Pakistan
Grande esplorazione di Karakorum, Himalaia e Hindu Kush
Incontro con la storia e i mondi dei Pashtun, Hunza e Baltì, col festival Kalash

Donna Kalash

Valle di Hunza

Nanga Parbat da Fairy Meadows

Fabbricazione del pakol (cappello locale)

Silk Route Sarai hotel









Sintesi del viaggio
Partendo da Islamabad questa grandiosa, e molto completa, esplorazione del Pakistan settentrionale porta in tutte le superlative regioni di un territorio tra i più interessanti in assoluto al mondo, dove, immersi in una natura dalla bellezza superba tra innumerevoli, arditi monti glaciali che svettano ben oltre i 7000 metri, vivono popoli ed etnie con lingue, abitudini ed origini diversissime. Ad est, nel Baltistan, si arriva nel cuore del Karakorum fino alle falde del Masherbrum ed ai confini col Ladakh e si esplora lo sconosciuto altopiano del Deosai. Si vedono i tre versanti del Nanga Parbat, bastione occidentale della catena Himalaiana, arrivando ai piedi della storica parete nord e sul ghiacciaio di Rupal. Si visita nel migliore dettaglio la regione centrale degli Hunza, includendo le remote valli di Shimshal e Hispar, dove fluiscono alcuni dei ghiacciai più impressionanti del Karakorum. Si esplora estensivamente l’Hindu Kush arrivando, a nord, a ridosso del corridoio del Wakhan e, ad ovest, ai piedi del Tirich Mir, la superba vetta più alta della catena, e nelle tre valli dei Kalash, nei pressi del confine afgano.
- Islamabad
- Mingora (Swat)
- Chilas
- Gilgit
- Baltit (Karimabad)
- Hispar
- Passu
- Ghiacciaio di Ghulkin (Passu)
- Shimshal
- Raikot Bridge
- Fairy Meadows
- Tarishing
- Altopiano del Deosai
- Skardu
- Shigar
- Khaplu
- Hushe
- Gahkuch
- Gupis
- Darkut (Valle di Yasin)
- Mastuj
- Garam Chashma
- Susoom
- Chitral
- Birir (Kalash)
- Bumburet (Kalash)
- Rumbur (Kalash)
- Takht Bhai
- Peshawar
- Taxila
Presentazione del viaggio
In questo scenario, che supera ogni possibile immaginazione, si scoprono le diverse popolazioni, uno scenario umano altrettanto vario ed interessante. S’incontrano gli indomabili Kalash, la preziosa etnia di cui si condivide la grande festa estiva, la celebrazione dell’Uchal Joshi; e poi i fieri Pashtun, i sorridenti Hunza e gli amabili Balti, oltre ai Chitrali, ai Chilasis ed altri gruppi minori. Un ulteriore aspetto importante di questo ricchissimo tour è la scoperta di importanti siti archeologici: nella valle dello Swat, a Takh Bahi ed a Taxila, a cui si aggiungono le meno note, molteplici testimonianze storiche incastonate tra le valli impervie; e si completa con le visite dell’esotica Peshawar, punto di scambi dall’intensità impensabile, e della variopinta e caotica Rawalpindi.
Per apprezzare i contenuti del viaggio si consiglia di riferirsi al programma di viaggio. Per una visione d’insieme, segue qui una breve descrizione dell’itinerario.
Dopo una prima visita della capitale Islamabad si parte per la valle dello Swat arrivando a Mingora, una cittadina che si gira con i tuk tuk, dove si ha un primo incontro col periodo storico Gandhara vedendo diversi siti ed il Museo. Da qui si attraversano i monti che separano dall’Indo arrivando sulla “Karakorum Highway”, che si segue risalendo l’Indo fino alla confluenza con il Gilgit; lungo il tragitto si trovano diversi graffiti rupestri e si entra nella valle di Diamir per ammirare questo versante del Nanga Parbat. A Gilgit la fine scultura rupestre del Budda di Kargah ci rammenta le turbolente vicissitudini storiche di queste remote regioni; si prosegue verso nord e ci si dedica ad un’approfondita ricognizione delle valli degli Hunza, sostando nell’area per quattro notti. Ci attendono Baltit (Karimabad), Altit, Passu e diversi villaggi, si arriva al ghiacciaio di Ghulkin ed il percorso si estende alle valli di Hispar ed alla remotissima Shimshal. Prossima meta, la parete nord del Nanga Parbat, dove si trascorrono due notti nell’elfica Fairy Meadows, avendo così l’opportunità di godere di questo luogo magico e, per chi se la sente, di arrivare fino al campo base, dove echeggia ancora l’epica impresa di Hermann Buhl. Si procede da qui per la parete di Rupal del Nanga Parbat, ancora attraverso valli abitate da diversi gruppi etnici Pashtun, persone fiere ma che ci accolgono con benevolenza. A breve distanza dal punto di sosta si ammira il ghiacciaio di Rupal, vedendo così, nel corso del viaggio, tutti i versanti di questa montagna mitica, che ha segnato alcuni dei più grandi capitoli dell’alpinismo estremo. Per arrivare in Baltistan si attraversa l’imperdibile, raramente visitato, altopiano del Deosai, contornato da laghi, dove vive l’orso himalaiano, che ci cercherà di vedere. Da Skardu, l’interessante cuore della regione dei balti, la cordiale popolazione che proviene dal Tibet, che è il punto di partenza delle spedizioni per l’Alto Karakorum, si continua ancora più ad est per le oasi e feudi di Shegar e Khaplu, e, tenendo quest’ultimo come base, si arriva fino a Hushe, vicinissimi al Masherbrum ed al Chogolisa. Questo tratto si svolge nel bacino dello Shyok, che fluisce dalla ormai vicina valle di Nubra, punto più settentrionale del Ladakh. Si inizia quindi l’avvincente traversata verso ovest che porta tra i monti dell’Hindu Kush. Da Skardu, per tornare a Gilgit, si seguono le acque dell’Indo, una rotta più settentrionale di quella seguita arrivando, e, da qui, si prosegue per il Chitral. A nord di Gupis, nell’area più centrale, si esplora la valle di Yasin fino al suo limite settentrionale, dove le vette cingono i bordi meridionali del Wakhan, e, proseguendo poi attraverso il celebre passo dello Shandur, si arriva a Mastuj nella regione del Tirich Mir, il più alto colosso di tutto l’Hindu Kush. Ci si inoltra tra le valli che portano fino alle sue falde meridionali immersi nell’estrema bellezza della natura, scoprendo luoghi rarissimamente visitati abitati dai tenaci citrali, un’etnia che ha la propria lingua ed ha mantenuto l’indipendenza fino al 1947, godendo anche delle acque calde di una fonte termale vicino al confine afgano. Giunti a Chitral, dove il forte testimonia l’autonomia di questo regno fino alla sua volontaria assimilazione nel Pakistan, ci si immerge tra le remote valli dei Kalash, un popolo che oggi è formato da poche migliaia di persone che preservano un patrimonio etnico e culturale unico, con tratti somatici caucasici ed una propria lingua e religione. Si sosta tra loro per due notti, avendo modo di visitare i villaggi delle tre valli da loro abitate e di assistere alla festività dell’Uchal Joshi, la celebrazione estiva che coinvolge l’intera popolazione, con i balli ritmati dai tamburi eseguiti nei costumi tradizionali, che le donne usano tutti i giorni, resi spesso vivaci dall’assunzione a fini rituali del vino da loro prodotto per le ricorrenze. Si rientra da qui verso le pianure passando da Dir e visitando Takh Bahi, antico complesso buddista, oggi parte del patrimonio UNESCO, che offre resti archeologici Gandhara tra i meglio preservati, ed arrivando a Peshawar per una visita di questa antica città, che presenta un bazar tra i più variopinti e vivaci. Proseguendo per Islamabad ci si reca a Taxila, l’importante sito archeologico UNESCO, e si completa il tour al Raja Bazar di Rawalpindi.
Conduce il viaggio Alessandro Zuzic, fondatore di Amitaba, che ha già esplorato più volte il Paese, con l’ausilio di guide locali che parlano la lingua inglese; è previsto un massimo di 12 partecipanti.
IL PAKISTAN
GEOGRAFIA E GENTE
La Repubblica Islamica del Pakistan, posizionata tra Iran, Afganistan, Sinkiang a dominio cinese e India è grande quasi tre volte l’Italia con una popolazione per il 96% musulmana di circa 230 milioni di persone, in gran parte concentrate nelle regioni di pianura che si affacciano al fiume Indo partendo dalla capitale Islamabad, ai bordi delle montagne, a Karachi, sulle sponde del Mar Arabico. Il vasto deserto del Belucistan, che occupa la parte più occidentale a sud dell’Afganistan, è poco abitato e la regione montuosa del nord, dove si svolge la gran parte viaggio, ha una pressione abitativa contenuta.
Il nord del Paese è un territorio affascinante, un succedersi senza fine di montagne, fiumi e vallate ornato da paesaggi grandiosi. Si trovano qui ben 5 dei 14 “8000”, oltre ad un incredibile numero di monti sopra i 7000 metri, di cui parecchi ancora inviolati, e la regione è la meta di un gran numero di spedizioni alpinistiche: dal Tirich Mir (7690 mt), punto più alto dell’Hindu Kush, al K2 (8611 mt), punto più alto del Karakorum, al Nanga Parbat (8126 mt), ultimo bastione occidentale dell’Himalaia.
Tra queste colossali catene di montagne risiedono diverse popolazioni con caratteristiche distinte. Ad est troviamo i Baltì, un gruppo giunto qui dal Tibet. A nord gli Hunza, un popolo che formava un proprio regno fino al 1974 con una lingua non associabile ad altre, un fatto che rende un poco misteriosa la loro provenienza. È interessante sapere che gli hunza hanno affascinato l’Occidente perché da alcuni autori vennero associati al mitico regno di Shangri-La, un magico luogo dove la leggenda vuole che non si invecchi – tanto che le loro albicocche recentemente venivano esportate come elisir di lunga vita! Per qualche notizia su queste leggende, vedi qui.
Fuori da queste aree la maggior parte delle valli settentrionali è abitata da diversi gruppi Pashtun, un’etnia che nel suo grande insieme costituisce circa il 15% della popolazione del Pakistan, ed è composta da diverse tribù e clan che originano dalla Persia, come si evince anche dalla loro lingua, che è molto vicina al persiano. A ridosso del confine afgano ad ovest, tra i monti dell’Hindu Kush, completa questo variegato insieme etnico il piccolo, interessantissimo gruppo dei Kalash, di cui si accenna di seguito, nel capitolo a loro dedicato
ORIGINE E STORIA
Il Paese ha origine dalla partizione dell’India che seguì la disgregazione dell’impero coloniale britannico, e il Pakistan ha tutt’ora una posizione molto conflittuale con l’India per via dei disputati confini nordorientali. Copre un territorio dove le vicende storiche originano in tempi antichissimi con la Civiltà dell’Indo, che ebbe inizio circa 2800 anni a.C., e di cui si trovano i resti più importanti ad Harappa e Mohenjo-Daro, dove la cultura indo-ariana diede origine a forme di scrittura tra le più antiche conosciute e sviluppò i profondi contenuti religiosi e filosofici vedici, uno dei pilastri principali della moderna civiltà dell’Uomo. Seguì il grandioso periodo della civiltà di gandhara, che ci ha lasciato un’importante eredità con le sue raffigurazioni artistiche nate dalla fusione di stili ellenistici e persiani, che ebbe il suo centro principale a Taxila, le cui fertili terre furono poi parte di diversi imperi, dagli Acheminidi persiani alla conquista di Alessandro Magno ed al grande impero dei Maurya, che si estese fin qui dalle pianure gangetiche dell’India.
Nel 711 d.C. iniziò la conquista islamica che indusse l’avvento di diversi regni che si contesero la regione, con il periodo forse più significativo legato alle dinastie imperiali islamiche Mughal, che avevano il proprio epicentro nell’attuale India. Con l’affievolirsi dei Mughal, fino all’avvento dei tempi coloniali nel XIX secolo, vi furono diversi passaggi, incluso un dominio Sikh di parte dei territori.
Tra il 1800 e gli inizi del 1900 la regione fu poi uno dei teatri del “Grande Gioco”, quando Russia ed Inghilterra combatterono una feroce guerra, senza mai sparar colpo ma condotta tramite diplomazie e servizi segreti, per ottenere il predominio di diversi territori tra il Medio Oriente, l’Asia Centrale ed il Subcontinente Indiano.
L’ETNIA KALASH
L’etnia Kalash oggi è formata da circa 5000 persone che vivono nelle vallate di Bumburet, Rumbur e Birir, tra le montagne dell’Hindu Kush della regione del Chitral, nel nord ovest del Pakistan a ridosso del confine afgano. Grazie al loro isolamento ed alla loro determinazione sono riusciti a mantenere la propria identità nel corso dei secoli, nonostante le continue invasioni (perfino gli eserciti di Tamerlano arrivarono qui!); ma dovettero indietreggiare e ripiegare verso queste remote valli, dove li si trova ancora oggi. Conservano caratteristiche fisiche, linguistiche e culturali che li distinguono nettamente dalle popolazioni circostanti. Sulla loro origine si sono dette diverse cose; fino a tempi recenti un’accreditata teoria asseriva che fossero i discendenti dei macedoni. Infatti sembra che nel IV secolo a.C. Alessandro Magno avesse lasciato alcune legioni di guardia tra queste valli, i cui soldati poi vi rimasero mescolandosi con la popolazione locale, dando così vita a questa nuova etnia. Recenti studi hanno però verificato che il DNA dei kalash è simile a quello di alcune popolazioni dell’Asia centro meridionale, quindi non associato ai macedoni. In aggiunta, c’è da osservare che il kalashamun, la loro lingua, non ha questa attinenza, e, pur appartenente al ceppo indoiranico, non ha alcuna facile associazione. In sintesi, nessuno sa bene da dove provengano!
I Kalash hanno resistito alle fortissime pressioni islamiche; essi venivano, e forse ancora oggi un poco lo sono, giudicati con disprezzo; la loro regione è chiamata Kafiristan, che vuol dire “Terra degli infedeli”: “kafir” infatti significa una persona che non accetta un principio e quindi non accetta l’Islam come sua fede. Nel corso dei secoli sono stati attaccati molte volte dai musulmani; in particolare alla fine del XIX secolo diverse valli da loro abitate in Afganistan subirono la conversione forzata e il territorio venne rinominato ‘Nuristan’, o ‘terra della luce’, per distinguerlo dal precedente, ‘terra degli infedeli’.
I Kalash professano un credo sciamanico e politeista, mantenendo vivo il culto di spiriti protettori delle vette, della natura e del fuoco. Immaginano che il mondo sia sotto la protezione degli spiriti degli antenati che vegliano su di loro. Credono che alberi, pietre e fiumi abbiano un’anima, e venerano una sorta di dio creatore, Desau, che è concepito circondato da altre figure, che sono i suoi messaggeri. Una particolarità è che viene coltivata l’uva e prodotto il vino, che viene solitamente usato per motivi rituali e non bevuto quotidianamente; è usuale bere in particolare nel solstizio invernale, per cercare un maggior contatto col divino. Tradizionalmente i defunti venivano deposti in bare sopra terra, nelle apposite aree cimiteriali vicine agli ingressi dei villaggi, e sembra che questa prassi avesse una funzione di protezione contro le influenze negative.
Da un punto di vista sociale i Kalash hanno avuto tradizionalmente un approccio comunitario e per gli scambi l’uso era il baratto. Chi aveva prodotto in eccedenza metteva a disposizione della comunità quello che era in più del necessario ed erano gli anziani a decidere come distribuirlo, non vi era un accumulo di benessere personale; in cambio il donatore aveva una posizione di rispetto ed era ben apprezzato dalla comunità. Le donne sono persone libere e non si utilizza il chador.
NOTA TECNICA
SISTEMAZIONI – Il Pakistan richiede un certo grado di adattabilità: tutto perfetto per un viaggiatore, ma potenzialmente difficile per un “turista”. Fuori dalle città le sistemazioni sono semplici e non paragonabili allo standard occidentale, inoltre al festival dei Kalash ci saranno anche diversi turisti locali con uno spazio ricettivo molto limitato, ma ci si adopererà nel miglior modo possibile per rendere il soggiorno confortevole. A Fairy Meadows sul Nanga Parbat si alloggia per due notti in un piccolo bungalow di legno, ma dotato di bagno proprio e riscaldato. Alcune sistemazioni difettano di manutenzione ordinaria (idraulica ed elettrica) ma l’accompagnatore e la guida locale cercheranno di risolvere qualsiasi tipo di disagio possa accadere.
PASTI – I pasti sono tutti inclusi e si cerca di offrire una cucina più varia possibile, diversa in base alle varie zone del Paese. Vengono proposti pollo, spiedini di carne, riso, verdure, frutta secca, con molti piatti che si trovano anche nella cucina indiana, come il dhal e i pakora. Il tutto sempre accompagnato da yogurt, pane tipo chapati, a volte croccante altre volte più morbido, e viene servito il tipico chai o tè caldo. Vi è così un’ampia scelta valida anche per i vegetariani.
ITINERARIO – Le strade tra i monti, esclusa la Karakorum Highway che attraversa le montagne dalle pianure fino al confine con la Cina, a volte sono mal tenute e vi sono anche dei tratti sterrati. Per gli spostamenti si utilizza un pulmino tipo Toyota Coaster da Islamabad a Raikot e da Ayun ad Islamabad; per il resto del percorso veicoli 4 x 4, solitamente dei Landcruiser o simili e, nei tratti dove è obbligatorio per via delle leggi di transito, delle jeep locali. I tempi di percorrenza indicati sono stati testati e tengono in considerazioni anche le diverse soste.
CLIMA E ATTREZZATURA – Il clima è vario, dal caldo di Islamabad e di Peshawar alle notti più fresche in montagna e nelle valli di Skardu, Hunza e dei Kalash. Si consiglia quindi una giacca un po’ pesante per la sera, mentre di giorno una maglietta va bene. Sempre utile portare son sé una giacca antivento impermeabile e per le donne un velo per coprire la testa dove richiesto. Servono scarponcini tipo trekking, anche se leggeri, per le passeggiate previste. Si tenga anche conto che quando si sale a Fairy Meadows serve portare con sé il necessario per due notti, con un percorso in salita di circa due ore – nel caso è possibile avere un aiuto dalle persone del luogo per una cifra modesta; va ricordato che serve uno zaino adatto e che il grosso del bagaglio si può lasciare nel pulmino alla base della salita. Se fosse ritenuto necessario, avvisando per tempo con un piccolo extra è anche possibile avere a disposizione un cavallo per la salita.
WIFI, SIM, ELETTRICITA’ – Il wifi sarà disponibile quasi ovunque ma a volte con segnale molto debole. Si consiglia quindi per precauzione di prendere una SIM locale; il nostro corrispondente potrà essere di aiuto per questo. Le prese di corrente sono bipolari, come quelle che si trovano in Italia.
CAMBIO – È possibile farlo in aeroporto e nelle maggiori città, e la guida locale si adopererà ove necessario per trovare soluzioni di cambio in ogni luogo. Si segnala che le carte di credito sono diffuse solamente nelle grandi città e si consiglia quindi di avere con sé del denaro contante, tenendo presente anche che i dollari sono la valuta preferita.
ACQUISTI – Ci si potrà sbizzarrire negli acquisti nei bazar che si incontrano sul percorso: dai vestiti pashtun con relativo cappello pakol per gli uomini, ai colorati sari o shalwar, pashmine e foulard in seta per le donne (si potrebbero anche comprare dei burqa!). Si trovano anche ottima bigiotteria (orecchini, collane, bracciali), gemme e tappeti. Sicuramente è facile individuare qualcosa di interessante da portare a casa.
PERICOLOSITA’ – Se ci si chiede se in queste regioni ci siano dei pericoli la risposta è semplice: no. Si resterà positivamente colpiti dall’amichevolezza e ottima disponibilità delle persone. La parte più temuta da molti è la zona dei Kalash che è a ridosso dell’Afghanistan, ma si tenga presente che il confine è molto controllato.
Programma del viaggio
1°g. Martedì 1 agosto, partenza per Islamabad
Per raggiungere Islamabad vi sono diverse possibilità di volo e Amitaba può prenotare quello preferito dai viaggiatori.
2°g. 2/8 Islamabad
Arrivo a Islamabad dove è in attesa dei partecipanti la guida locale; ci si trasferisce presso l’Islamabad Hotel o similare. Dopo un poco di relax, verso le 11, si inizia una visita della città, che venne appositamente costruita durante gli anni ’60 nei pressi di Rawalpindi per fungere da capitale del Paese. Ci si reca alla Moschea Shah Faisal, una delle più grandi al mondo, che presenta un’architettura unica e moderna, e si prosegue per le colline di Margalla, ottimo punto panoramico per ammirare la città dall’alto. Dopo pranzo si visita il Lok Virsa (Museo Nazionale di Etnologia) e si prosegue con il grande monumento pakistano a forma di fiore di loto; di fronte al monumento si trova il Museo Nazionale, che ritrae la storia del Paese. La cena è in un ristorante tipico.
3°g. 3/8 Islamabad – Mingora (Swat)
Si parte in direzione nord ovest per la valle dello Swat, che dista 230 km, circa 3 ore e mezza di auto. Si giunge per pranzo a Mingora, il centro più importante della valle con oltre 300.000 abitanti, adagiato sulle sponde del fiume Swat a 984 metri di quota. Si alloggia presso il Pameer Hotel (pameerhotel.com) o similare. Prima di entrare in città si sosta al Budda di Jahan Abad, una scultura rupestre che fu scolpita circa 1500 anni fa e nel 2007 venne gravemente danneggiata dagli estremisti musulmani, ma successivamente in parte restaurata da un esperto italiano, l’archeologo Luca Olivieri. Arrivati a destinazione si lasciano i bagagli in hotel e si inizia la visita della città a bordo di simpatici tuk tuk molto utili, oltre che tipici e divertenti, per destreggiarsi meglio in mezzo al traffico cittadino. Si inizia con la visita dello straordinario Museo dello Swat, ricolmo di oggetti d’epoca Gandhara, l’antico regno che dominò questa regione fino al 500 d.C., reso celebre per la qualità delle sue opere d’arte, che offrono uno stile con richiami ellenistici che influenzò gran parte dell’Asia. Qui si ammirano rappresentazioni delle fasi della vita del Budda e vi è conservata una pietra in cui sono impresse le orme dell’Illuminato. Si prosegue visitando gli antichi siti buddisti di Butkara 1, che risale al III secol a.C., con al centro un grande Stupa a pianta circolare, e Butkara 3, circoscritto e suggestivo, proseguendo poi per lo Stupa di Saidu Sharif, dove, oltre ai resti di uno Stupa, vi sono le rovine di un monastero. Si rientra quindi nel centro cittadino per concludere la giornata passeggiando nel bazar.
4°g. 4/8 Mingora – Chilas
Si parte in direzione nord est per Chilas, che da qui dista quasi 300 km, circa 8/9 ore di viaggio. La tappa è tra le più lunghe del viaggio, un tragitto senza validi punti di sosta intermedi, necessario per raggiungere le regioni del nord, che si dipana tra bellissimi scenari. Si lascia Mingora procedendo per un breve tratto verso nord e si lascia la valle dello Swat verso est inoltrandosi tra i monti ed arrivando al passo di Shangla, dove si transita a circa 2000 mt di quota, e, proseguendo verso est, si seguono le valli arrivando fino al grande fiume Indo nei pressi di Besham (90 km da Mingora). Qui si approda sulla mitica “Karakorum Highway”, la strada che si snoda per 1300 km collegando il Pakistan al Sinkiang a dominio cinese, un’opera che richiese 16 anni di lavoro: fu aperta nel 1978 e costò la vita a più di mille lavoratori. Nei prossimi giorni se ne seguirà il percorso fino al cuore del Karakorum; ora si risale il flusso delle acque del possente Indo costeggiandone le acque in direzione nord est fino a Chilas. Nei dintorni di Shatiyal (138 km oltre Besham) e di Chilas vi sono dei siti dove si vedono graffiti rupestri, che spaziano nel tempo dai più antichi, che sembrano essere del IX secolo a.C., fino a testimonianze del XVI. Giunti a destinazione si pernotta presso lo Shangrilla Hotel e ci si potrà sgranchire con una passeggia per il bazar.
5°g. 5/8 Chilas – Dimroi (Valle di Diamir) – Gilgit – Baltit (Karimabad)
Si continua lungo l’Indo per una trentina di chilometri e lo si lascia seguendo una stradina verso sud che oltrepassa il villaggio di Jalipur arrivando (circa 13 km) all’imbocco del sentiero che porta, oltre Dimroi, verso il campo base del versante occidentale del Nanga Parbat, la mitica parete di Diamir. L’obbiettivo è di coglierne una visuale, che dall’austero monte solitamente al mattino viene concessa. Tornati sulla “Karakoram Highway” si continua lungo l’Indo passando di fronte al versante settentrionale del Nanga Parbat, dove si tornerà tra quattro giorni, e, arrivati alla confluenza col fiume Gilgit, si prosegue verso nord seguendolo fino all’omonima cittadina (116 km da Dimroi), un tragitto complessivo che richiede da 4 a 5 ore. Dopo pranzo ci si reca nei pressi della cittadina per ammirare il Budda rupestre di Kargah, scolpito nella roccia nel VII secolo: è alto una quindicina di metri e posizionato sotto una sporgenza naturale che lo incornicia in modo suggestivo. Si prosegue per Karimanbad (103 km, 2 ore e mezza) seguendo verso nord il flusso del fiume Hunza lungo la “Karakorum Highway”. Si contornano le falde del Rakaposhi, che nella lingua locale significa “Muro Splendente”, e svetta nel cielo a 7788 mt, con diversi punti panoramici particolarmente impressionanti: Gilgit è a circa 1500 mt e Hunza a 2500, si ha così la visuale di una progressione verticale fuori dal comune. Si sosta per godere del paesaggio in un punto particolarmente panoramico, sorseggiando un buon tè. Lungo il tragitto si nota in più punti la traccia dell’antica strada, originariamente adatta al transito degli animali da carico ed ampliata in diversi punti a fine degli anni ’50 per poter passare con le jeep, che fu uno dei percorsi dell’antica “Via della Seta”. Un termine questo coniato dal geografo tedesco Ferdinand von Richthofen nel 1877 per indicare i collegamenti composti dal reticolo di strade che, per centinaia di anni, unì i commercianti (ma non solo) tra Occidente ed Oriente. A seguito della costruzione negli anni ’70 della “Karakoram Highway” questo percorso tradizionale entrò in disuso ma, grazie ad un’iniziativa dell’Aga Khan Cultural Service finanziata dai norvegesi, alcune parti sono state restaurate. Infatti in questa regione vi sono moltissimi aderenti alla corrente ismailita sciita che fa capo a questo prestigioso personaggio, ed a volte, sui versanti dei monti nelle aree più settentrionali, si vedono grandissime scritte create con i sassi chiari che inneggiano a lui ed alle sue visite qui. Arrivati a Baltit (oggi Karimabad), capoluogo della valle di Hunza, si alloggia presso il Darbar Hotel, avendo un’ottima visuale sulla vallata con il possente Rakaposhi di fronte, verso sud. Tempo permettendo, ci si reca ad ammirare il tramonto dal punto panoramico di Duiker, sopra Baltit, dove si gode di una magnifica vista verso le cime del Rakaposhi (7788 mt), del Diran (7266 mt) e di molte altre vette. Un aspetto carino di Baltit sono anche i simpatici negozietti che offrono prodotti di artigianato.
6°g. 6/8 Baltit (Karimabad) ed escursione a Hispar
Al mattino ci si dedica alle visite nella valle, cuore pulsante del popolo degli hunza, cominciando dal forte di Baltit, dal tipico stile tibetano, che fu la sede del Mir e capitale del loro regno fino al 1974 ed è raggiungibile a piedi dall’hotel, attraverso una via piena di negozietti locali. Si prosegue in auto per il forte di Altit, edificato circa 900 anni fa, ai cui piedi sorge il villaggio tradizionale di Ganish, dove ci si addentra tra le piccole stradine per scoprire la vita locale. Nei pressi vi è un’ampia vasca dove nei tempi storici i bambini imparavano a nuotare, perché, secondo quanto ci raccontano gli anziani, una delle prove di maturità a loro richieste era di attraversare a nuoto il ruggente fiume della valle! Dopo pranzo si attraversa la vallata e, superato il fiume Hunza, ci si immerge nella stupenda valle che si apre a sud est arrivando fino al villaggio di Hispar, un feudo che nel tempo fu spesso lo storico rivale di Baltit ed Altit. Si raggiunge, proseguendo un poco (circa 40 km da Altit), il punto panoramico da dove si ammira la formidabile lingua glaciale dello Hispar, lunga circa 49 chilometri, che arriva fino ai margini dello “Snow Lake”, il plateau glaciale posto a circa 6000 metri al cuore del Karakorum, da cui fluisce anche il ghiacciaio di Biafo. L’escursione richiede circa quattro ore di guida.
7°g. 7/8 Baltit (Karimabad) – Passu (2500 mt)
Si continua lungo la “Karakoram Highway”. Sul percorso si ammirano delle incisioni rupestri e si osservano le tracce dell’antico percorso della Via della Seta; colpiscono anche gli arditi canali di irrigazione che passano altissimi ed in alcuni punti attraversano strette gole con piccole condotte, che tradizionalmente erano fatte col legno: gli hunza sono celebri per essere riusciti ad irrigare luoghi dove nessun’altro ne sarebbe stato capace! Dopo una ventina di chilometri si arriva ad Atta Abad, dove nel 2010 una gigantesca frana bloccò il fiume Hunza per circa 5 mesi formando un grande lago che ha sommerso alcuni villaggi e la stessa strada, che dovette essere ritracciata con l’ausilio di parecchi tunnel. La catastrofe causò la morte di una ventina di persone e ci ha lasciato come eredità un grande lago, divenuto oggi un’attrazione turistica. Si transita da Gulmit, un villaggio di montagna nell’alta valle di Hunza; in quest’area si ammira il grande ponte sospeso di Hussani. Utilizzando delle jeep locali e percorrendo una strada sterrata si raggiunge il lago di Borith, nei pressi della bocca del ghiacciaio Ghulkin (o di Passu). Si lasciano i mezzi nei pressi del lago per fare una semplice ma suggestiva camminata che in circa 30 minuti porta di fronte al ghiacciaio. Completata l’escursione si ridiscende alla “Karakoram Highway” e, proseguendo, si arriva al villaggio di Passu, non lontano dal confine col Sinkiang a dominio cinese, dove si alloggia in un hotel di pietra circondati da imponenti montagne, il Silk Route Sarai Hotel o similare. Passu dista meno di 50 km da Baltit – Karimabad.
8°g. 8/8 Passu, escursione a Shimshal (3100 mt)
Poco oltre Passu si apre una valle fantastica verso est, diventata recentemente raggiungibile coi mezzi, che era nota localmente per essere il luogo meno accessibile di tutta questa regione del Karakorum: alcuni tratti delle gole dei ripidissimi versanti erano transitabili solo passando su pioli di legno infilati nelle rocce a picco sul fiume ruggente ed i tenaci abitanti di questi remotissimi luoghi, in caso di pericolo, per impedire l’accesso semplicemente … toglievano i pioli. Questa è la mitica valle di Shimshal, incastona in una delle aree più inaccessibili del Karakorum, il cui villaggio principale, posto a 3100 di quota, è anche il luogo stabilmente abitato più alto della regione. Dal villaggio di Shimshal ci fa una passeggiata di circa due ore per ammirare i ghiacciai e le alte vette che cingono questo inimmaginabile orizzonte. Si rientra a Passu nel tardo pomeriggio; l’esplorazione richiede approssimativamente 5 ore di guida (126 km in tutto) e si transita su una stradina spesso stretta ed a tratti molto esposta, dove fortunatamente i nostri autisti sono in grado di passare con sicurezza.
9°g. 9/8 Passu – Raikot Bridge (1200 mt) – Tato (2900 mt) – Fairy Meadows al Nanga Parbat (3306 mt)
Si parte presto ridiscendendo la strada già percorsa, potendo godere ancora una volta degli scenari della regione; oltre Gilgit si prosegue, sempre verso sud, superando la confluenza tra i fiumi Gilgìt e Indo, arrivando al ponte di Raikot (207 km, circa 3 – 4 ore), dove si era transitati il 5/8. La confluenza dei due grandi fiumi è un luogo geograficamente molto significativo, oltre che estremamente bello: qui si affacciano le 3 catene montuose più alte del mondo, il Karakoram, l’Himalaia e l’Hindu Kush e dalla confluenza spesso si ha la visione della vetta del Nanga Parbat (8126 mt), una panoramica che presenta un’escursione verticale di quasi 7000 metri, tra le più accentuate del pianeta Terra! Si potrà lasciare il grosso del bagaglio a Raikot portando con sé solo quanto potrà essere necessario per le due notti, tenendo presente che per arrivare al punto di sosta oggi si fa un percorso a piedi in salita di circa due ore. (Chi non fosse in grado o non volesse portare da solo le proprie cose, con una piccola spesa si può avere un aiuto da parte delle persone del luogo. Se fosse ritenuto necessario, avvisando per tempo con un piccolo extra è anche possibile avere a disposizione un cavallo o un mulo per la salita). A Raikot si lascia il pulmino utilizzato fino ad ora e si parte con le jeep locali inerpicandosi lungo una stradina sterrata sui versanti desertici del fiume Indo, fino a raggiungere l’imbocco della valle che porta dritta alla base del versante nord del Nanga Parbat, dove, mentre si sale di quota, grazie all’apporto delle nevi, ci si trova gradatamente in un ambiente arboreo, con prati e pinete che ornano il magnifico paesaggio. La strada jeeppabile termina al villaggio di Tato a circa 2900 mt, dove si arriva in circa 2 ore. Da qui inizia la camminata che con altre due ora circa porta a Fairy Meadows (3306 mt), tra magnifici prati di bellezza elfica (il nome “Fairy”, elfo in italiano, è ben calzante qui!) con vista sul Nanga Parbat. Si alloggia nei piccoli cottage di legno del Green Land Resort (con bagno in camera).
10°g. 10/8 Fairy Meadows, esplorazione e Campo Base del Nanga Parbat
Si dedica la giornata all’esplorazione di questa grande area impreziosita dal verde delle foreste e della natura, una vera oasi posta sopra alle aridissime vallate sottostanti, incastonata tra monti glaciali giganteschi, decisamente un luogo eccezionale. L’obiettivo più ambizioso, per chi se la sente, è percorrere il sentiero che serpeggia fino al Campo Base del Nanga Parbat, posto a circa 4000 mt di quota. Ma non è necessario arrivare fin là per godere del luogo; un’ottima prima meta è il punto panoramico situato a 3667 mt, che si affaccia sulla tumultuosa lingua del ghiacciaio del Raikot che fluisce dalla parete nord del Nanga Parbat. Una visione eccezionale, viene alimentato da tutte le cascate di ghiaccio che formano il gigantesco anfiteatro che culmina nella vetta di 8126 mt; a nord lo sguardo spazia verso la colossale catena formata dal Rakaposhi e dall’Haramosh. Se si desidera invece arrivare fino al termine del sentiero vanno previste almeno 6 ore di camino tra salita e discesa.
11°g. 11/8 Fairy Meadows – Raikot Bridge – Tarishing: valle di Rupal del Nanga Parbat (2911 mt)
Si torna a piedi al villaggio di Tato, dove si ritrovano le jeep locali per scendere al ponte di Raikot e, da qui, si prosegue il viaggio con delle jeep, tipo Toyota Landcruiser o simili, che verranno utilizzate fino ad Ayun (22/8). Si risale per un breve tratto (12 km) la “Karakorum Highway” e la si lascia seguendo verso sud est la stradina che si inerpica per le ripide valli che aggirano il Nanga Parbat verso il villaggio di Astore. Oltre Astore si continua ancora verso sud e quindi si devia dal percorso principale seguendo la mulattiera che sale ad ovest fino a Tarishing, nella valle di Rupal, ai piedi dell’imponente omonima parte del Nanga Parbat. Si alloggia presso il Rupal Resort Hotel; siamo a 87 km da Rakiot, circa 4 ore o più di guida in funzione delle condizioni in cui si trova la strada. Ci si reca a piedi in circa 30 minuti al margine del ghiacciaio di Rupal a circa 2960 mt di quota, al cospetto della parete sud del gigante himalaiano.
12°g. 12/8 Tarishing – Altopiano del Deosai (4114 mt) – Skardu (2500 mt)
Si parte presto scendendo dalla valle di Rupal e tornando al punto di deviazione di ieri (circa 19 km); si prosegue ora lungo questa strada, in diversi punti sterrata, che porta attraverso l’altopiano del Parco Nazionale del Deosai fino a Skardu, un percorso di bellezza estrema; sono 156 km in tutto che richiedono 6 o 7 ore di guida. S’inizia seguendo le vallate fino al lago di Sheosar (74 km), posto ai margini del Deosai; se il tempo è limpido da qui si ha una stupenda visuale del Nanga Parbat all’orizzonte oltre il lago. Giunti a Barahpani si pranza e si visita il campo del WWF; qui si cercherà una loro guida con la quale tentare di avvistare l’orso bruno che vive in quest’area, esplorando il magnifico ambiente naturale, dove prosperano anche numerose marmotte ed altri animali. Si prosegue quindi il viaggio; scendendo dal plateau si costeggia lo stupendo lago di Satpara, uno specchio splendente tra i monti aridi, giungendo ora nel Baltistan. Prima di entrare a Skardu si sosta per ammirare il Budda di Manthal, una magnifica raffigurazione rupestre dell’VIII secolo. Si alloggia presso il Legend Hotel.
13°g. 13/8 Skardu – Shigar – Khaplu (2601 mt)
Skardu è il centro più importante della regione del Baltistan, situato in un’ampia valle dove il fiume Shigar confluisce nel maestoso Indo, storico punto di partenza delle spedizioni alpinistiche che da qui si recano nell’alto Karakorum, dove troneggia il K2 circondato da una foresta di colossi glaciali; prima di partire si visita il Karphocho, la fortezza della cittadina. Oggi ci si dirige verso la valle di Khaplu, situata ancora più ad est, non lontano dai confini col Ladakh indiano. Il percorso è molto bello, si seguono le anse dell’Indo fino alla confluenza con lo Shyok e da qui si segue questo fiume, che fluisce dalla valle di Nubra in Ladakh, sempre tra monti di inimmaginabile bellezza. Lungo il percorso si sosta per una visita al Forte di Shigar, trasformato oggi in un Boutique Hotel. Giunti al villaggio di Khaplu, con splendidi scenari sui monti ed il poderoso fiume, si visitano il villaggio ed il forte del XVI secolo, dalla particolare architettura tibetana, dove si alloggia (oggi il forte è diventato il “Serena hotel”) e si consumano i pasti.
14°g. 14/8 Khaplu: escursione a Hushe (3048 mt)
La giornata è dedicata all’esplorazione dell’incredibile valle di Hushe, circa 60 km a nord di Khaplu, contornata da un circuito di monti stupendi: culmina a nord alle pendici del Masherbrum (7821 mt), a nord est arriva al Chogolisa (7665 mt) ed ai suoi margini orientali si erge il K6/Baltistan Peak (7282 mt). Si sosta al piccolo villaggio di Hushe, composto da una cinquantina di case, e si esplora la zona. Il luogo è il punto, solitamente di arrivo, di chi attraversa il passo alpinistico del Gondogoro (5585 mt) che collega questa valle al ghiacciaio di Baltoro che scorre dal K2. L’escursione richiede circa cinque ore di guida tra andata e ritorno.
15°g. 15/8 Khaplu – Gilgit – Gahkuch (1899 mt)
Si affronta la tappa più lunga del circuito, la meta è il villaggio di Gahkuck, oltre Gilgit, ad ovest tra i monti dell’Hindu Kush, un tragitto di 379 km che impegna da 9 a 10 ore di guida. Si ripercorrono solo due tratti già visti, tra Khaplu e Skardu nella parte iniziale e poi dalla confluenza dell’Indo col Gilgit fino all’omonima cittadina: un ulteriore passaggio di queste aree, con luci e prospettive di direzione diverse, non potrà certo annoiare! Oltre Skardu si segue il flusso del fiume Indo seguendone le anse e turbolente acque fino al fiume Gilgit, dove s’incontra la “Karakorum Highway”, che si percorre per una trentina di chilometri e, oltre Gilgit, si continua verso nord ovest per gli ultimi 76 km tra monti che ora appartengono alla grande catena dell’Hindu Kush, arrivando a Gahkuch, dove si pernotta presso il Green Palace Gahkuch.
16°g. 16/8 8 Gahkuch – Gupis (2176 mt)
Si continua in direzione ovest fino al villaggio di Gupis, circa 45 km, dove, al rientro dalle valli di Yasin e Ghasumo, si alloggia per la notte presso il Blossom Inn. Si lascia Gupis risalendo la valle che si dipana verso nord, visitando, nell’area di Yasin, il vecchio forte ed alcuni sepolcri. Si passano diversi piccoli, remoti villaggi, abitati da tenacissime persone che popolano le piccole oasi di fondovalle riuscendo a ricavare la sussistenza tra queste montagne dalla bellezza straordinaria, ma dove la vita è molto difficile. Si arriva fino alle oasi d’alta quota di Ghasumo e di Upper Darkut, alla testa della valle, poste al limite delle aree abitate dell’Hindu Kush, a ridosso della catena che cinge il bordo meridionale del corridoio del Wakhan. Sopra Darkut troneggiano, tra le cime che hanno ricevuto un nome (diversi di questi monti non lo hanno ancora!) a sud ovest il Ghamubar Zom (6518 mt), le cui lingue glaciali arrivano vicine al villaggio di Ghasumo, ed il Garmush Zom a nord est, uno scenario indimenticabile. Si rientra quindi a Gupis; Ghasumo dista circa 60 km da Gupis, ma si precede lentamente, godendo degli scenari e visitando alcuni villaggi, e l’esplorazione impegna l’intera giornata.
17°g. 17/8 Gupis – Shandur Pass (3738 mt) – Mastuj (2359 mt)
Da Gupis il viaggio continua lungo la storica direttrice di collegamento che giunge fino a Chitral; si risalgono le valli che portano al passo dello Shandur a 3738 metri di quota. Poco prima del passo ci si trova su di un bellissimo altopiano cinto dai monti, con un grande lago lungo la cui riva settentrionale si trova l’ormai celebre campo di polo dove, a partire dagli anni ’30 del secolo scorso, si confrontano all’inizio di luglio in una sentitissima partita di polo le squadre del Chitral e di Gilgit – per via del Covid la partita negli ultimi anni non è stata fatta, ma forse già da quest’anno (2023) potrebbe riprendere. Dallo Shandur si prosegue per Mastuj, dove si alloggia presso il Noor Mahal Guest House. Si percorrono circa 150 km che prevedono fino a 7 – 8 ore di viaggio.
18°g. 18/8 Mastuj – Garam Chashma (sorgenti calde – 2550 mt)
Da Mastuj si prosegue verso sudovest in direzione di Chitral; prima di raggiungere la cittadina si prende la deviazione verso ovest che porta alle sorgenti calde di Garam Chasma. Qui ci si si potrà rilassare e fare il bagno in queste sorgenti calde incastonate tra le alte vette dell’Hindu Si pernotta presso lo Innjigaan Hotel; la tappa di oggi è di 140 km, circa 6 ore di viaggio.
19°g. 19/8 Garam Chashma – Susoom (Tirich Mir) – Chitral (1494 mt)
Si rientra verso valle per un tratto e, dal villaggio di Shogore, si segue la valle di Parsan che sale verso nord est arrivando fino a Susoom. ai piedi della maestosa vetta glaciale del Tirich Mir (7708 mt), che offre il punto panoramico accessibile più spettacolare che si possa avere di questo esotico, vertiginoso monte, la cima più alta di tutta la catena dell’Hindu Kush. Si torna poi a valle arrivando alla strada principale che in breve conduce a sud a Chitral. È il centro principale della regione, storica capitale della dinastia dei Kator dal 1517 fino alla loro spontanea affiliazione al Pakistan nel 1947. Si alloggia presso il Pameer River View Hotel o similare; la tappa di oggi è di circa 90 km, 4 – 5 ore di guida.
20°g. 20/8 Chitral – Birir – Bumburet
Prima di lasciare Chitral si visitano la bella moschea di Shahi, posta lungo il fiume, ed il campo di Polo per proseguire poi per Ayun da dove, percorrendo una strada sterrata, si arriva a Birir, la prima e più meridionale valle dei Kalash. (Per accedere a queste valli è necessario ottenere dei permessi, a cui provvede la nostra organizzazione). Dopo il primo incontro con questa affascinante etnia si riprende la strada per Ayun e da qui ci si immerge verso ovest per raggiungere la valle ed il paese di Bumburet, un’altra delle altre 3 valli dei Kalash, Si alloggia in una locanda gestita da una famiglia kalash, un luogo che richiede un minimo di adattamento, ma ben tenuto con stanze dotate di servizi. Si sosta qui per due notti, potendo così visitare valli e villaggi dei kalash e seguire il loro festival.
21°g. 21/8 Bumburet (Kalash): Uchal Joshi Festival
In questo giorno di permanenza tra i kalash si darà priorità agli eventi dell’Uchal Joshi Festival. Oggi si visitano il Museo dei Kalash, i siti cimiteriali ed i bazar, avendo modo di stare a contatto con la vita e le abitudini di questo piccolo popolo dalle origini misteriose. Il festival è il momento di ritrovo di tutti i kalash, si assiste a danze, canti e musiche immersi tra la gente, con le donne kalash, sempre sorridenti, che indossano i loro neri abiti tradizionali ornati da accessori dai mille colori. Gli uomini vestono invece alla maniera degli altri pakistani ed insieme agli anziani tramandano oralmente storie e tradizione delle loro genti. Le rappresentazioni seguono un movimento circolare accompagnato dal suono dei tamburi. Durante le celebrazioni della giornata si avrà modo di stare a stretto contatto con la popolazione locale, così da conoscerne usi e costumi e passare insieme e a loro questa giornata di festa.
22°g. 22/8 Bumburet – Rumbur – Dir
Ci si alza presto per assistere al festival nella valle di Rumbur, ubicata a nord di Bumburet, dove si arriva con la jeep in meno di un’ora. Qui, come nel giorno precedente, si partecipa al festival tra danze, canti e musiche locali entrando in stretto contatto con la popolazione del villaggio, che spesso è disponibile ad aprire le porte delle proprie case ai visitatori. Si torna poi nella valle di Ayun, dove si lasciano le jeep e si prosegua da qui in avanti con un pulmino. Si parte in direzione sud lasciando la valli di Chitral attraverso il traforo di Lowari, lungo cica 10 km, che evita la laboriosa salita all’omonimo passo, alto 3114, che resta chiuso per la neve parecchi messi all’anno. Oggi si raggiunge Dir, che dista da Ayun 80 km, utile punto per spezzare il tragitto verso Peshawar; si alloggia presso lo Shelton Rezidor Hotel o similare.
23°g. 23/8 Dir – Takht Bhai – Peshawar
Da Dir si prosegue fino a Chakdara (109 km), posta sulle rive del fiume Swat un poco più ad ovest di dove si era transitati il 3/8; da qui ci si dirige, sempre verso sud, al sito UNESCO di Takh-i-Bahi, nei pressi della città di Mardan. Le rovine di questo monastero buddista sono tra le meglio preservate tra i resti archeologici di epoca Gandhara: il pittoresco ed impressionante complesso fu in utilizzo dal primo secolo a.C. fino al VII d.C. e vi furono trovate anche diverse raffinate sculture, che sono esposte nei musei del mondo. Si prosegue il viaggio per Peshawar, dove si alloggia presso il Shelton Rezidor Hotel o similare; la tappa è di 257 km, circa 6 o 7 ore. Si completa la giornata passeggiando nel grande e pittoresco bazar cittadino, situato nei pressi dell’hotel.
24°g. 24/8 Peshawar – Taxila – Islamabad
Si visita la moschea di Muhabat Khan Bala, dove è permesso entrare anche agli occidentali, e si ammira dall’esterno l’imponente forte di Bala Hisar, dove non è consentito l’accesso in quanto sede delle forze armate. Si lascia Peshawar in direzione di Islamabad; prima di arrivare nella capitale del Paese si sosta a Taxila, dove si trova una profusione di resti archeologici che spaziano un periodo storico di oltre un millennio, dal 600 a.C. al V secolo d.C. Si visitano gli Stupa e monasteri di Dharmarajika e Jaulian, e la cittadella di Sirkap, tutti parte del patrimonio UNESCO. Si prosegue quindi per Islamabad, dove si alloggia presso lo stesso hotel dell’arrivo. Per chi è interessato, nei pressi dell’hotel si trova un quartiere con diversi ristoranti ed un centro commerciale locale ottimo per gli acquisti, in particolare culinari, perché vi si trovano vari tipi di spezie. La tappa di oggi è di 190 km, circa 3 o 4 ore.
25°g. 25/8 Islamabad e Rawalpindi
La capitale sembra quasi un poco astratta rispetto alla vicina Rawalpindi, che presenta una realtà piacevolmente caotica, intrisa della quotidianità della vita pakistana. Si visita quest’ultima avendo come punto di riferimento la zona del mitico Raja Bazar, che nei tempi coloniali era l’area prediletta per le residenze ed i commerci ed oggi è diventata il punto di scambio principale per le merci provenienti dai territori circostanti e settentrionali. Si avrà l’opportunità di fare interessanti acquisti e si vedrà anche il lavoro di decorazione dei camion, che non sarebbe errato definire una tipica forma d’arte locale! Dopo pranzo si torna a Islamabad e si ha del tempo libero a disposizione per un poco di relax e gli ultimi acquisti pre-partenza. In serata cena tipica per celebrare il grande viaggio che si è ora completato.
26°g. Sabato 26 agosto, volo di rientro
La maggior parte dei voli parte nelle prime ore del mattino ed arriva a destinazione il giorno stesso.
COSTO DEL VIAGGIO
€ 4200 – Minimo 4 e massimo 12 partecipanti
La quota comprende: le spese di iscrizione, le Polizze Assicurative di viaggio (Viaggi rischio zero e polizza base Europ Assistance – su richiesta, su E.A. possono essere estesi i massimali con un costo di € 70 ed emessa la Polizza di Annullamento, che costa 5,5% del valore del viaggio), la prenotazione dei voli intercontinentali se richiesta, i trasporti, la pensione completa, le escursioni indicate nel programma, la presenza dell’accompagnatore italiano e delle guide locali che parlano la lingua inglese.
La quota non comprende: i voli intercontinentali, il costo del visto, il supplemento per la camera singola, le bevande, le visite e le escursioni non in programma, le mance e tutto quanto non indicato alla voce “la quota comprende”.
Voli: Amitaba scorpora dalla quota del viaggio il costo dei voli intercontinentali per permettere a coloro che ne hanno la possibilità di usufruire di eventuali sconti e/o tariffe agevolate o di effettuare autonomamente le prenotazioni.
Supplementi: € 200 con 4 o 5 partecipanti. € 620 per la stanza singola.
Visto e documenti: l’ingresso in Pakistan richiede un visto ed un passaporto con sei mesi di validità minima dal momento dell’arrivo. Il visto è possibile ottenerlo in internet a questo indirizzo: https://visa.nadra.gov.pk/tourist-visit-visas/ e il relativo pagamento ($35) deve essere effettuato con la carta di credito del richiedente; Amitaba fornisce i documenti (lettera d’invito, licenza dell’operatore locale, la lista degli hotel prenotati e i documenti personali dell’Amministratore del nostro corrispondente) necessari alla compilazione. Chi preferisce, può richiedere ad Amitaba di occuparsi di tutta la procedura; il costo del servizio è di € 80.
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PAESI E TRADIZIONI
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Takh Bahi
GALLERIA FOTOGRAFICA

Il forte di Altit

Forte di Khaplu, Baltistan

Donna Kalash

Valle di Hunza

Nanga Parbat da Fairy Meadows

Fabbricazione del pakol (cappello locale)

Silk Route Sarai hotel

Rumbur, altare Kalash

Bazar di Peshawar

Altopiano del Deosai

Karakoram HIghway

Carovana di pastori, Deosai

Rakaposhi

Hunza, anziano

Peshawar, bazar

Incisioni, area di Baltit

Ghiacciaio di Ghulkin (Passu), strada di ritorno

Museo dello Swat, orme del Budda

Donne Kalash

Donna Kalash

Forte di Altit, interno

Budda di Manthal, Skardu
L’iscrizione e la partecipazione al viaggio è regolata dalle Condizioni Generali di Partecipazione; la quota include la polizza “Assistenza sanitaria, rimborso spese mediche e danneggiamento bagaglio” fornita da Europ Assistance, la polizza “Viaggi Rischio Zero” di UnipolSai Assicurazioni e la polizza “Filodiretto Protection” fornita da Nobis Compagnia di Assicurazioni. Le normative (Condizioni Generali e polizze assicurative) sono visibili nel sito di Amitaba e presso il nostro ufficio.
Amitaba S.r.l. è un operatore turistico legalmente costituito con sede in viale Ca’ Granda, 29 a Milano, iscritto al Registro Imprese della Camera di Commercio di Lecco col numero 313373, REA numero 1623197, partita IVA 13152290154. È autorizzato a svolgere la propria attività con licenza rilasciata con il decreto della Provincia di Milano numero 67762/00 del 30/10/2000. Amitaba S.r.l. ha stipulato ai sensi dell’art. 50 del Codice del Turismo (D.lgs 79/2011) una polizza per la Responsabilità Civile Professionale con la UnipolSai Assicurazioni n. 100073953 per un massimale di € 2.065.000,00.