India Himalaia
Trekking da Markha al Rupshu
Dalle policrome gole del Ladakh ai vasti altopiani nomadici

Lamayuru e Valle della Luna

Valle di Markha

Tso Kar, muro Mani

Kyang allo Yar La

Tso Moriri dallo Yalung La









Sintesi del viaggio
Partendo dalle profonde valli di rocce policrome che contornano i fiumi Indo e Zanskar, tra monti che si ergono con impressionanti pareti dolomitiche su remote oasi d’alta quota che rivelano un’antichissima storia, si raggiungono gli altipiani dove, tra laghi turchesi e vette coperte dalle nevi perenni, le pasture giungono fin ad oltre i 5000 metri. Questo fantastico percorso, reso possibile oggi dall’apertura di alcuni nuovi collegamenti, richiede nove giorni con otto campi mobili ed è arricchito da una parte iniziale che offre la visita di alcuni dei siti storici ed artistici principali del Ladakh, una fase preliminare affascinante ed utile anche per l’acclimatazione.
Presentazione del viaggio
Giunti in volo a Leh, centro principale del Ladakh, si visitano Shey, Tikse, Stakna e Matho e quindi si parte per un’escursione verso ovest seguendo le valli dell’Indo fino al celeberrimo monastero di Lamayuru, rientrando da qui ad Alchi, il tempio dove si ammira l’apice artistico di queste regioni. Si procede risalendo un tratto del fiume Zanskar e lo si attraversa su un nuovo ponte che consente di arrivare con semplicità all’imbocco della valle di Markha, dove inizia il percorso di nove giorni che porta fino al lago di Tso Moriri nel Rupshu.
Le tappe di cammino sono in tutto otto, con un giorno tra Dat e Nuruchan, attraverso il passo di Yar, che si precorre con le jeep. Si superano quattro passi oltre i 5000 metri ed altri due che sfiorano questa quota; il primo di questi passaggi alti è lo Zalung Karpo (5200 mt), dove si giunge al settimo giorno di permanenza in quota, con una progressione che dovrebbe consentire un’acclimatazione sufficiente: le prime tre notti sono intorno ai 3500, quindi si sale a 3800, 4200 e 4600 e, dopo il passo, ci si abbassa a 4200. La maggior parte delle tappe si percorrono entro le sei ore di cammino effettivo, con le due giornate più impegnative che possono richiedere, ad un escursionista mediamente allenato, anche sette ore di cammino. Al di là di questi aspetti ‘quantitativi’, è un percorso tra i più belli di tutto l’Himalaia indiano, come si può forse intuire dalla descrizione delle tappe del programma.
NOTA TECNICA
Si prevedono otto campi consecutivi, che vengono ben attrezzati con tende a due posti da montagna con le due absidi laterali (tipo le classiche Salewa), materassini, tenda comune, tenda gabinetto e tenda per lavarsi; si dispone di tavolo e sedie per mangiare e segue il gruppo un cuoco professionista. Il campo viene allestito dagli assistenti, ma solitamente i partecipanti aiutano e spesso montano la propria tenda, ma non è un obbligo, questione di … cameratismo. Il bagaglio personale è trasportato con i cavalli.
Durante i primi cinque giorni di cammino, fino a Dat, sono necessari diversi guadi; si dispone di un cavallo che viene tenuto libero dal carico di bagagli per consentire, a chi preferisse, di superare i corsi d’acqua usufruendo della montatura, condotta a briglia dal suo cavallaro (è molto sicuro).
La regione è solitamente piuttosto secca, ma può comunque piovere o nevicare, anche perché si passa molto vicino a monti elevatissimi che possono sempre formare fenomeni di condensa. Quindi serve essere adeguatamente attrezzati, come è usuale per tutti i percorsi himalaiani in quota. Nei campi si prevedono temperature minime comunque sopra lo zero termico e, con un poco di fortuna, può anche essere piacevolmente caldo; per prudenza, si consiglia un sacco a pelo con gradiente termico minimo di -10°C. (tenendo conto che questo valore è sempre dichiarato in modo ottimistico dai produttori).
L’ALTA QUOTA DEL LADAKH
Andare nell’Himalaia indiano significa sperimentare la vita ad altitudini che non ci sono abituali: Leh si trova a 3500 metri. La buona riuscita di un viaggio quindi deve sempre tenere in considerazione questo fattore e per l’adattamento è necessario non esagerare con gli sforzi fisici nei primi giorni.
Molti hanno avuto un riscontro positivo utilizzando il diuretico Diamox, somministrato in dosi minime ma preventive (1/2 pastiglia mattino e sera da 36 ore prima della salita in quota e per le prime 36 ore in quota, totale: 3 pastiglie) accompagnato dall’ingerimento di almeno 2 o 3 litri di liquidi al giorno. Il farmaco si è inoltre rivelato utile anche per un uso solo successivo al manifestarsi dei sintomi del mal di montagna. Per l’utilizzo di Diamox è necessario però rivolgersi al proprio medico.
Programma del viaggio
1°g. Venerdì 4 agosto, partenza in volo per Delhi
Per raggiungere Delhi in India vi sono diverse possibilità di scelta per i voli e Amitaba può prenotare quello preferito dai viaggiatori; la maggior parte dei collegamenti giunge a Delhi nelle prime ore del mattino successivo. All’arrivo ci si trasferisce alle partenze nazionali nello stesso aeroporto. Se fosse utile, in funzione degli orari di volo o altro, Amitaba può predisporre un servizio di accoglienza all’aeroporto, prenotare un hotel e ogni altro servizio richiesto.
2°g. 5/8 Delhi – Leh
Il volo per Leh parte di prima mattina (orari da verificare); dall’aereo si godono panorami stupendi sull’Himalaia dell’India. A Leh si viene ricevuti dal corrispondente di Amitaba in Ladakh; sistemazione in uno dei migliori hotel della città (lo Snowland o simile) e riposo per favorire l’adattamento alla quota; Leh è posta a 3500 mt di altezza. Nel pomeriggio tranquilla passeggiata a Sankar Gompa, un piccolo monastero situato tra i campi e le tipiche case dei contadini ladakhi.
3°g. 6/8 Leh: escursione a Shey, Tikse, Stakna e Matho
L’escursione inizia con una prima visita a Shey, situato a breve distanza ad est di Leh, un sito storicamente importante perché fu anche la sede del palazzo reale e dove nel tempio si ammirano antichi dipinti. Si continua con Tikse, tra i più celebri e attivi monasteri del Ladakh, una delle perle della regione: ricco di templi, contiene molte importanti opere d’arte ed un’impressionante raffigurazione di Yamantaka che regna nel Gonkhang. La grande statua di Maitreya posizionata nel tempio a destra dell’ingresso, di recente fattura, è diventata uno degli oggetti simbolo più famosi del Ladakh. Proseguendo lungo la valle dell’Indo, si attraversa poco lontano da Tikse il fiume su di uno stretto ponte arrivando al monastero di Stakna, che si staglia su di un panoramico colle morenico sopra il fiume e rivela sale ed interni interessanti, incluso l’appartamento dell’abate, che solitamente si può visitare. Da qui ci si reca alla vicina oasi di Matho, sede di un affascinante sito di scuola Sakya, reso celebre anche dal peculiare festival invernale che è presenziato da… degli oracoli; in effetti è un luogo che dà a molti la sensazione di essere intriso di energia esoterica, in special modo nello scuro Gonkhang degli oracoli, col pavimento coperto di tsampa e pervaso dall’odore di chang. Da qui si rientra a Leh.
4°g. 7/8 Leh – Lamayuru – Alchi
Si lascia Leh in direzione ovest seguendo la valle dell’Indo, la meta è Lamayuru, che dista 114 km, un percorso ci circa tre ore. La strada segue i versanti settentrionali del grande bacino fluviale con panoramiche e scorci molto belli, arrivando alla confluenza col fiume Zanskar, che si risalirà nella giornata di domani. Proseguendo, ci si rimmerge ancora tra i monti aridi, ornati dalle bellissime oasi tipiche di questo magico territorio, per poi tornare all’impetuoso fiume e costeggiarlo per un lungo tratto. Lo si lascia per risalire una spettacolare gola a sud che si inerpica tra le incredibili erosioni terrose della “valle della luna”; secondo la tradizione queste peculiari forme indicano la presenza di un antico lago che si dice sia stato fatto defluire dal santo Naropa, che passò qui un lungo periodo di meditazione: ragion per cui questa zona è considerata dai ladakhi una ‘terra pura’. Qui si trova Lamayuru, uno dei monasteri più pittoreschi dell’Himalaia, posto arditamente tra pinnacoli di roccia come un castello delle fiabe, sospeso su formazioni erose che sovrastano un villaggio circondato da policrome montagne desertiche. Si visitano il Gompa e l’oasi e si pranza qui. Nel pomeriggio si torna indietro per una cinquantina di chilometri, godendo ancora una volta delle magnifiche prospettive di questa regione, e, nei pressi di Sapol, si attraversa l’Indo arrivando all’oasi di Alchi (57 km da Lamayuru, circa un’ora e mezza di guida), dove si alloggia presso l’hotel New Zimskhang.
5°g. 8/8 Alchi – Skiu – Sara – Markha (3800 nt)
Il monastero di Alchi, fondato nell’XI secolo da Kaldan Sherab, discepolo di Rinchen Zangpo, contiene magnifici dipinti di scuola Ghandara, il reperto artistico più importante del Ladakh. Si lascia l’oasi tornando ad est fino al fiume Zanskar (37 km) e lo si segue verso sud; le gole sono molto strette in diversi punti, con i versanti spogli dei ripidi monti che in molti tratti rivelano un groviglio di stratificazioni policrome. Superato il villaggetto di Chilling si attraversa il fiume entrando ad est nella valle che porta fino a Markha, incontrando piccoli villaggi e, sui bordi della valle, si osservano tracce di romitaggi e rovine di antiche costruzioni. Si transita dal minuscolo villaggio di Skiu, dove si trova un piccolo Gompa, interessante da visitare, con diversi Chorten all’intorno, e si arriva a Sara. Qui sono in attesa i cavalli con l’attrezzatura da campo e le provviste per il trekking. Completato il carico dei bagagli sulle montature si parte per il primo tragitto a piedi, circa tre ore, per arrivare fino a Markha, il villaggio principale di questa remota regione, dove viene posto il primo campo. La mulattiera jeeppabile a volte può essere transitabile fino a Markha, ma questo dipende dal livello dell’acqua nel fiume, che va guadato dai mezzi – ed anche dalle persone; quindi è più prudente far partire la carovana da Sara. Per i guadi viene tenuto un cavallo libero, senza bagaglio, in modo che chi non volesse entrare a piedi nel fiume può attraversarlo a cavallo (condotto a briglia dal suo cavallaro). A Markha si può visitare l’interessante vecchio tempio.
6°g. 9/8 Markha – Tamachen (4200 mt)
Si prosegue lungo la valle, avendo presto le prime visuali verso il Kang Yatze (6496 mt), il più alto monte della regione, che si oltrepasserà ad ovest. Dopo un breve tratto si nota, su un ardito pinnacolo ad est del sentiero, il piccolo monastero di Techa (o Humlung); chi lo desidera potrà salire a visitarlo, servono circa 20 minuti, godendo anche di una bella panoramica. Si risale il corso del fiume, in un ambiente che a molti, fino a qui, ricorda le dolomiti per via dei bellissimi colori e delle configurazioni ardite dei monti, e si superano quattro guadi; si lascia la traccia più frequentata, che porta verso Tscatchutse e Nimaling, prendendo una valle che si protende più ad ovest e, man mano che si procede, il mondo attorno si fa sempre più selvaggio e privo di tracce umane. Si pone il secondo capo a Tamachen; la tappa richiede circa cinque ore.
7°g. 10/8 Tamachen – Yakrupal (4600 mt)
Continua la salita graduale in un ambiente decisamente selvaggio, si superano cinque o sei guadi in un’area che inizia ad avere le caratteristiche dell’habitat degli yak, con una tappa di circa sei ore fino al terzo campo.
8°g. 11/8 Yakrupal – Zalung Karpo (5200 mt) – Tsogra (Karnak) (4800 mt)
La salita al passo è graduale se pur lunga, ma allietata da visuali sempre più ampie e spettacolari verso la catena del Kang Yatse ad est. Nei pressi del passo l’ambiente è decisamente vasto e si osserva una valle che corre ad ovest, è la via che porta da qui a Padum nello Zanskar. In questo tratto spesso si vedono diversi esemplari della preziosa fauna selvatica himalaiana e non è raro vedere in cielo le aquile. Proseguendo in discesa verso sud si scende verso la regione del Rupshu, arrivando a Karnak, che fu la sede di un antico feudo di cui si vedono le rovine dello Ksar, o castello, posizionate in vetta ad un ripido colle. È un luogo dall’aspetto decisamente inespugnabile, e ci si chiede come potesse sopravvivere un piccolo regno in una valle così alta e fredda, dove l’agricoltura è impossibile, e tutto dipende da quanto i pastori riescono ad ottenere dai loro animali, principalmente dagli yak. Si pone il quarto campo qui e, chi se la sente, potrà andare (con prudenza) ad esplorare queste affascinati rovine. La tappa richiede da 6 a 7 ore di cammino.
9°g. 12/8 Tsogra (Karnak) – Dat (4200 mt)
Si segue il deflusso della valle attraversando gole sovrastate da monti arditi, che sfoggiano rocce di colorazione dolomitica, osservando anche della vegetazione. La si lascia risalendo un torrente affluente che corre verso est e porta all’ampia vallata di Dat, dove si pone il quinto campo; una volta deposti i bagagli i cavallari partono con tute le montature per Nuruchen, dove li si ritroverà la sera del giorno successivo. La tappa richiede da cinque a sei ore e si superano tre guadi. Le casette di Dat e degli altri punti saltuariamente abitati della valle sono sorte perché qui siamo ai margini dell’altopiano del Rupshu, in una posizione relativamente protetta dal peggio delle turbolenze invernali, luogo di rifugio dei pastori seminomadi che trovano così un riparo un poco più efficace rispetto alle tende fatte col pelo di yak. La valle viene tutt’ora utilizzata (in agosto spesso sono tutti ancora in giro tra le valli e l’altopiano), ma da un numero di famiglie che pian piano si sta assottigliando, è un mondo questo che molto probabilmente i nostri nipoti non potranno più incontrare. All’intorno vi sono diversi muri Mani, Chorten ed un tempio buddista tibetano. Un luogo, anche questo, decisamente stupendo per una sosta!
10°g. 13/8 Dat – Yar La (4997 mt) – Spangchan – Tso Kar – Nuruchen (4650 mt)
Si parte utilizzando le jeep, giunte da Leh sfruttando la mulattiera che ora giunge e termina qui; un mezzo, che si dirige direttamente a Nuruchen, viene utilizzato per caricare il materiale da campo e le provviste. Si risale la vallata attraverso un territorio ricco di pasture d’alta quota dove spesso di vedono i kyang, o cavalli himalaiani, arrivando al passo di Yar (4997 mt), che si apre sulla regione dell’Altopiano del Rupshu. Queste praterie, spesso ornate da bellissimi laghi, costituiscono il lembo più occidentale del vastissimo Ciangtang tibetano e ne condividono, oltre all’aspetto naturale, lingua, tradizioni ed abitudini di vita delle tenaci persone che vi abitano. Nella località di Spangchan, oltre il passo, si avrà la possibilità di incontrarle e magari anche di assaggiare il loro buonissimo yogurt fatto col latte di nak (… non di ‘yak’, perché lui è il toro!). Proseguendo si raggiunge la strada militare che proviene dal sud e porta nella valle dell’Indo attraverso il passo del Taklung; se ne percorre un brevissimo tratto e la si lascia per raggiungere il lago di Tso Kar, un bacino chiuso da dove veniva raccolto il sale. Se ne segue per un tratto il bordo settentrionale per raggiungere il piccolo tempio di Tukje. Ci si sposta quindi a sud di queste acque turchesi ponendo il sesto campo nella zona di Nuruchen, ai piedi del passo del Kongsa; nei pressi si trovano interessanti rovine, con uno Stupa di pietra nera. Il tragitto richiede in tutto circa tre ore di guida.
11°g. 14/8 Nuruchen – Kongsa La (4950 mt) – Rajung Karu (4800)
Si sale gradatamente al passo di Kongsa accedendo al cuore del Rupshu, tra pasture elevatissime che giungono spesso fino alla cima di monti che ora sono spesso dalle forme morbide, habitat ideale per la fauna selvatica, condiviso dagli occasionali greggi di yak. La base delle vallate è altissima, e si pone il campo nell’area di Rajung Karu, un’ampia area erbosa a cui i pastori, che periodicamente giungono qui, han dato questo nome. La tappa è di circa quattro ore.
12°g. 15/8 Rajung Karu – Kyamayuri La (5410 mt) – Guymar Barma (5150 mt) – Kartse (o Gyamar) La (5320 mt) – Gyamar (5167 mt)
Si affronta una tappa piuttosto impegnativa, che si dipana in uno dei tratti più belli del Rupshu, attraversando due passi, con visuali verso diverse cime coperte di ghiaccio che superano i 6000 metri. La prima salita presenta un dislivello di circa 600 metri, che a questa quota sono parecchi, ma il sentiero è graduale e, camminando tranquilli e con pazienza, si è presto in cima! La discesa verso le magnifiche pasture di Guymar Burma fa poi perdere solo poco più di 250 metri di quota; solitamente si sosta qui per il pranzo. Si prosegue superando il passo di Kartse (circa 160 mt di dislivello con salita graduale) per raggiungere così il punto dell’ultimo campo a Gyamar, anche questo un punto designato dai pastori nomadi, che è il luogo più alto dove si sosta. La tappa richiede in tutto da sei a sette ore di cammino.
13°g. 16/8 Gyamar – Yalung (o Yarlanemo) La (5413 mt) – Korzok (Tso Moriri) (4538 mt)
Davanti a noi c’è il passaggio più alto del trekking, che si raggiunge con una salita graduale e molto più breve di quanto si è fatto nella giornata di ieri. Dall’altissimo Yalung La si ammira, ad est, il grande lago di Tso Moriri, e si ha questa meraviglia turchese sempre di fronte durate la panoramicissima discesa. Giunti al piccolo villaggio di Korzok, splendidamente posto sulle rive del lago, si alloggia presso l’hotel Dolphin. Si salutano qui gli assistenti del trekking e resta col gruppo la guida locale.
14°g. 17/8 Korzok
Giornata di relax, arricchita dalla piacevole consapevolezza di aver completato uno dei percorsi a piedi più belli dell’Himalaia indiano. Il luogo è stupendo, ed un giorno qui è molto speciale; ma è anche importante averlo in programma onde avere un giorno di eventuale margine se vi fossero dei ritardi nel percorso. Ci potrà dedicare all’esplorazione, con una magnifica passeggiata (in piano!) lungo le rive del lago, e si visitano il monastero ed il piccolo villaggio; nella valle alle spalle del piccolo abitato, dove si è transitati nella discesa di ieri, spesso si accampano i nomadi con i loro grandi greggi di yak e, se sono qui, vi è la possibilità di andare a trovarli. Sono molto speciali i tramonti dal colle che sovrasta Korzok.
15°g. 18/8 Korzok – Leh
Si parte con le jeep; il percorso di rientro verso Leh segue verso nord le rive del lago e transita dal laghetto di Tso Kyagar, meravigliosamente incastonato tra le pasture, e, oltre il passo, si scende dall’altopiano raggiungendo il fiume Indo nei pressi del villaggio di Mahe. Se ne seguono le spettacolari gole, con tratti molto pittoreschi tra ripide formazioni granitiche, che, dopo un lungo tratto, si aprono sull’ampia valle che porta fino a Leh. La tappa (211 km) richiede circa sette ore di guida; si alloggia nel medesimo hotel utilizzato all’arrivo. Se non si parte tardi, vi sarà il tempo per un giro tra i carinissimi mercatini di Leh.
16°g. 19/8 Leh – Delhi e volo di rientro
Il volo per Delhi parte al mattino presto (orari da verificare), all’arrivo è in attesa dei partecipanti il corrispondente di Amitaba. La gran parte dei voli di rientro parte in tarda serata o nelle primissime ore del mattino. Si avrà a disposizione autista e veicolo fino al momento della partenza. Se fosse utile, in funzione degli orari di volo o altro, Amitaba può prenotare un hotel e predisporre ogni altro servizio richiesto.
17°g. Domenica 20 agosto, arrivo a destinazione
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Sankar Gompa, statua di Dukhar
GALLERIA FOTOGRAFICA

Bimbi dell’Altopiano

Forte di Markha

Lamayuru e Valle della Luna

Valle di Markha

Tso Kar, muro Mani

Kyang allo Yar La

Tso Moriri dallo Yalung La

Chorten a Skiu

Villaggio di Markha

Karnak Ksar

Arrivando a Dat

Dat

Valle di Gyamar Barma

Verso il Kartse La
L’iscrizione e la partecipazione al viaggio è regolata dalle Condizioni Generali di Partecipazione; la quota include la polizza “Assistenza sanitaria, rimborso spese mediche e danneggiamento bagaglio” fornita da Europ Assistance, la polizza “Viaggi Rischio Zero” di UnipolSai Assicurazioni e la polizza “Filodiretto Protection” fornita da Nobis Compagnia di Assicurazioni. Le normative (Condizioni Generali e polizze assicurative) sono visibili nel sito di Amitaba e presso il nostro ufficio.
Amitaba S.r.l. è un operatore turistico legalmente costituito con sede in viale Ca’ Granda, 29 a Milano, iscritto al Registro Imprese della Camera di Commercio di Lecco col numero 313373, REA numero 1623197, partita IVA 13152290154. È autorizzato a svolgere la propria attività con licenza rilasciata con il decreto della Provincia di Milano numero 67762/00 del 30/10/2000. Amitaba S.r.l. ha stipulato ai sensi dell’art. 50 del Codice del Turismo (D.lgs 79/2011) una polizza per la Responsabilità Civile Professionale con la UnipolSai Assicurazioni n. 100073953 per un massimale di € 2.065.000,00.