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Con Shivaratri vengono celebrate le nozze di Shiva e Parvati, la coppia divina dalla cui unione si manifesta l’energia del cosmo; è una tra le più coinvolgenti ricorrenze religiose indiane, che celebra l’atto creativo che dà vita all’universo.
La data viene fissata in base al calendario induista e cade nella notte di luna nuova del mese lunare di febbraio-marzo (Phalgun); viene vissuta dai fedeli del Grande Dio e della Dea con uno spirito di totale, festoso abbandono: la benevolenza della coppia divina che garantisce la liberazione dal ciclo delle rinascite si festeggia con una notte di purificazione (Yoga) e di ebbrezza (Bhoga), la cui indissolubile complementarità viene rappresentata in un antico rilievo del tempio di Kardamesvara a Benares, dove, accanto al guru che sgrana il rosario immerso nella recitazione dei mantra, il discepolo prepara il bhang, l’inebriante mistura che è tradizionalmente consumata da tutti i devoti per Shivaratri.
Shiva, noto anche come Mahadeva, è una delle tre divinità (Trimurti) della tradizione induista assieme a Vishnu (colui che preserva) e Brahma (il creatore); il suo ruolo principe è la trasformazione, compresa anche come una distruzione rigenerativa, una forza alchemica che cambia qualitativamente l’essere. Shiva rappresenta l’energia primordiale da cui tutto è nato e nella quale tutto l’universo si disintegrerà. Ciò è detto accadere in una notte in cui la danza di Shiva, denominata di Tandava, si rivela per portare creazione, conservazione e distruzione al tempo stesso. La sua dimora si crede essere sul monte Kailash in Tibet, che è il luogo da cui nella spiritualità indiana si immagina abbiano origine i sacri fiumi dell’Asia (che sono visti come i capelli di Shiva), tra cui il Gange – la cui fonte effettiva è il ghiacciaio di Gaumukh, più a meridione del Kailash; ma questo è un fatto che non sembra turbare in alcun modo la visione mistica della santa origine del fiume.
La notte di Shivaratri, che letteralmente significa “notte dedicata a Shiva”, segna il solstizio di primavera che è considerato il momento in cui il Dio ha mostrato per la prima volta la sua Grazia Divina manifestandosi nella forma di un lingam fatto di fuoco e luce. In prossimità di questa data si prepara una congiunzione planetaria particolare e per tale ragione le pratiche spirituali che saranno realizzate nella giornata sono considerate di buon auspicio e soprattutto portatrici di effetti benefici per corpo e mente. La luna è simbolo di realizzazione, di colui che ha saputo portare il suo sguardo oltre le apparenze, annullando ogni separazione tra Sé e Universo, riscoprendo la totale espansione del proprio essere ed arrivando così a percepire l’uno nel tutto, il tutto nell’uno. La luna nera durante Shivaratri permette ai devoti di portare luce là dove regna l’oscurità dell’inconscio, liberando gli esseri catturati dai vortici dell’esistenza illusoria. Shiva e Parvati ricordano a tutti noi in questa lunga e oscura notte come solo attraverso l’unità del nostro essere sia possibile vivere con mente chiara e cuore puro: questo è il vero risveglio, proprio come lo è la primavera per la natura.
La santità di Shivaratri è sancita anche nelle antiche scritture induiste: in uno dei Purana si legge che questa notte è speciale per tutti coloro che seguiranno le austerità prescritte, recitando mantra e bhajan (canti devozionali). Shiva e Parvati rappresentano in questo contesto il matrimonio mistico, cioè il ritrovamento e la ricongiunzione con il nostro vero essere, che è l’unica fonte di reale beatitudine in quanto libera dalla sofferenza e ignoranza dentro la quale è condannata la vita dell’uomo che non riconosce in se stesso l’essenza divina. Secondo le antiche prescrizioni, ognuno in questa notte dovrebbe fare un bagno purificatore per l’anima, accendere incensi affinché il loro profumo possa purificare gli spazi nei quali ci troviamo e nel contempo liberare la nostra mente. Quindi accendere una candela o un lume che vegli tutta la notte simboleggiando la conoscenza e la nostra attenzione, offrire foglie della pianta sacra di bilva alla divinità o ad un simbolo che la rappresenti, come ad esempio in India è lo Shivalingam, e recitare il mantra del Dio: Om Namaha Shivaya.
La celebrazione di Shivaratri trova il più naturale luogo di celebrazione a Benares, l’antica Kashi, la città sacra vivente più antica al mondo, di bellezza e vitalità uniche, considerata nella tradizione vedica il ventre di Shiva. A Kashi, secondo il mito, il Dio stesso ha cercato l’espiazione e la liberazione dal peccato di brahamanicidio commesso con la decapitazione del dio vedico Daksha. I sacri Ghat, le gradinate che portano al Gange, si popolano di pellegrini e Sadhu, gli affascinanti mistici che hanno rinunciato agli aspetti esteriori dell’esistenza, giunti fin qui per festeggiare le nozze del loro Dio. Al tramonto sulle rive del Gange sul ghat più antico viene condotto dai bramini uno speciale aarti, tra i suoni delle salmodie vediche e i bracieri fiammeggianti ruotati ad arte dagli officianti, mentre sul fiume scivolano migliaia di lumi appoggiati su foglie, un’offerta alla dea Ganga.
Per la vigilia di Shivaratri a Benares si svolge il pellegrinaggio di Panchakroshi, quando migliaia di giovani si cimentano in una lunga corsa che segue il circuito sacro che delimita con un ampio arco di 88 km, i cui apici sono sulle rive del Gange, lo spazio del Kashi Kshetra, ovvero il territorio santo della città. Il significato esoterico di questo yatra è descritto in un testo del XVI secolo, il Kashi Rahasya: lungo il percorso ci sono 108 templi, di cui i 5 più importanti (Kardamesvara, Bhimachandi, Ramesvara, Sivapur e Kapiladhara) corrispondono alle principali stazioni del circuito che i devoti percorrono di corsa. Nei templi le immagini sacre vengono coperte di foglie di bilva, frutti di datura e collane di erba kusha.
Ma, più di ogni altra cosa, la grande processione di Shivaratri che percorre la città vecchia fino al ghat principale è il momento in cui confluisce con più vigore l’incredibile potenza mistica del luogo, tra rulli di tamburi, danze in costume che evocano Kali e abbondanti bevute di bhang: una vivacissima celebrazione di esuberante vitalità.
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