambiente arboreo, con prati ed alberi che ornano il magnifico paesaggio. La strada jeeppabile termina al villaggio di Tato a circa 2900 mt, dove si arriva in circa 2 ore. Da qui inizia la camminata che con altre due ora circa porta a Fairy Meadows (3306 mt), tra magnifici prati di bellezza elfica (il nome “Fairy”, elfo in italiano, è ben calzante qui!) con vista sul Nanga Parbat. Si alloggia nei piccoli cottage di legno del Green Land Resort (con bagno in camera).
12°g. 22/5 Fairy Meadows, esplorazione e Campo Base del Nanga Parbat
Si dedica la giornata all’esplorazione di questa grande area immersa nel verde delle foreste e della natura, una vera oasi posta sopra alle aridissime vallate sottostanti, incastonata tra monti glaciali giganteschi, decisamente un luogo eccezionale. L’obiettivo più ambizioso, per chi se la sente, è percorrere tutto il sentiero che serpeggia fino al Campo Base del Nanga Parbat, posto a circa 4000 mt di quota. Ma non è necessario arrivare fin là per godere del luogo; un’ottima prima meta è il punto panoramico situato a 3667 mt: ci si affaccia sulla tumultuosa lingua del ghiacciaio del Raikot che fluisce dalla parete nord del Nanga Parbat, che viene alimentato da tutte le cascate di ghiaccio che formano il gigantesco anfiteatro che culmina nella sua vetta; a nord lo sguardo spazia verso la colossale catena formata dal Rakaposhi e dall’Haramosh. Se si desidera arrivare fino al termine del sentiero vanno previste almeno 6 ore di camino tra salita e discesa.
13°g. 23/5 Fairy Meadows – Raikot Bridge – Tarishing: valle di Rupal del Nanga Parbat (2911 mt)
Si torna a piedi al villaggio di Tato, dove si ritrovano le jeep per scendere al ponte di Raikot. Da qui si prosegue il viaggio con delle altre jeep, solitamente dei Landcruiser, che si usano fino alla partenza in volo per Islamabad. Si risale per un breve tratto (12 km) la Karakorum Highway e la si lascia seguendo verso sud est la stradina che si inerpica per le ripide valli che aggirano il Nanga Parbat verso il villaggio di Astore. Oltre Astore si continua ancora verso sud e quindi si devia dal percorso principale seguendo la mulattiera che sale ad ovest fino a Tarishing, nella valle di Rupal, ai piedi dell’imponente omonima parte del Nanga Parbat. Si alloggia presso il Nanga Parbat Hotel; siamo a 87 km da Rakiot, circa 4 ore o più di guida in funzione delle condizioni in cui si trova la strada. Ci si reca a piedi in circa 30 minuti al margine del ghiacciaio di Rupal a circa 2960 mt di quota, al cospetto della parete sud del gigante himalaiano.
14°g. 24/5 Tarishing – Altopiano del Deosai (4114 mt) – Skardu (2500 mt)
Si parte presto scendendo dalla valle di Rupal e tornando al punto di deviazione di ieri (circa 19 km); si prosegue ora lungo questa strada, in diversi punti sterrata, che porta attraverso l’altopiano del Parco Nazionale del Deosai fino a Skardu, un percorso di bellezza estrema; sono 156 km in tutto che richiedono 6 o 7 ore di guida. S’inizia seguendo le vallate fino al lago di Sheosar (74 km), posto ai margini del Deosai; se il tempo è limpido da qui si ha una stupenda visuale del Nanga Parbat all’orizzonte oltre il lago. Giunti a Barahpani si pranza e si visita il campo del WWF; qui si cercherà una loro guida con cui tentare di avvistare l’orso bruno che vive in quest’area, esplorando il magnifico ambiente naturale, dove prosperano anche numerose marmotte ed altri animali. Si prosegue quindi il viaggio; scendendo dal plateau si costeggia lo stupendo lago di Satpara, uno specchio splendente tra i monti aridi, giungendo ora nel Baltistan. Prima di entrare a Skardu si sosta per ammirare il Budda di Manthal, una magnifica raffigurazione rupestre dell’VIII secolo. Si alloggia presso il Masharbrum Hotel.
15°g. 25/5 Skardu: escursione a Khaplu
Skardu è il centro più importante della regione del Baltistan, situato in un’ampia valle dove il fiume Shigar confluisce nel maestoso Indo, storico punto di partenza delle spedizioni alpinistiche che da qui si recano nell’alto Karakorum, dove troneggia il K2 circondato da una foresta di colossi glaciali. Oggi ci si dirige verso la valle di Khaplu, il punto più orientale dell’itinerario. È un percorso molto bello, si seguono le anse dell’Indo fino alla confluenza con lo Shyok e da qui si segue questo fiume, che fluisce dalla valle di Nubra in Ladakh, sempre tra monti di inimmaginabile bellezza. Giunti al villaggio di Khaplu, con splendidi scenari sui monti ed il poderoso fiume, si visitano il villaggio ed il forte del XVI secolo, dalla particolare architettura tibetana – qui si è infatti molto vicini al Ladakh. Si pranza presso il ristorante all’interno del forte, un luogo molto suggestivo e dove la cucina è veramente ottima! Rientrando a Skardu, tempo permettendo, si visita il forte della cittadina. Il tempo di guida complessivo previsto è di circa 6/7 ore.
16°g. 26/5 Skardu – Islamabad, Taxila
Il volo per Islamabad parte al mattino, solitamente dopo le 8; a volte può succedere che possa essere annullato, motivo per cui viene tenuto nel programma un giorno in più a disposizione, che, se tutto procede senza intoppi, viene utilizzato come qui descritto per il 27/5. Giunti a Islamabad ci si reca direttamente dall’aeroporto a Taxila (39 km, circa un’ora) dove si trova una profusione di resti archeologici che spaziano un periodo storico di oltre un millennio, dal 600 a.C. al V secolo d.C. Si visitano gli Stupa, i monasteri di Dharmarajika e Jaulian, e la cittadella di Sirkap, tutti parte del patrimonio UNESCO. Completate le visite nel pomeriggio si rientra a Islamabad, dove si alloggia presso il medesimo hotel utilizzato all’arrivo. Completa la giornata un giro nel parco più grande della capitale.
17°g. 27/5 Islamabad e Rawalpindi
La capitale sembra quasi un poco astratta rispetto alla vicina Rawalpindi, che presenta una realtà piacevolmente caotica, intrisa della quotidianità della vita pakistana. La si visita avendo come punto di riferimento la zona del mitico Raja Bazar, che nei tempi coloniali era l’area prediletta per le residenze ed i commerci ed oggi è diventata il punto di scambio principale per le merci provenienti dai territori circostanti e settentrionali. Si avrà l’opportunità di fare interessanti acquisti e si vedrà anche il lavoro di decorazione dei camion, che non sarebbe errato definire una tipica forma d’arte locale! Dopo pranzo si torna a Islamabad, e, dopo una visita al lago di Rawal, si torna in albergo. In serata cena tipica per celebrare il grande viaggio che si è ora completato.
Per chi rientra
18°g. 28/5 Domenica 28 maggio, volo di rientro
La maggior parte dei voli parte nelle prime ore del mattino ed arriva a destinazione il giorno stesso.
Estensione a Lahore
18°g. 28/5 Islamabad – Khewra – Lahore
Di buon mattino si lascia Islamabad in direzione sud alla volta di Lahore. Lungo la strada si sosta per una visita alle miniere di sale di Khewra. L’utilizzo di queste miniere iniziò nel 320 a.C., quando Alessandro Magno attraversò queste regioni, e sono pertanto le più antiche di tutta l’Asia. Da qui proviene gran parte del sale rosa dell’Himalaia che troviamo oggi anche nei nostri negozi. Per la visita si utilizza un trenino che risale agli inizi del secolo scorso, arrivando fino nel cuore della miniera, dove si ammirano piscine di acqua salata e caratteristiche (ed insolite!) riproduzioni in sale di grandi monumenti. Giunti a Lahore (circa 7 ore di guida, 430 km) ci si accomoda presso il Luxus Grand Hotel o similare e si cominciano le visita di questa antica città. Si fa un gito nella parte vecchia e ci si reca alla Wazir Khan Mosquee, del XVII secolo, edificata durante il regno dell’imperatore Moghul Shah Jahan, considerata una delle più pittoresche moschee del Paese, anche grazie ai mosaici in ceramica che fondono calligrafia sacra e motivi floreali.
19°g. 29/5 Lahore
Con circa 11 milioni di abitanti Lahore è la seconda città del Paese ed è la capitale del Punjab pakistano. La città raggiunse il periodo di massimo splendore durante la dominazione Moghul e, con Akbar, fu anche la capitale del oro impero dal 1584 al 1598. Si iniziano le visite odierne con la Moschea di Badshahi, costruita nel XVII secolo da Aurandzeb Alamgir, un edificio molto iconico e scenografico in quanto costruito in pietra rossa (compresi i suoi 4 alti minareti). Di fronte alla moschea si visita il Forte di Lahore, che fu la residenza reale del Moghul, oggi inserito nel Patrimonio Unesco. Si prosegue con la visita del Bazar di Anarkali, l’affollato mercato dove si vendono oggetti e merci di tutti i tipi. Nel pomeriggio si si reca al confine con l’India per assistere alla cerimonia che si svolge quotidianamente a Wagah-Attari. Vige infatti un rituale militare dove entrambe le bandiere, indiane e pakistane, vengono abbassate ed i due confini vengono chiusi per la notte, tra un insieme di gesti e scambi marziali ma di reciproco rispetto. Si ritorna quindi in hotel per un breve riposo prima della cena tipica che conclude questa bella estensione.
20°g. 30/5 Martedì 30 maggio, volo di rientro
La maggior parte dei voli parte nelle prime ore del mattino ed arriva a destinazione il giorno stesso.
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Hunza, Altit
GALLERIA FOTOGRAFICA

Donna Kalash

Visuale da Duiker

Forte di Khaplu, Baltistan

Villaggio di Ganish e forte di Altit

Peshawar, Muhabat Khan Mosque

Uomo di Hunza

Nanga Parbat da Fairy Meadows

Donne Kalash

Graffiti a Karimabad

Karakorum Highway, verso il Sinkiang

Ghiacciaio di Passu

Bazar di Peshawar

Rumbur, altare Kalash

Bimbo etnia Kalash

Budda di Manthal, Skardu

Donna Hunza
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