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Storia del buddismo esoterico in Giappone

A cura di Riccardo Marini di Villafranca

La corte imperiale, già al momento del suo trasferimento da Nara a Heian-kyo (= la futura Kyoto), era diventata sospettosa di ogni forma istituzionalizzata e potente di buddismo. Ogni tentativo della precedente corte di Nara di utilizzarlo come mezzo di pacificazione, per il conseguimento dei fini di Stato, era andato vano. Si era speso troppo per la costruzione di nuovi templi e monumenti ed in più la propensione delle scuole buddiste a complottare aveva portato ad una forma di dittatura religiosa. Pertanto nella pianificazione della nuova capitale Kyoto solo due monasteri furono permessi. Essi furono collocati ai lati dell’entrata principale a sud (Rashomon): il Sai-ji (ad ovest) ed il To-ji (ad est). Essi furono così intenzionalmente posizionati, per essere il più distanti possibile dal palazzo Imperiale e dagli uffici governativi, situati entrambi a nord.

In quello stesso periodo l’insoddisfazione verso il “vecchio buddismo scolastico” del budda Sakyamuni fu dichiarata anche da alcuni religiosi. Così, nell’804, un’ambasciata imperiale in Cina fu approvata per esplorare le novità che il buddismo Mahayana vi aveva ormai introdotto da circa 700 anni. Essa includeva l’allora ben conosciuto monaco Saicho ed il meno noto Kukai. Saicho era già più vicino all’imperatore Kammu, forse perché aveva già rotto i contatti con le scuole di Nara e perché aveva già fondato un nuovo monastero sul monte Hiei, a nord-est di Kyoto e sovrastante ad essa. I due monaci stavano già studiando ed assimilando il pensiero buddista cinese di quei tempi. Saicho era più interessato alla scuola Tientai, che costituiva un’importante sintesi tra il buddismo Theravada e Mahayana, con enfasi sull’impermanenza delle cose e loro non-dualismo (= Vacuità). Il Sutra del Loto ne era il testo primario fondamentale, entrato nella sua forma definitiva attorno al V secolo d.C.

Saicho ritornò in Giappone nell’805 d.C. e richiese alla corte imperiale d’insediare la sua nuova scuola Tendai nel monastero da lui costruito sul monte Hiei. La sua richiesta fu accolta purché egli includesse anche qualche pratica esoterica in questa nuova scuola. Forme di Tantrismo erano state introdotte in Cina da maestri indiani all’inizio del 700 d.C. Esse inglobavano influenze induiste, metodi di preghiera ed iconografie che erano ancora in fase di assimilazione quando Saicho e Kukai si recarono in Cina.

Kukai si dedicò a padroneggiare più profondamente proprio queste nuove tecniche tantriche/esoteriche sotto il maestro cinese Huiguo. Egli ritornò in Giappone solo nell’806, più di un anno dopo Saicho, e fu subito acclamato come “maestro esoterico”. Tramite la sua forte personalità e l’attrattività dei suoi nuovi insegnamenti egli tese ad “eclissare” la fama di Saicho. Costui, che riteneva di dover includere le tecniche tantriche come una componente della sua nuova scuola Tendai, inizialmente chiese di poterle studiare presso Kukai, ma poi se ne allontanò. Le scuole di entrambi non risultarono poi in una semplice trasposizione del buddismo tantrico/esoterico cinese, bensì ne furono una sintesi originale, prodotta singolarmente dai due autori.

Il buddismo esoterico è imperniato pesantemente sulla visualizzazione di mandala (= diagrammi mistici), recita di invocazioni sacre (= mantra) ed utilizzo di posture simboliche corporali (= mudra) e su regole e procedure che variano da scuola a scuola. La creazione di un ambiente/atmosfera particolare per il rito/preghiera ne è un aspetto essenziale. L’utilizzo di mandala bi-tri-dimensionali permette al fedele di “penetrare” in una rappresentazione, sotto forma di diagramma/ideogramma, del cosmo spirituale, in cui “incontrarsi e fondersi” con una “propria” divinità personale. Le scuole buddiste giapponesi usano frequentemente il “Mandala Ryokai” (= Mandala dei due Mondi) che si compone dei due seguenti sotto-mandala, che organizzano le divinità buddiste e le relative relazioni, mediante il loro posizionamento in griglie:

  • KONGOKAI (Mandala del Diamante), che rappresenta il mondo trascendente
  • TAIZOKAI (Mandala del Grembo), che rappresenta il mondo fenomenico

La pratica di queste tecniche spirituali tende a concretamente visualizzare contemporaneamente il mondo fenomenico (= primo approccio alla realtà) e la sua concreta non-dualità (= secondo approccio alla realtà) per potere individuare la “via di mezzo”(= terzo approccio alla realtà o “terza via”) che porta alla Saggezza Suprema (Dharma) ed all’illuminazione.

Questa dottrina sostiene infatti che, dal punto di vista della Verità Assoluta, tutta la Realtà che ci appare è impermanente dal punto di vista temporale e, nel contempo, vuota d’identità propria, cioè dipendente dagli altri fenomeni concausali. A queste due evidenze si può tuttavia arrivare solo tramite la Verità convenzionale, dove i singoli fenomeni vengono invece percepiti come distinti ed individuali. La sintesi esperienziale di queste due Verità, apparentemente contraddittorie, porta alla realizzazione della terza verità, la Verità di mezzo.

Quest’ultima, partendo dall’evidenza che non si possono evitare la sofferenza, l’ignoranza o la delusione, porta a comprendere come tutte queste difficoltà umane siano potenzialità d’illuminazione. Non è necessario eliminare una qualsiasi causa di sofferenza, ignoranza, delusione… non c’è un cammino speciale da percorerre. La nostra vita e la nostra morte sono manifestazioni del Nirvana. Non c’é altro Dharma (= Realtà Ultima, Verità) che la Realtà stessa… che, vissuta pienamente, accettando la non-dualità, diventa simile al Nirvana.

Nel buddismo tantrico giapponese fu introdotta una novità autoctona del tutto singolare. In esso, mentre i bodhisattva continuarono a rappresentare la compassione senza limiti, le divinità chiamate Myo-o incarnarono il ruolo delle Divinità Guardiane, e vennero riconosciute anche come i “Re della Saggezza Suprema”. Essi costituirono una visualizzazione più realistica e concreta dell’intensità della dedizione e della determinazione necessarie per giungere all’illuminazione. I Myo-o erano originariamente delle divinità indù che vennero incorporate nel pantheon del buddismo tantrico, per sconfiggere la cieca brama/desiderio e la lussuria.

Un gruppo particolare di cinque di questi Myo-o viene tutt’ora venerato. I suoi membri sono indicati come emanazioni dirette dei cinque Dhyani-budda. In particolare il loro “capo”, Fudo Myo-o, è una manifestazione adirata di Dainichi Niorai (Vairocana). Essi sono dunque parimenti collocati alle quattro direzioni cardinali, più il centro, ma appaiono anche nel mandala Taizokai (= Mandala del Grembo).

Queste manifestazioni, forse meglio di tutto esemplificate da Fudo Myo-o (= Acalanatha), sono delle guide terrificanti e senza compromessi che indicano al devoto la via verso l’illuminazione.

Agli occhi degli estranei il loro aspetto può apparire demoniaco, però la loro rabbia non è diretta agli umani bensì ai nemici del buddismo. Fudo Myo-o nella sua mano destra regge una spada, con cui fa a fette i tre veleni dell’ignoranza, odio e brama/desiderio. Egli inoltre stringe nella mano sinistra una fune che gli serve per catturare e bloccare le presenze demoniache. Spesso Fudo Myo-o è rappresentato con un terzo occhio sulla fronte, segno di chiaroveggenza. Egli siede spesso su di una roccia, a testimonianza della sua inamovibilità nella fede. Egli appartiene inoltre anche al gruppo delle 13 divinità che presiedono alle onoranze funebri in Giappone. Fudo Myo-o è pure considerato una divinità che può procurare il benessere finanziario. Il gruppo delle 5 divinità cui appartiene viene detto dei “Cinque Grandi Re”. Gōzanze Myō-ō (= Vajrahumkara) è il secondo più importante Myo-o, dopo Fudo Myo-o, e anch’esso è una manifestazione di Dainichi Niorai. Esistono però anche altri gruppi consimili a quello di Myo-o, al servizio di altre divinità.

La spiccata tendenza al sincretismo, tipica del buddismo tantrico, prese a considerate le divinità Kami del pre-esistente Shintoismo, come emanazioni della Buddità. I riti tantrici magico religiosi, con la loro enfasi su pratiche di purificazione ed esorcismo, si trasferirono ed infiorarono alcune funzioni della religiosità nativa e popolare, aumentando l’interesse per il buddismo esoterico da parte dell’Aristocrazia giapponese. Lo Shintoismo, la principale religione animista indigena, aveva allora solo una limitata rappresentazione iconografica delle proprie divinità Kami. Quest’ultimi venivano sino ad allora identificati con fenomeni o componenti naturali come rocce e cascate. Il buddismo esoterico incoraggiò la rappresentazione, seppure in un ruolo subordinato alle proprie immagini sacre, delle divinità shintoiste. Fu creata, nella terminologia religiosa giapponese, la denominazione di honji suijaku per indicare la teoria secondo cui le originali figure/entità buddiste religiose indiane avevano scelto di apparire in Giappone nella forma dei nativi Kami, per convertire più facilmente e salvare i giapponesi. La coppia di Kami+Entità buddista costituiva un’inscindibile unità detta Gongen, attribuendo spesso (ma non sempre!) ad entrambe le entità religiose uguale importanza.

Anche se Saicho e Kukai furono inizialmente tenuti a distanza dalla corte di Kyoto, in monasteri di montagna in zone remote, il Governo riconobbe l’autorità di ordinare fedeli alla scuola Tendai nell’822, mentre nell’823 Kukai fu dall’Imperatore posto a capo del tempio To-ji, posto vicino alla porta a sud della capitale . Ciò eclissò il potere delle precedenti scuole buddiste di Nara. I giapponesi si riavvicinarono allora alle pratiche religiose grazie alle nuove teorie provenienti dal buddismo continentale cinese, dal conseguente credo universalista espresso dalla scuola Tendai, e dalle pratiche coinvolgenti e viscerali della scuola tantrica Shingon.

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