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Nel villaggio di Sani lungo le rive del fiume Doda in Zanskar, a breve distanza da Padum, si trova un antico monastero costruito su di un tratto pianeggiante della valle, secondo la consuetudine dei luoghi di culto più antichi di queste regioni (come anche ad es. Alchi o Tabo in Spiti). Il sito è molto venerato nella tradizione del buddismo vajrayana perché qui, oltre alla statua di Naropa, si trova lo stupa con i resti di Kanishka, un maestro che visse intorno all’anno mille; nel tempio si trovano bellissime statue ed alcuni degli affreschi che emergono dalla mistica penombra degli interni di questo squisito luogo sono attribuiti a Zadpa Dorje.
Il Naro Nasial è una grande celebrazione che si svolge a Sani ogni anno tra la fine di luglio e agosto. Viene evocata la presenza di Naropa e le cerimonie sono arricchite dal Cham, le danze rituali, un momento molto bello per cogliere la freschezza della gente di Sani, che ha un trasporto forte e naturale verso i saggi della tradizione religiosa. Per Naro Nasial, ovvero per l’incontro con il grande maestro Naropa, si aggregano provenendo anche da molti remoti villaggi dello Zanskar, sfoggiando i propri costumi tradizionali e creando una piccola folla immersa in un momento di devozione comune ma anche in commerci e in un’allegra convivialità.
L’origine del Naro Nasial giunge dai tempi del grande mistico Naropa che nell’XI secolo, dopo essere stato Abate di Nalanda, l’università monastica indiana più importante di quei tempi, per realizzare pienamente gli insegnamenti ricevuti dal suo Guru Tilopa dimorò in ritiro all’eremo di Dzongkhul in Zanskar, vicino a Sani. Naropa è importantissimo nella tradizione tibetana, essendo anche l’autore del testo esoterico sui sei yoga, che funge tutt’ora da riferimento per gli yogi tibetani ed i praticanti tantrici ed è uno dei testi principali della tradizione Kagyupa. Quando Naropa concluse il suo lungo ritiro a Dzongkhul e si apprestava ad andarsene, la popolazione di Sani ed i monaci di questo antico monastero lo implorarono di restare; egli non poté accontentarli, ma lasciò una minuscola immagine di sé, grande come un chicco di grano, all’abate di Sani, dicendo che questo oggetto avrebbe sostituito la sua presenza fisica. La minuscola statuetta crebbe da sola di dimensioni, diventando grande più di una spanna, fatta di oro e abbellita con pietre preziose, e venne custodita e venerata a Sani per i secoli seguenti. Quando giunsero i musulmani nella valle, uno di questi la trafugò, ma ebbe paura del suo atto perché la gente della valle insorse furibonda, e quindi per liberarsene la gettò nelle acque del fiume Doda, dove venne poi miracolosamente ritrovata sulla riva da un monaco. Da allora la statua viene tenuta chiusa in un tempietto all’interno delle mura che delimitano il recinto sacro di Sani, adiacente allo stupa che contiene i resti di Kanishka, e viene esposta una sola volta all’anno, durante il Naro Nasial.
Il Naro Nasial richiede una lunga preparazione da parte dei monaci di Sani, che sono discepoli in linea di trasmissione orale del maestro Naropa, i quali eseguono nei giorni precedenti cerimonie religiose, con l’uso di strumenti tradizionali e canti dai toni bassi. Il giorno antecedente l’apertura del tempio di Naropa vengono eseguite diverse danze in costume, tra cui la danza dei cappelli neri (Sha-Na Cham) e dei tamburi (Sha-Na Nga Cham), per purificare in modo adeguato il luogo. Nel secondo giorno al mattino alcuni monaci siedono di fronte al tempietto di Naropa recitando preghiere in onore del maestro e nel cortile antistante il tempio (sul lato opposto) continuano con le danze. Tradizionalmente il Naro Nasial non prevedeva la parte del Cham (danze rituali), queste furono introdotte verso la metà del secolo scorso su richiesta della gente del villaggio; la danza delle otto manifestazioni di Guru Rimpoce (Guru Tshen Gye) che si svolge nel secondo giorno è stata l’ultima ad essere introdotta e infatti le maschere utilizzate sono particolarmente naif e di evidente fabbricazione recente.
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