Pakistan
Grande esplorazione di Karakorum, Himalaia e Hindu Kush
Incontro con la storia e i mondi dei Pashtun, Hunza e Baltì, col festival Kalash

Donna Kalash

Valle di Hunza

Nanga Parbat da Fairy Meadows

Fabbricazione del pakol (cappello locale)

Silk Route Sarai hotel









Sintesi del viaggio
Partendo da Islamabad questa grandiosa, e molto completa, esplorazione del Pakistan settentrionale porta in tutte le superlative regioni di un territorio tra i più interessanti in assoluto al mondo, dove, immersi in una natura dalla bellezza superba tra innumerevoli, arditi monti glaciali che svettano ben oltre i 7000 metri, vivono popoli ed etnie con lingue, abitudini ed origini diversissime. Ad est, nel Baltistan, si arriva nel cuore del Karakorum fino alle falde del Masherbrum ed ai confini col Ladakh e si esplora lo sconosciuto altopiano del Deosai. Si vedono i tre versanti del Nanga Parbat, bastione occidentale della catena Himalaiana, arrivando ai piedi della storica parete nord e sul ghiacciaio di Rupal. Si visita nel migliore dettaglio la regione centrale degli Hunza, includendo le remote valli di Shimshal e Hispar, dove fluiscono alcuni dei ghiacciai più impressionanti del Karakorum. Si esplora estensivamente l’Hindu Kush arrivando, a nord, a ridosso del corridoio del Wakhan e, ad ovest, ai piedi del Tirich Mir, la superba vetta più alta della catena, e nelle tre valli dei Kalash, nei pressi del confine afgano.
- Islamabad
- Mingora (Swat)
- Chilas
- Gilgit
- Baltit (Karimabad)
- Hispar
- Passu
- Ghiacciaio di Ghulkin (Passu)
- Shimshal
- Raikot Bridge
- Fairy Meadows
- Tarishing
- Altopiano del Deosai
- Skardu
- Shigar
- Khaplu
- Hushe
- Gahkuch
- Gupis
- Darkut (Valle di Yasin)
- Mastuj
- Garam Chashma
- Susoom
- Chitral
- Birir (Kalash)
- Bumburet (Kalash)
- Rumbur (Kalash)
- Takht Bhai
- Peshawar
- Taxila
Presentazione del viaggio
In questo scenario, che supera ogni possibile immaginazione, si scoprono le diverse popolazioni, uno scenario umano altrettanto vario ed interessante. S’incontrano gli indomabili Kalash, la preziosa etnia di cui si condivide la grande festa estiva, la celebrazione dell’Uchal Joshi; e poi i fieri Pashtun, i sorridenti Hunza e gli amabili Balti, oltre ai Chitrali, ai Chilasis ed altri gruppi minori. Un ulteriore aspetto importante di questo ricchissimo tour è la scoperta di importanti siti archeologici: nella valle dello Swat, a Takh Bahi ed a Taxila, a cui si aggiungono le meno note, molteplici testimonianze storiche incastonate tra le valli impervie; e si completa con le visite dell’esotica Peshawar, punto di scambi dall’intensità impensabile, e della variopinta e caotica Rawalpindi.
Per apprezzare i contenuti del viaggio si consiglia di riferirsi al programma di viaggio. Per una visione d’insieme, segue qui una breve descrizione dell’itinerario.
Dopo una prima visita della capitale Islamabad si parte per la valle dello Swat arrivando a Mingora, una cittadina che si gira con i tuk tuk, dove si ha un primo incontro col periodo storico Gandhara vedendo diversi siti ed il Museo. Da qui si attraversano i monti che separano dall’Indo arrivando sulla “Karakorum Highway”, che si segue risalendo l’Indo fino alla confluenza con il Gilgit; lungo il tragitto si trovano diversi graffiti rupestri e si entra nella valle di Diamir per ammirare questo versante del Nanga Parbat. A Gilgit la fine scultura rupestre del Budda di Kargah ci rammenta le turbolente vicissitudini storiche di queste remote regioni; si prosegue verso nord e ci si dedica ad un’approfondita ricognizione delle valli degli Hunza, sostando nell’area per quattro notti. Ci attendono Baltit (Karimabad), Altit, Passu e diversi villaggi, si arriva al ghiacciaio di Passu ed il percorso si estende alle valli di Nagar ed alla remotissima Shimshal. Prossima meta, la parete nord del Nanga Parbat, dove si trascorrono due notti nell’elfica Fairy Meadows, avendo così l’opportunità di godere di questo luogo magico e, per chi se la sente, di arrivare fino al campo base, dove echeggia ancora l’epica impresa di Hermann Buhl. Si procede da qui per la parete di Rupal del Nanga Parbat, ancora attraverso valli abitate da diversi gruppi etnici Pashtun, persone fiere ma che ci accolgono con benevolenza. A breve distanza dal punto di sosta si ammira il ghiacciaio di Rupal, vedendo così, nel corso del viaggio, tutti i versanti di questa montagna mitica, che ha segnato alcuni dei più grandi capitoli dell’alpinismo estremo. Per arrivare in Baltistan si attraversa l’imperdibile, raramente visitato, altopiano del Deosai, contornato da laghi, dove vive l’orso himalaiano, che ci cercherà di vedere. Da Skardu, l’interessante cuore della regione dei balti, la cordiale popolazione che proviene dal Tibet, che è il punto di partenza delle spedizioni per l’Alto Karakorum, si continua ancora più ad est per le oasi e feudi di Shegar e Khaplu, e, tenendo quest’ultimo come base, si arriva fino a Hushe, vicinissimi al Masherbrum ed al Chogolisa. Questo tratto si svolge nel bacino dello Shyok, che fluisce dalla ormai vicina valle di Nubra, punto più settentrionale del Ladakh. Si inizia quindi l’avvincente traversata verso ovest che porta tra i monti dell’Hindu Kush. Da Skardu, per tornare a Gilgit, si seguono le acque dell’Indo, una rotta più settentrionale di quella seguita arrivando, e, da qui, si prosegue per il Chitral. A nord di Gupis, nell’area più centrale, si esplora la valle di Yasin fino al suo limite settentrionale, dove le vette cingono i bordi meridionali del Wakhan, e, proseguendo poi attraverso il celebre passo dello Shandur, si arriva a Mastuj nella regione del Tirich Mir, il più alto colosso di tutto l’Hindu Kush. Ci si inoltra tra le valli che portano fino alle sue falde meridionali immersi nell’estrema bellezza della natura, scoprendo luoghi rarissimamente visitati abitati dai tenaci citrali, un’etnia che ha la propria lingua ed ha mantenuto l’indipendenza fino al 1947, godendo anche delle acque calde di una fonte termale vicino al confine afgano. Giunti a Chitral, dove il forte testimonia l’autonomia di questo regno fino alla sua volontaria assimilazione nel Pakistan, ci si immerge tra le remote valli dei Kalash, un popolo che oggi è formato da poche migliaia di persone che preservano un patrimonio etnico e culturale unico, con tratti somatici caucasici ed una propria lingua e religione. Si sosta tra loro per due notti, avendo modo di visitare i villaggi delle tre valli da loro abitate e di assistere alla festività dell’Uchal Joshi, la celebrazione estiva che coinvolge l’intera popolazione, con i balli ritmati dai tamburi eseguiti nei costumi tradizionali, che le donne usano tutti i giorni, resi spesso vivaci dall’assunzione a fini rituali del vino da loro prodotto per le ricorrenze. Si rientra da qui verso le pianure passando da Dir e visitando Takh Bahi, antico complesso buddista, oggi parte del patrimonio UNESCO, che offre resti archeologici Gandhara tra i meglio preservati, ed arrivando a Peshawar per una visita di questa antica città, che presenta un bazar tra i più variopinti e vivaci. Proseguendo per Islamabad ci si reca a Taxila, l’importante sito archeologico UNESCO, e si completa il tour al Raja Bazar di Rawalpindi.
IL PAKISTAN
GEOGRAFIA E GENTE
La Repubblica Islamica del Pakistan, posizionata tra Iran, Afganistan, Sinkiang a dominio cinese ed India è grande quasi tre volte l’Italia con una popolazione per il 96% musulmana di circa 230 milioni di persone, in gran parte concentrate nelle regioni di pianura che si affacciano al fiume Indo partendo dalla capitale Islamabad, ai bordi delle montagne, a Karachi, sulle sponde del Mar Arabico. Il vasto deserto del Balochistan, che occupa la parte più occidentale a sud dell’Afganistan, è poco abitato e la regione montuosa del nord, dove si svolge il viaggio, ha una pressione abitativa contenuta. Il nord del Paese è un territorio affascinante, un succedersi senza fine di montagne, fiumi e vallate ornato da paesaggi grandiosi. Si trovano qui ben 5 dei 14 “8000”, oltre ad un incredibile numero di monti sopra i 7000 metri, di cui parecchi ancora inviolati, e la regione è la meta di un gran numero di spedizioni alpinistiche: dal Tirich Mir (7708 mt), punto più alto dell’Hindu Kush, al K2 (8611 mt), punto più alto del Karakorum, al Nanga Parbat (8126 mt), bastione occidentale dell’Himalaia. Tra queste colossali catene risiedono diverse popolazioni con caratteristiche distinte. Tra queste troviamo ad est i Baltì, giunti qui dal Tibet che oggi sono in maggioranza sciiti. A nord di Gilgit gli Hunza, un popolo che formava un proprio regno fino al 1974 con una lingua non associabile ad altre, un fatto che rende un poco misteriosa la loro provenienza; e, oltre Karimabad, che è il centro principale degli Hunza, e fino al Sinkiang, i Wakhi di origine pamira, che, come gli hunza, sono in maggioranza ismailiti. È interessante sapere che gli hunza hanno affascinato l’Occidente perché da alcuni autori vennero associati al mitico regno di Shangri-La, un magico luogo dove la leggenda vuole che non si invecchi – tanto che le loro albicocche recentemente venivano esportate come elisir di lunga vita!
Fuori da queste aree, con le importanti eccezioni dei distretti del Kohistan, dove predominano i dialetti hindko, e di Chilas, dove predomina la lingua shina, entrami idiomi di origine indo-ariana, e della regione dell’Hindu Kush abitata dai Chitralis, dove si parla khovar, anche quest’ultima del ceppo indo-ariano, la maggior parte delle altre regioni settentrionali è abitata da diversi gruppi Pashtun. Questa importante etnia, che nel suo grande insieme costituisce circa il 15% della popolazione del Pakistan, ed è composta da diverse tribù e clan che originano dalla Persia, come si evince anche dalla loro lingua, che è molto vicina al persiano. A ridosso del confine afgano ad ovest, tra i monti dell’Hindu Kush, completa questo variegato insieme etnico il piccolo, interessantissimo gruppo dei Kalash, di cui si accenna più avanti, nel paragrafo a loro dedicato.
ORIGINE E STORIA
Il Paese ha origine dalla partizione dell’India che seguì la disgregazione dell’impero coloniale britannico, e il Pakistan ha tutt’ora una posizione molto conflittuale con l’India per via dei disputati confini nordorientali. Copre un territorio dove le vicende storiche originano in tempi antichissimi con la Civiltà dell’Indo, che ebbe inizio circa 2800 anni a.C., e di cui si trovano i resti più importanti ad Harappa e Mohenjo-Daro, dove la cultura indo-ariana diede origine a forme di scrittura tra le più antiche conosciute e sviluppò i profondi contenuti religiosi e filosofici vedici, uno dei pilastri principali della moderna civiltà dell’Uomo. Seguì il grandioso periodo della civiltà di gandhara, che ci ha lasciato un’importante eredità con le sue raffigurazioni artistiche nate dalla fusione di stili ellenistici e persiani, che ebbe il suo centro principale a Taxila, le cui fertili terre furono poi parte di diversi imperi, dagli Acheminidi persiani alla conquista di Alessandro Magno ed al grande impero dei Maurya, che si estese fin qui dalle pianure gangetiche dell’India.
Nel 711 d.C. iniziò la conquista islamica che indusse l’avvento di diversi regni che si contesero la regione, con il periodo forse più significativo legato alle dinastie imperiali islamiche Mughal, che avevano il proprio epicentro nell’attuale India. Con l’affievolirsi dei Mughal, fino all’avvento dei tempi coloniali nel XIX secolo, vi furono diversi passaggi, incluso un dominio Sikh di parte dei territori.
Tra il 1800 e gli inizi del 1900 la regione fu poi uno dei teatri del “Grande Gioco”, quando Russia ed Inghilterra combatterono una feroce guerra, senza mai sparar colpo ma condotta tramite diplomazie e servizi segreti, per ottenere il predominio di diversi territori tra il Medio Oriente, l’Asia Centrale ed il Subcontinente Indiano.
L’ETNIA KALASH
L’etnia Kalash oggi è formata da circa 5000 persone che vivono nelle vallate di Bumburet, Rumbur e Birir, tra le montagne dell’Hindu Kush della regione del Chitral, nel nord ovest del Pakistan a ridosso del confine afgano. Grazie al loro isolamento ed alla loro determinazione sono riusciti a mantenere la propria identità nel corso dei secoli, nonostante le continue invasioni (perfino gli eserciti di Tamerlano arrivarono qui!); ma dovettero indietreggiare e ripiegare verso queste remote valli, dove li si trova ancora oggi. Conservano caratteristiche fisiche, linguistiche e culturali che li distinguono nettamente dalle popolazioni circostanti. Sulla loro origine si sono dette diverse cose; fino a tempi recenti un’accreditata teoria asseriva che fossero i discendenti dei macedoni. Infatti sembra che nel IV secolo a.C. Alessandro Magno avesse lasciato alcune legioni di guardia tra queste valli, i cui soldati poi vi rimasero mescolandosi con la popolazione locale, dando così vita a questa nuova etnia. Recenti studi hanno però verificato che il DNA dei kalash è simile a quello di alcune popolazioni dell’Asia centro meridionale, quindi non associato ai macedoni. In aggiunta, c’è da osservare che il kalashamun, la loro lingua, non ha questa attinenza, e, pur appartenente al ceppo indoiranico, non ha alcuna facile associazione. In sintesi, nessuno sa bene da dove provengano!
I Kalash hanno resistito alle fortissime pressioni islamiche; essi venivano, e forse ancora oggi un poco lo sono, giudicati con disprezzo; la loro regione è chiamata Kafiristan, che vuol dire “Terra degli infedeli”: “kafir” infatti significa una persona che non accetta un principio e quindi non accetta l’Islam come sua fede. Nel corso dei secoli sono stati attaccati molte volte dai musulmani; in particolare alla fine del XIX secolo diverse valli da loro abitate in Afganistan subirono la conversione forzata e il territorio venne rinominato ‘Nuristan’, o ‘terra della luce’, per distinguerlo dal precedente, ‘terra degli infedeli’.
I Kalash professano un credo sciamanico e politeista, mantenendo vivo il culto di spiriti protettori delle vette, della natura e del fuoco. Immaginano che il mondo sia sotto la protezione degli spiriti degli antenati che vegliano su di loro. Credono che alberi, pietre e fiumi abbiano un’anima, e venerano una sorta di dio creatore, Desau, che è concepito circondato da altre figure, che sono i suoi messaggeri. Una particolarità è che viene coltivata l’uva e prodotto il vino, che viene solitamente usato per motivi rituali e non bevuto quotidianamente; è usuale bere in particolare nel solstizio invernale, per cercare un maggior contatto col divino. Tradizionalmente i defunti venivano deposti in bare sopra terra, nelle apposite aree cimiteriali vicine agli ingressi dei villaggi, e sembra che questa prassi avesse una funzione di protezione contro le influenze negative.
Da un punto di vista sociale i Kalash hanno avuto tradizionalmente un approccio comunitario e per gli scambi l’uso era il baratto. Chi aveva prodotto in eccedenza metteva a disposizione della comunità quello che era in più del necessario ed erano gli anziani a decidere come distribuirlo, non vi era un accumulo di benessere personale; in cambio il donatore aveva una posizione di rispetto ed era ben apprezzato dalla comunità. Le donne sono persone libere e non si utilizza il chador.
NOTA TECNICA
SISTEMAZIONI – Il Pakistan richiede un certo grado di adattabilità: tutto perfetto per un viaggiatore, ma potenzialmente difficile per un “turista”. Fuori dalle città le sistemazioni sono semplici e non paragonabili allo standard occidentale, inoltre al festival dei Kalash ci saranno anche diversi turisti locali con uno spazio ricettivo molto limitato, ma ci si adopererà nel miglior modo possibile per rendere il soggiorno confortevole. A Fairy Meadows sul Nanga Parbat si alloggia per due notti in un piccolo bungalow di legno, ma dotato di bagno proprio e riscaldato. Alcune sistemazioni difettano di manutenzione ordinaria (idraulica ed elettrica) ma l’accompagnatore e la guida locale cercheranno di risolvere qualsiasi tipo di disagio possa accadere.
PASTI – I pasti sono tutti inclusi e si cerca di offrire una cucina più varia possibile, diversa in base alle varie zone del Paese. Vengono proposti pollo, spiedini di carne, riso, verdure, frutta secca, con molti piatti che si trovano anche nella cucina indiana, come il dhal e i pakora. Il tutto sempre accompagnato da yogurt, pane tipo chapati, a volte croccante altre volte più morbido, e viene servito il tipico chai o tè caldo. Vi è così un’ampia scelta valida anche per i vegetariani.
ITINERARIO – Le strade tra i monti, esclusa la Karakorum Highway che attraversa le montagne dalle pianure fino al confine con la Cina, a volte sono mal tenute e vi sono anche dei tratti sterrati. Per gli spostamenti si utilizza un pulmino tipo Toyota Coaster da Islamabad a Raikot e da Ayun ad Islamabad; per il resto del percorso veicoli 4 x 4, solitamente dei Landcruiser o simili e, nei tratti dove è obbligatorio per via delle leggi di transito, delle jeep locali. I tempi di percorrenza indicati sono stati testati e tengono in considerazioni anche le diverse soste.
CLIMA E ATTREZZATURA – Il clima è vario, dal caldo di Islamabad e di Peshawar alle notti più fresche in montagna e nelle valli di Skardu, Hunza e dei Kalash. Si consiglia quindi una giacca un po’ pesante per la sera, mentre di giorno una maglietta va bene. Sempre utile portare son sé una giacca antivento impermeabile e per le donne un velo per coprire la testa dove richiesto. Servono scarponcini tipo trekking, anche se leggeri, per le passeggiate previste. Si tenga anche conto che quando si sale a Fairy Meadows serve portare con sé il necessario per due notti, con un percorso in salita di circa due ore – nel caso è possibile avere un aiuto dalle persone del luogo per una cifra modesta; va ricordato che serve uno zaino adatto e che il grosso del bagaglio si può lasciare nel pulmino alla base della salita. Se fosse ritenuto necessario, avvisando per tempo con un piccolo extra è anche possibile avere a disposizione un cavallo per la salita.
WIFI, SIM, ELETTRICITA’ – Il wifi sarà disponibile quasi ovunque ma a volte con segnale molto debole. Si consiglia quindi per precauzione di prendere una SIM locale; il nostro corrispondente potrà essere di aiuto per questo. Le prese di corrente sono bipolari, come quelle che si trovano in Italia.
CAMBIO – È possibile farlo in aeroporto e nelle maggiori città, e la guida locale si adopererà ove necessario per trovare soluzioni di cambio in ogni luogo. Si segnala che le carte di credito sono diffuse solamente nelle grandi città e si consiglia quindi di avere con sé del denaro contante, tenendo presente anche che i dollari sono la valuta preferita.
ACQUISTI – Ci si potrà sbizzarrire negli acquisti nei bazar che si incontrano sul percorso: dai vestiti pashtun con relativo cappello pakol per gli uomini, ai colorati sari o shalwar, pashmine e foulard in seta per le donne (si potrebbero anche comprare dei burqa!). Si trovano anche ottima bigiotteria (orecchini, collane, bracciali), gemme e tappeti. Sicuramente è facile individuare qualcosa di interessante da portare a casa.
PERICOLOSITA’ – Se ci si chiede se in queste regioni ci siano dei pericoli la risposta è semplice: no. Si resterà positivamente colpiti dall’amichevolezza e ottima disponibilità delle persone. La parte più temuta da molti è la zona dei Kalash che è a ridosso dell’Afghanistan, ma si tenga presente che il confine è molto controllato.
Programma del viaggio
1°g. Martedì 1 agosto, partenza per Islamabad
Per raggiungere Islamabad vi sono diverse possibilità di volo e Amitaba può prenotare quello preferito dai viaggiatori.
2°g. 2/8 Islamabad
Arrivo a Islamabad dove è in attesa dei partecipanti la guida locale; ci si trasferisce presso Hotel Hillview o similare. Dopo un poco di relax si pranza e si fruisce del pomeriggio per visitare la città, che venne appositamente costruita durante gli anni ’60 nei pressi di Rawalpindi per fungere da capitale del Paese. Si inizia dal grande monumento nazionale: a forma di fiore di loto, una ben proporzionata grande opera moderna che vuole caratterizzare gli elementi regionali e tipici che costituiscono il Pakistan; di fronte si trova il Museo Nazionale, che ritrae la storia del Paese. Si prosegue con il Lok Virsa (Museo Nazionale di Etnologia) e la grande Moschea Shah Faisal, tra le più ampie al mondo, che presenta un’architettura unica e moderna ed è accessibile anche ai turisti. Si completa salendo sulle colline di Margalla, ottimo punto panoramico per una visione d’insieme della città dall’alto. La cena è in un ristorante tipico.
3°g. 3/8 Islamabad – Mingora (Swat)
Si parte in direzione nord ovest per la valle dello Swat, che dista 230 km, circa 3 ore e mezza di auto, dove il centro principale è Mingora, una cittadina con oltre 300.000 abitanti adagiata sulle sponde del fiume Swat a 984 metri di quota; si alloggia qui presso il Pameer Hotel (pameerhotel.com) o similare. Nei dintorni di Mingora vi sono diversi siti legati alla storia di questa regione, dove fiorì la magnifica civiltà buddista di Ghandara, l’antico regno che dominò questa regione fino al 500 d.C., reso celebre per la qualità delle opere d’arte, che offrono uno stile con richiami ellenistici che influenzò gran parte dell’Asia. Nel corso della giornata si visitano, prima di giungere in città, lo Stupa di Shingandara che secondo la tradizione contiene, come quello di Taxila, una reliquia del Budda. Quindi lo Stupa di Saidu Sharif, dove, oltre ai resti di uno Stupa, vi sono le rovine di un monastero, il sito buddista di Butkara 1, che risale al III secol a.C., con al centro il basamento di un grande Stupa a pianta circolare, e Butkara 3, circoscritto e suggestivo, che gli archeologi hanno fatto emergere scavando il bordo di un colle. Ci si reca quindi al Museo dello Swat, che è stato creato da noi italiani: raccoglie molti reperti d’epoca Gandhara e vi si ammirano anche la jeep del Tucci ed i suoi strumenti di lavoro. Si completa questa interessante giornata recandosi fuori città (circa mezz’ora di guida) in una bella valle a nord per ammirare il Budda rupestre di Jahan Abad. Lo si raggiunge salendo a piedi in circa mezz’ora, con la parte finale ripida e scalinata. Il luogo è magico con magnifiche rocce dalle forme morbide in vista della valle col fiume; l’opera, di squisita fattura, risale al VII secolo. Nel 2007 venne gravemente danneggiata dagli estremisti musulmani, ma successivamente restaurata da un esperto italiano, l’archeologo Luca Olivieri.
4°g. 4/8 Mingora – Passo di Shangla – Chilas
Si parte in direzione nord est per Chilas, che da qui dista quasi 300 km, circa 8/9 ore di viaggio. La tappa è tra le più lunghe, un tragitto senza validi punti di sosta intermedi, necessario per raggiungere le regioni del nord, che si dipana tra bellissimi scenari. Si lascia Mingora procedendo per un breve tratto verso nord e si lascia la valle dello Swat verso est inoltrandosi tra i monti ed arrivando al passo di Shangla, dove si transita a circa 2130 mt di quota, e, proseguendo verso est, si seguono le valli arrivando fino al grande fiume Indo nei pressi di Besham (90 km da Mingora). Qui si approda sulla mitica “Karakorum Highway”, la strada che si snoda per 1300 km collegando il Pakistan al Sinkiang a dominio cinese, un’opera che richiese 16 anni di lavoro: fu aperta nel 1978 e costò la vita a più di mille lavoratori. Nei prossimi giorni se ne seguirà il percorso fino al cuore del Karakorum; ora si risale il flusso delle acque del possente Indo costeggiandone le turbinose acque superando in diversi tratti gole profondissime, sempre contornati da monti arditi ed altissimi, in direzione nord est fino a Chilas. Procedendo, si attraversa anche la zona dove è in corso la costruzione di una gigantesca diga che creerà nei prossimi anni un lago che pare arriverà fino a Raikot. Nei dintorni di Shatiyal si trovano antichi graffiti rupestri incisi a partire dal IX secolo a.C., con testimonianze più recenti fino al XVI; alcuni di questi sono facili da vedere perché posti vicini alla strada. Giunti a destinazione si pernotta presso lo Shangrilla Hotel.
5°g. 5/8 Chilas – Dimroi (Valle di Diamir) – Gilgit – Karimabad
Uscendo da Chilas si ammirano degli interessanti graffiti buddisti, posti vicino alla strada. Si continua lungo l’Indo per una trentina di chilometri e lo si lascia seguendo con delle jeep locali una stradina sterrata che si inerpica verso sud arrivando (circa 13 km) di rimpetto all’imbocco della valle che porta, oltre Dimroi, verso il campo base del versante occidentale del Nanga Parbat, la mitica parete di Diamir. L’obbiettivo è di coglierne una visuale, che dall’austero monte solitamente al mattino viene concessa: l’escursione verticale della visuale è formidabile, circa 7000 metri. Tornati sulla “Karakoram Highway” si continua lungo l’Indo passando di fronte al versante settentrionale del Nanga Parbat, dove si tornerà tra quattro giorni, e, arrivati alla confluenza col fiume Gilgit, si prosegue verso nord seguendolo fino all’omonima cittadina (116 km da Dimroi), e, proseguendo verso nord ora lungo il fiume Hunza si contornano le falde del Rakaposhi, che nella lingua locale significa “Muro Splendente”, e svetta nel cielo a 7788 mt, con diversi punti panoramici particolarmente impressionanti. Se non si è fatto troppo tardi, la pausa pranzo si fa in vista della colossale montagna. Lungo il tragitto si nota in più punti la traccia dell’antica strada, originariamente adatta al transito degli animali da carico ed ampliata in diversi punti a fine degli anni ’50 per poter passare con le jeep, che fu uno dei percorsi dell’antica “Via della Seta”. Un termine questo coniato dal geografo tedesco Ferdinand von Richthofen nel 1877 per indicare i collegamenti composti dal reticolo di strade che, per centinaia di anni, unì i commercianti (ma non solo) tra Occidente ed Oriente. A seguito della costruzione negli anni ’70 della “Karakoram Highway” questo percorso tradizionale entrò in disuso ma, grazie ad un’iniziativa dell’Aga Khan Cultural Service finanziata dai norvegesi, alcune parti sono state restaurate. Infatti in questa regione vi sono moltissimi aderenti alla corrente ismailita sciita che fa capo a questo prestigioso personaggio, ed a volte, sui versanti dei monti nelle aree più settentrionali, si vedono grandissime scritte create con i sassi chiari che inneggiano a lui ed alle sue visite qui. Arrivati a Karimabad (Baltit), centro principale della valle di Hunza, si alloggia presso il Darbar Hotel, avendo un’ottima visuale sulla vallata con il possente Rakaposhi di fronte, verso sud. La tappa da Chilas è di circa 220 km (approssimativamente cinque ore), più la deviazione per Dimroi. Tempo permettendo, ci si reca ad ammirare il tramonto dal punto panoramico di Duiker, sopra Baltit, dove si gode di una magnifica vista. Un aspetto carino di Baltit sono anche i simpatici negozietti che offrono prodotti di artigianato.
6°g. 6/8 Karimabad ed escursione alla valle di Nagar e ghiacciaio Hopper
Al mattino si iniziano le visite nella valle, cuore pulsante del popolo degli hunza, visitando il forte di Baltit, dal tipico stile tibetano e perfettamente restaurato, che fu la sede del Mir, o Re di Hunza, uno stato che fu indipendente per circa 800 anni fino alla volontaria annessione al Pakistan, completata nel 1974. Ai piedi del forte vi sono tanti bei negozietti, che si potranno poi vedere con calma nel tardo pomeriggio. Completata la visita si parte per la valle di Nagar attraversando il fiume Hunza e risalendo il fiume Nagar; i panorami sono spettacolari e la gente della valle, nella maggioranza di tradizione sciita, è ospitale ed amichevole, un popolo tenace e nella storia fieramente rivale del feudo di Baltit ed Altit, che è riuscito a trasformare quello che era un deserto in una vallata ricca di alberi e coltivazioni, creando dei prati anche sui pendii più alti grazie ad un’irrigazione ingegnosa. La strada termina alla morena del grande ghiacciaio di Hopper (circa 22 km da Karimabad): una breve passeggiata porta ai fantastici punti panoramici che lo sovrastano, una possente lingua lunga 14 km su di cui si ha una visuale quasi completa di tutta la sua escursione, con a contorno monti arditi sormontati da possenti masse di ghiaccio. Si pranza qui e, rientrati a Karimabad si visita il forte di Altit, edificato circa 300 anni prima di Baltit che funse originariamente da Palazzo, anche questo ben restaurato e contornato da negozietti; ai suoi piedi sorge un villaggio tradizionale, dove ci si addentra tra le piccole stradine per scoprire la vita locale, con la grande vasca dove a volte i bimbi del villaggio fanno il bagno nella torbida acqua. Si torna quindi in hotel e si avrà del tempo per visitare i negozi della zona di Baltit; la cena è in un ristorante tipico.
7°g. 7/8 Baltit (Karimabad) – Passu (2500 mt)
Si continua lungo la “Karakoram Highway”. Sul percorso si ammirano delle incisioni rupestri e si osservano le tracce dell’antico percorso della Via della Seta; colpiscono anche gli arditi canali di irrigazione che passano altissimi ed in alcuni punti attraversano strette gole con piccole condotte, che tradizionalmente erano fatte col legno: gli hunza sono celebri per essere riusciti ad irrigare luoghi dove nessun’altro ne sarebbe stato capace! Dopo una ventina di chilometri si arriva ad Atta Abad, dove nel 2010 una gigantesca frana bloccò il fiume Hunza per circa 5 mesi formando un grande lago che ha sommerso alcuni villaggi e la stessa strada, che dovette essere ritracciata con l’ausilio di parecchi tunnel. La catastrofe causò la morte di una ventina di persone e ci ha lasciato come eredità un grande lago, divenuto oggi un’attrazione turistica. Si transita da Gulmit, un villaggio di montagna dove vi è anche una cooperativa di donne che tesse dei bei tappeti e vi è una casa tradizionale allestita a piccolo museo (si potrà venire qui dopo la passeggiata). Poco oltre si ammira la bocca del ghiacciaio Ghulkin che arriva fin quasi alla strada e si vede il lungo ponte sospeso di Hussani, una sorta di attrazione turistica per i locali con tanto di “zipline”. Utilizzando delle jeep locali e percorrendo una strada per gran parte sterrata si raggiunge il lago di Borith, nei pressi della morena del ghiacciaio di Passu, dove, solitamente dopo la passeggiata, si pranza in un rifugio locale. Si prosegue con i mezzi arrivando vicinissimi al bordo del ghiacciaio iniziando un magnifico percorso a piedi lungo il bordo dello spettacolare ghiacciaio, con grandiose visuali all’intorno; lo scenario è stupendo già dopo dieci minuti di cammino, ma si consiglia di arrivare fino al punto panoramico più in alto, ci vuole poco più di mezz’ora, e chi se la sentisse può anche provare ad andare oltre. Completate le esplorazioni si ridiscende alla “Karakoram Highway” e, tempo permettendo, si va al villaggio di Gulmit prima citato, proseguendo poi per il vicino villaggio di Passu, non lontano dal confine col Sinkiang a dominio cinese, dove si alloggia in un hotel di pietra circondati da imponenti montagne, il Silk Route Sarai Hotel o similare: di fronte si staglia la “Cattedrale”, uno dei monti icona della regione. Passu dista meno di 50 km da Karimabad.
8°g. 8/8 Passu, escursione a Shimshal (3100 mt)
Poco oltre Passu si apre verso est la fantastica valle di Shimshal, diventata raggiungibile coi mezzi solo dal 2006 grazie al tenace sforzo dei suoi abitanti che l’hanno costruita e che ne curano la manutenzione, Questa zona era nota localmente per essere il luogo meno accessibile di tutta questa regione del Karakorum: alcuni tratti delle gole dei ripidissimi versanti di accesso erano transitabili solo passando su pioli di legno infilati nelle rocce a picco sul fiume ruggente ed i tenaci abitanti di questi remotissimi luoghi, in caso di pericolo, per impedire l’accesso semplicemente … toglievano i pioli. Una mitica valle incastona in una delle aree più inaccessibili del Karakorum, il cui villaggio principale, posto a 3100 di quota, è anche il luogo stabilmente abitato più alto della regione. Si parte presto utilizzando le jeep locali e, attraversato il fiume Hunza, ci si immerge nelle spettacolari e profondissime gole dove la stradina sterrata a tratti passa molto alta. Si ha un primo scorcio sulle alte vette ammirando la cuspide glaciale del Karon a nord e, giunti alle porte dell’alta valle di Shimshal, il ghiacciaio Malungut formato dallo straordinario anfiteatro del Disteghil Sar (7885 mt), che qui si staglia a sud, si appoggia fino al letto del fiume proprio di fronte a noi! Giunti al villaggio di Shimshal (73 km circa da Passu, tre ore di guida o poco più) si incontra una popolazione molto ospitale di circa 2000 persone, conosciuta in ambito alpinistico come gli “Sherpa pakistani” per il gran numero di guide e portatori di estrema capacità che giungono da qui; un posto tranquillo e bello da conoscere. L’esplorazione prosegue (per chi non ne avesse voglia, è già molto bello giungere fino a qui) con un breve tratto in jeep arrivando al sentiero che porta fino al punto panoramico del ghiacciaio di Yazghel, dove si giunge con un percorso che richiede da due a tre ore. Si cammina in piano fino al bordo della morena e quindi si risale la valletta lungo il suo bordo sud arrivando a circa 3450 mt di quota … e qui!!! Di fronte a noi il mare candido di ghiacci dello Yazghel che ricorda le onde di un mare in tempesta scorre vasto ai nostri piedi e curva verso Shimshal; oltre ad est, lontano, si osserva la bocca del ghiacciaio Kurdopin e, in testa al ghiacciaio, il colossale anfiteatro glaciale formato da Yutmoro (7330 mt) e Pomeri Kish (7400 mt) che culmina con il Kunyang Chish (7852 mt), un esoterico colosso quasi sconosciuto al mondo, anche per via dell’assoluta remotezza della posizione. Si torna da qui alle jeep e si rientra in serata a Passu.
9°g. 9/8 Passu – Raikot Bridge (1200 mt) – Tato (2570 mt) – Fairy Meadows al Nanga Parbat (3306 mt)
Si parte presto ridiscendendo la strada già percorsa, potendo godere ancora una volta degli scenari della regione. Giunti a Gilgit ci si reca a visitare il Budda rupestre di Kargah, scolpito nella roccia nel VII secolo: è alto una quindicina di metri e posizionato sotto una sporgenza naturale che lo incornicia in modo suggestivo. Si prosegue sempre verso sud superando la confluenza tra i fiumi Gilgìt e Indo e si giunge al ponte di Raikot (207 km, circa cinque ore), dove si era transitati il 5/8. La confluenza dei due grandi fiumi è un luogo geograficamente molto significativo, oltre che estremamente bello: qui si affacciano le 3 catene montuose più alte del mondo, il Karakoram, l’Himalaia e l’Hindu Kush e dalla confluenza spesso si ha la visione della vetta del Nanga Parbat (8126 mt), una panoramica che presenta un’escursione verticale di quasi 7000 metri, tra le più accentuate del pianeta Terra! Si potrà lasciare il grosso del bagaglio a Raikot portando con sé solo quanto potrà essere necessario per le due notti, tenendo presente che per arrivare al punto di sosta oggi si fa un percorso a piedi in salita che richiede fino a tre ore. (Chi non fosse in grado o non volesse portare da solo le proprie cose, con una piccola spesa si può avere un aiuto da parte delle persone del luogo. Se fosse utile è anche possibile utilizzare un cavallo o un mulo per la salita, con un costo contenuto). A Raikot si lascia il mezzo utilizzato fino ad ora e si parte con le jeep locali inerpicandosi lungo una stradina sterrata sui versanti desertici del fiume Indo, fino a raggiungere l’imbocco della valle che porta dritta alla base del versante nord del Nanga Parbat, dove, mentre si sale di quota, grazie all’apporto delle nevi, ci si trova gradatamente in un ambiente arboreo, con prati e pinete che ornano il magnifico paesaggio. Il percorso jeeppabile termina al villaggio di Tato a 2570 mt di quota, dove si arriva in circa 2 ore. Da qui inizia la camminata, che richiede da due a tre ore; il sentiero è largo e comodo senza tratti eccessivamente ripidi e porta in vista della bocca del ghiacciaio Raikot, attraverso boschi di bellezza elfica con la visuale della parte nord proprio di fronte. Giunti a Fairy Meadows (3306 mt), tra magnifici prati di bellezza elfica (il nome “Fairy”, elfo in italiano, è ben calzante qui!) con vista sul Nanga Parbat, si alloggia nei piccoli cottage di legno del Sarai o del Green Land Resort (con bagno in camera).
10°g. 10/8 Fairy Meadows, esplorazione e Campo Base del Nanga Parbat
Si dedica la giornata all’esplorazione di questa grande area impreziosita dal verde delle foreste e della natura, una vera oasi posta sopra alle aridissime vallate sottostanti, incastonata tra monti glaciali giganteschi, decisamente un luogo eccezionale. L’obiettivo più ambizioso, per chi se la sente, è percorrere il sentiero che serpeggia fino al Campo Base del Nanga Parbat, posto a circa 4000 mt di quota. Ma non è necessario arrivare fin là per godere del luogo; un’ottima prima meta, che può essere raggiunta anche utilizzando un docile cavallo, è il punto panoramico situato a 3667 mt, che si affaccia sulla tumultuosa lingua del ghiacciaio del Raikot che fluisce dalla parete nord del Nanga Parbat. Una visione eccezionale, viene alimentato da tutte le cascate di ghiaccio che formano il gigantesco anfiteatro che culmina nella vetta di 8126 mt; a nord lo sguardo spazia verso la colossale catena formata dal Rakaposhi, dal Diran e dal gruppo dell’Haramosh. Se si desidera invece arrivare fino al campo base vanno previste almeno sette ore di cammino tra salita e discesa.
11°g. 11/8 Fairy Meadows – Raikot Bridge – Tarishing: valle di Rupal del Nanga Parbat (2911 mt)
Si torna a piedi al villaggio di Tato, dove si ritrovano le jeep locali per scendere al ponte di Raikot e, da qui, si prosegue il viaggio con delle jeep, tipo Toyota Landcruiser o simili, che verranno utilizzate fino ad Ayun (22/8). Si risale per un breve tratto (12 km) la “Karakorum Highway” e la si lascia seguendo verso sud est la stradina che si inerpica per le ripide valli che aggirano il Nanga Parbat verso il villaggio di Astore. Oltre Astore si continua ancora verso sud e quindi si devia dal percorso principale seguendo la strada, in parte sterrata, che sale ad ovest fino a Tarishing, nella valle di Rupal, un villaggio situato tra campi ben accuditi dove molte casette sono colorate con colori vivaci, una piccola enclave sciita in quest’area che è in larga parte sunnita. Siamo ai piedi dell’imponente omonima parete del Nanga Parbat che torneggia nel cielo, con la vetta del Raikot (7070 mt) che svetta proprio sopra al villaggio. Si alloggia presso il Rupal Resort Hotel; siamo a 87 km da Rakiot, circa 4 ore o più di guida in funzione delle condizioni in cui si trova la strada. Ci si reca a piedi in circa 20 minuti sul bordo della morena del ghiacciaio di Rupal a circa 3000 mt di quota, al cospetto della parete sud del gigante himalaiano; chi lo desidera può seguire la morena fino a circa 3200 di quota con panorami sempre più belli.
12°g. 12/8 Tarishing – Altopiano del Deosai (4114 mt) – Skardu (2500 mt)
Si parte presto scendendo dalla valle di Rupal e tornando al punto di deviazione di ieri (circa 19 km); si prosegue ora lungo la strada, in molti tratti sterrata, che porta attraverso l’altopiano del Parco Nazionale del Deosai fino a Skardu, un percorso di bellezza estrema; sono 156 km in tutto che richiedono 6 o 7 ore di guida. Si risalgono le vallate fino al colle che si apre sull’altopiano, avendo qui la bella visuale del lago di Sheosar (74 km); se il tempo è limpido da qui lo sguardo spazia ad est fino al Nanga Parbat. Queste vaste aree d’alta quota sono coperte da pasture naturali contornate dai rilievi e in questa stagione abbondano infinite distese di fiori dai colori diversi; è molto facile vedere le marmotte, mentre l’orso bruno, che ha qui un suo habitat ottimale, è difficile da incontrare. Scendendo dal plateau si entra nel Baltistan, si costeggia lo stupendo lago di Satpara, uno specchio splendente tra i monti aridi, giungendo e, prima di entrare a Skardu, si sosta per ammirare il Budda di Manthal, una magnifica raffigurazione rupestre datata tra il VII e il IX secolo. Si alloggia presso il Legend Hotel.
13°g. 13/8 Skardu – Shigar – Khaplu (2601 mt)
Skardu è il centro più importante della regione del Baltistan, situato in un’ampia valle dove il fiume Shigar confluisce nel maestoso Indo, storico punto di partenza delle spedizioni alpinistiche che da qui si recano nell’alto Karakorum, dove troneggia il K2 circondato da una foresta di colossi glaciali. Prima di partire si visita il Karphocho, la fortezza della cittadina che si staglia a picco sull’Indo e si raggiunge con una ripida salita a piedi, ottimo punto anche per i panorami. Oggi la prima meta e Shigar, che dista circa 50 km; si risale il corso dell’immenso Indo per un breve tratto e lo si lascia attraversandolo verso nord in un punto dove ci sono vaste distese di sabbia candida, un ambiente molto particolare in questo contesto di valli d’alta quota, e superato un colle ci si inoltra lungo la coreografica vallata che porta a quest’oasi, che storicamente fu un feudo indipendente. Qui si trova il Forte di Shigar, del 1634, trasformato oggi in un Boutique Hotel, che si visita, e, nel villaggio, si vedono due moschee storiche: Amburiq, un piccolo gioiello immerso tra le casette dei contadini che risale al XIV secolo, e quella principale, del 1602, entrambe edificate con la peculiare tecnica delle travature di legno frammiste ad argilla e sassi. Completate le visite di torna all’Indo e si prosegue verso est con un percorso molto bello che segue le anse del fiume fino alla confluenza con lo Shyok e da qui si segue questo fiume, che fluisce dalla valle di Nubra in Ladakh, sempre tra monti di inimmaginabile bellezza ed oasi d’alta quota create dall’irrigazione. Giunti al villaggio di Khaplu (109 km da Shigar, circa tre ore di guida), con splendidi scenari sui monti ed il poderoso fiume, si visitano il villaggio ed il forte del XVI secolo, dalla particolare architettura tibetana, dove si alloggia e si cena (oggi il forte è diventato il “Serena hotel”).
14°g. 14/8 Khaplu: escursione a Hushe (3048 mt)
La giornata è dedicata all’esplorazione della valle di Hushe, che si diparte verso nord dal fiume Shyok; se si proseguisse invece lungo questo fiume si arriverebbe dopo solo circa 60 km al punto di cessate il fuoco con l’India, tra i villaggi di Fraono (Pakistan) e Thang (India), alle porte della valle di Nubra. Poco oltre Khaplu si attraversa il grande fiume imboccando la stradina, con tratti asfaltati ed altri sterrati, che arriva fino al villaggio di Hushe a meno di 60 km da Khaplu. La vallata è contornata da un circuito di monti stupendi, impressionano molto le verticali, acuminate ed altissime pareti granitiche dei monti del gruppo del Haldi ad est; a nord svetta il magnifico Masherbrum (7821 mt), originariamente conosciuto come K1 in quanto verso il 1885 gli inglesi lo identificarono come il probabile punto più alto del Karakorum. I piccoli villaggi sono decisamente bucolici, con una serena ed amichevole popolazione in maggioranza di fede sciita che accudisce con amore e cura il territorio; si notano diverse moschee antiche, come al villaggio di Machulo ed altri. Giunti al piccolo villaggio di Hushe, composto da una cinquantina di case, si pranza nel rifugio costruito dagli spagnoli. Il luogo è il punto, solitamente di arrivo, di chi attraversa il passo alpinistico del Gondogoro (5585 mt) che collega questa valle al ghiacciaio di Baltoro che scorre dal K2. L’escursione richiede circa cinque ore di guida tra andata e ritorno, ma richiede parecchio di più per le frequenti soste che si fanno per ammirare questo ambiente inimmaginabile.
15°g. 15/8 Khaplu – Gilgit – Gahkuch (1899 mt)
Si affronta la tappa più lunga del circuito, la meta è il villaggio di Gahkuck, oltre Gilgit, ad ovest tra i monti dell’Hindu Kush, un tragitto di 379 km che impegna da 9 a 10 ore di guida. Si ripercorrono solo due tratti già visti, tra Khaplu e Skardu nella parte iniziale e poi dalla confluenza dell’Indo col Gilgit fino all’omonima cittadina: un ulteriore passaggio di queste aree, con luci e prospettive di direzione diverse, non potrà certo annoiare! Oltre Skardu si segue lo spettacolare flusso del fiume Indo seguendone le anse e turbolente acque fino al fiume Gilgit, dove s’incontra la “Karakorum Highway”, che si percorre per una trentina di chilometri e, oltre Gilgit, si continua verso nord ovest risalendo il fiume Ghizer per gli ultimi 76 km tra monti che ora appartengono alla grande catena dell’Hindu Kush, arrivando a Gahkuch, dove si pernotta presso il Green Palace Gahkuch.
16°g. 16/8 8 Gahkuch – Gupis (2176 mt) e valle di Yasin
Si continua in direzione ovest tra scenari naturali sempre molto belli fino al villaggio di Gupis, circa 45 km, dove, al rientro dalle valli di Yasin, si alloggia per la notte presso il Blossom Inn. Si lascia Gupis risalendo la valle del fiume Yasin che si dipana verso nord. Si passano diversi piccoli, remoti villaggi, abitati da tenacissime persone che popolano le piccole oasi di fondovalle riuscendo a ricavare la sussistenza tra queste montagne dalla bellezza straordinaria. Si arriva fino alle oasi d’alta quota di Darkut, alla testa della valle, poste al limite delle aree abitate dell’Hindu Kush, a ridosso della catena che cinge il bordo meridionale del corridoio del Wakhan. Sopra Darkut troneggia a sud ovest il Ghamubar (o Koyo) Zom (6518 mt), le cui lingue glaciali arrivano vicine al villaggio, uno scenario indimenticabile. Qui, con una passeggiata di circa mezz’ora, si può raggiungere il lago terminale della lingua glaciale più settentrionale del massiccio (3800 mt). Si rientra quindi a Gupis, che dista circa 60 km dalla testa di valle; l’esplorazione impegna fino a sera.
17°g. 17/8 Gupis – Shandur Pass (3738 mt) – Mastuj (2359 mt)
Da Gupis il viaggio continua lungo la storica direttrice di collegamento che giunge fino a Chitral, risalendo le valli che portano al passo dello Shandur a 3738 metri di quota. Lasciata Gupis s’incontrano i laghetti di Khalti e di Phander, con le vallate che sono ornate da bellissime e ben accudite oasi d’alta quota; sulle pasture più alte, solcate da acque dal colore turchese, i pastori accudiscono i loro greggi. Al passo, tra alti monti glaciali che cingono l’orizzonte, si trova un grande lago lungo la cui riva settentrionale si trova l’ormai celebre campo di polo dove, a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, si confrontano all’inizio di luglio in una sentitissima partita di polo le squadre del Chitral e di Gilgit – per via del Covid la partita era stata sospesa ma il grande confronto dal 2022 è ripreso. Oltre il passo si transita dal villaggio di Shandur e si segue il flusso del fiume fino a Mastuj, con diversi villaggi ed oasi che impreziosiscono l’ardito ambiente dei ripidi monti dell’Hindo Kush. Si alloggia presso il Noor Mahal Guest House; si percorrono circa 150 km che prevedono fino a 7 – 8 ore di viaggio.
18°g. 18/8 Mastuj – Garam Chashma (sorgenti calde – 2550 mt)
Da Mastuj si prosegue verso sudovest in direzione di Chitral; se il tempo è limpido verso sud si ha una bella visuale del Tirich MIr che troneggia sui monti aridi della lunga valle. Prima di raggiungere la cittadina si prende la deviazione verso ovest che porta in direzione dell’Afganistan e, risalendo una bella vallata piuttosto stretta con belle formazioni rocciose si arriva alle sorgenti calde di Garam Chasma. Si pernotta presso lo Innjigaan Hotel dove ci si si potrà rilassare nell’ampio giardino e fare il bagno nella piscina dell’hotel che è alimentata dalle acque delle sorgenti calde che qui sgorgano dalle alte vette dell’Hindu Kush. La tappa di oggi è di 140 km, circa 6 ore di viaggio.
19°g. 19/8 Garam Chashma – Susoom (Tirich Mir) – Chitral (1494 mt)
Si rientra verso valle per un tratto e, dal villaggio di Shogore, si segue la valle che sale verso nord est arrivando fino a Susoom. ai piedi della maestosa vetta glaciale del Tirich Mir (7708 mt), che offre il punto panoramico accessibile più spettacolare che si possa avere di questo esotico, vertiginoso monte, la cima più alta di tutta la catena dell’Hindu Kush. Si torna poi a valle arrivando alla strada principale che in breve conduce a sud a Chitral. È il centro principale della regione, storica capitale della dinastia dei Kator dal 1517 fino alla loro spontanea affiliazione al Pakistan nel 1947. Si alloggia presso il Pameer River View Hotel o similare; la tappa di oggi è di circa 90 km, 4 – 5 ore di guida.
20°g. 20/8 Chitral – Birir – Bumburet e Uchal Joshi Festival
Prima di lasciare Chitral si visita la bella moschea di Shahi, posta lungo il fiume, edificata nella prima metà del secolo scorso utilizzando gli ideali architettonici dell’arte indo musulmana. Ci si reca quindi al campo di polo, dove si trova il museo di Chitral, che offre due sale ben allestite dedicate una alla cultura locale ed una all’archeologica, per proseguire poi per Ayun da dove, percorrendo una strada sterrata, si arriva a Birir, la prima e più meridionale valle dei Kalash. Il villaggio, ubicato a 2150 mt, è il meno frequentato dal turismo e preserva molto bene le caratteristiche originali. Dopo il primo incontro con questa affascinante etnia si riprende la strada per Ayun e da qui ci si immerge verso ovest per raggiungere la valle di Bumburet, che tra le tre dei Kalash è la principale con cinque diversi villaggi. Si alloggia in una locanda gestita da una famiglia kalash, un luogo che richiede un minimo di adattamento, ma ben tenuto con stanze dotate di servizi; la quota qui è di 2500 mt. Si sosta qui per due notti, potendo così visitare valli e villaggi dei kalash e seguire il loro festival. Dopo cena si assiste alle danze del festival nella piazzetta del piccolo villaggio, tra il ritmo dei tamburi e gente festosa, con parecchie persone del luogo che assaporano un poco del loro vino.
21°g. 21/8 Bumburet e Uchal Joshi Festival
Oggi si visita passeggiando il villaggio dove si alloggia, includendo il sito cimiteriale (dove però non si vedono più degli scheletri esposti, una modalità tradizionale che non è più consentita dalle leggi pakistane), avendo modo di stare a contatto con la vita e le abitudini di questo piccolo popolo dalle origini misteriose. Le donne kalash, sempre sorridenti, indossano i loro neri abiti tradizionali ornati da accessori dai mille colori. Gli uomini vestono invece alla maniera degli altri pakistani locali. Si vedono anche doversi negozietti con i prodotti artigianali del luogo. Si raggiunge quindi l’interessantissimo Museo dei Kalash, costruito molto bene dai greci tra il 2002 ed il 2004: infatti i nostri vicini mediterranei sentono una certa affinità tra la tradizione ellenistica e questo popolo, ed hanno contribuito in più modi al mantenimento della cultura locale. Sopra al museo vi è una scuola, che è gestita dalla comunità locale con un sostegno finanziario greco. Nel pomeriggio si possono visitare degli altri agglomerati tradizionali e, dopo cena, ci si reca in uno di questi per partecipare alla festa dell’Uchal Joshi, che si svolge in modo simile a quella della serata di ieri.
22°g. 22/8 Bumburet – Rumbur – Dir
Ci si reca nella valle di Rumbur, ubicata a nord di Bumburet (circa un’ora di strada massimo) per assistere al festival, che qui oggi si svolge verso tarda mattina. Si visita il bel villaggio, che è ubicato a 2300 mt di quota, e si partecipa al festival tra danze, canti e musiche locali entrando in stretto contatto con la popolazione, che spesso è disponibile ad aprire le porte delle proprie case ai visitatori. Si torna poi nella valle del fiume Chitral ad Ayun e sin segue il corso del fiume in direzione sud lasciando quindi le valli di Chitral attraverso il traforo di Lowari, lungo cica 8 km, che evita la laboriosa salita all’omonimo passo, alto 3114, che resta chiuso per la neve parecchi messi all’anno. Oggi si raggiunge Dir, che dista da Ayun 80 km, utile punto per spezzare il tragitto verso Peshawar; si alloggia presso lo Shelton Rezidor Hotel o similare.
23°g. 23/8 Dir – Takht Bhai – Peshawar
Da Dir si prosegue fino a Chakdara (109 km), posta sulle rive del fiume Swat un poco più ad ovest di dove si era transitati il 3/8; da qui ci continua sempre verso sud attraverso lo storico passo di Malakan (circa 1300 mt), dove si notano ancora le fortificazioni costruite in epoca britannica, arrivando al sito UNESCO di Takh-i-Bahi, nei pressi della città di Mardan. Le rovine di questo monastero buddista sono tra le meglio preservate tra i resti archeologici di epoca Gandhara: il pittoresco ed impressionante complesso fu in utilizzo dal primo secolo a.C. fino al VII d.C. e vi furono trovate anche diverse raffinate sculture, che sono esposte nei musei del mondo. Si prosegue il viaggio per Peshawar, dove si alloggia presso il Shelton Rezidor Hotel o similare; la tappa di oggi è di 257 km, circa 6 o 7 ore. Si completa la giornata passeggiando nel grande e pittoresco bazar cittadino, un vero tuffo all’indietro nel tempo, con la moschea di Muhabat Khan Bala, dove è permesso entrare anche agli occidentali, e si ammira dall’esterno l’imponente forte di Bala Hisar, dove non è consentito l’accesso in quanto sede delle forze armate.
24°g. 24/8 Peshawar – Taxila – Islamabad
Si visita il museo di Peshawar, allestito in un magnifico edificio coloniale, che raccoglie stupende testimonianze del periodo Ghandara. Si lascia quindi la città in direzione di Islamabad; prima di arrivare nella capitale del Paese si sosta a Taxila, dove si trova una profusione di resti archeologici che spaziano un periodo storico di oltre un millennio, dal 600 a.C. al V secolo d.C. Si visitano il museo e gli Stupa e monasteri di Dharmarajika, Jaulian e Mohra Moradu, tutti parte del patrimonio UNESCO. Si prosegue quindi il viaggio arrivando a Rawalpindi dove si vede il lavoro di decorazione dei camion, che non sarebbe errato definire una tipica forma d’arte locale! Giunti ad Islamabad si alloggia presso lo stesso hotel dell’arrivo. Per chi è interessato, nei pressi dell’hotel si trova un quartiere con diversi ristoranti, negozi ed un centro commerciale locale ottimo per gli acquisti. La tappa di oggi è di 190 km, circa 3 o 4 ore.
25°g. 25/8 Islamabad e Rawalpindi
La capitale sembra quasi un poco astratta rispetto alla vicina Rawalpindi, che presenta una realtà piacevolmente caotica, intrisa della quotidianità della vita pakistana. Si visita quest’ultima avendo come punto di riferimento la zona del mitico Raja Bazar, che nei tempi coloniali era l’area prediletta per le residenze ed i commerci ed oggi è diventata il punto di scambio principale per le merci provenienti dai territori circostanti e settentrionali. Si avrà anche l’opportunità di fare interessanti acquisti. Dopo pranzo si ha del tempo libero a disposizione per un poco di relax e gli ultimi acquisti pre-partenza. In serata cena tipica per celebrare il grande viaggio che si è ora completato.
26°g. Sabato 26 agosto, volo di rientro
La maggior parte dei voli parte nelle prime ore del mattino ed arriva a destinazione il giorno stesso.
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Takh Bahi
GALLERIA FOTOGRAFICA

Il forte di Altit

Forte di Khaplu, Baltistan

Donna Kalash

Valle di Hunza

Nanga Parbat da Fairy Meadows

Fabbricazione del pakol (cappello locale)

Silk Route Sarai hotel

Rumbur, altare Kalash

Bazar di Peshawar

Altopiano del Deosai

Karakoram HIghway

Carovana di pastori, Deosai

Rakaposhi

Hunza, anziano

Peshawar, bazar

Incisioni, area di Baltit

Ghiacciaio di Ghulkin (Passu), strada di ritorno

Museo dello Swat, orme del Budda

Donne Kalash

Donna Kalash

Forte di Altit, interno

Budda di Manthal, Skardu
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