Mangiare del montone grasso bollito senza neppure un po’ di sale e ritrovare quest’ultimo invece nel tè col latte può apparirci quantomeno singolare: la civiltà mongola è realmente differente dalla nostra, e solo se ci spogliamo dal nostro eurocentrismo potremo apprezzare, almeno in parte, questa cucina per noi esotica, ma il cui ricordo fa illanguidire gli occhi dei mongoli lontani da casa.
È importante considerare che, nonostante la poca varietà degli alimenti che si trovano, in Mongolia il cibo è più che un semplice nutrimento, ma un vero e proprio codice sociale simbolico. È di rigore l’uso di un unico coltello per la suddivisione dei pezzi e la distribuzione di questi rispetta le gerarchie familiari o il grado d’importanze dell’ospite, al quale verranno servite le parti migliori e riservata la possibilità di servirsi per primo. È fatto divieto di rifiutare il cibo che viene offerto, anche se l’offerente è un proprio nemico; come nel caso del padre di Gengis Khan morto avvelenato dopo che, durante un viaggio, era stato invitato dai suoi acerrimi nemici a banchettare con loro. La sacralità del cibo si riscontra anche sugli altari domestici e dei monasteri, dove viene offerto agli dei protettori. A parte dall’eventuale cacciagione, i mongoli traggono il loro nutrimento quasi completamente dai cinque tipi di animali che allevano: il cavallo, il montone, la capra, il cammello ed i bovini. Frutta e verdura sono quasi inesistenti, si trovano poche farine e zucchero, il pesce è quasi sconosciuto, ma si utilizzano le spezie.
Gli alimenti vengono divisi in due grandi categorie: gli alimenti grigi, cioè le carni, consumate principalmente durante l’inverno, e gli alimenti bianchi, derivati dal latte, consumati perlopiù d’estate.
Le carni sono quasi sempre bollite, siano esse fresche o seccate, in lamelle o in polvere, ed insaporite con spezie varie e, nonostante una certa monotonia nel metodo di cottura, i mongoli riescono a dar vita ad un buon numero di piatti differenti.
Con la farina di frumento mischiata solo ad acqua vengono preparate una sorta di tagliatelle che si accompagnano alle carni nelle zuppe, o una sfoglia sottile che serve ad avvolgere carne sminuzzata e cipolla dando luogo a ottimi grossi ravioli, i buuz, cotti a vapore oppure preparati in modo simile ai panzerotti (khuurshuur) fritti in grasso animale. I ravioli ed i panzerotti sono cibo per le feste, come d’altra parte la carne ancora attaccata all’osso; per i pasti di tutti i giorni la carne, e spesso anche solo le interiora, vengono presentate già disossate o polverizzate in una zuppa.
Ad una festa o in presenza di un ospite importante viene generalmente preparato il montone bollito, i cui pezzi, ancora attaccati all’osso, vengono offerti a seconda dell’importanza del commensale, e sta proprio all’abilità del padrone di casa scegliere il pezzo giusto per la giusta persona. Questo non è impegno da poco perché in Mongolia, come in ogni altra civiltà nomadica, il peso delle regole nelle relazioni sociali è molto importante. Alle donne ed ai bambini restano solo gli avanzi o le interiora, ma quest’usanza non porti a credere ad una inferiorità sociale della donna nei confronti dell’uomo o al fatto che i bambini siano poco amati, è vero invece il contrario, ma essendo l’uomo preposto al mantenimento dei rapporti sociali, lo simbolizza con questa occasionale “prevaricazione”.
Un piatto veramente speciale è la capra o la marmotta Bodog. L’animale viene disossato e sviscerato, con estrema perizia, attraverso solo un taglio nel collo, lasciando intatta la carcassa, la quale verrà, in seguito, riempita di pietre roventi e cotta alla brace; l’arrosto risulta così cotto contemporaneamente all’interno ed all’esterno, mantenendo, con gli umori che non si sono dispersi, una estrema fragranza e gusto.
Tutti gli alimenti bianchi sono derivati del latte di cui i mongoli fanno grande uso, specialmente nei mesi estivi. È necessario ricordare che gli alimenti bianchi (tsagaan ide) hanno una grande importanza anche nei cerimoniali di visita, essendo il bianco un colore di buon augurio e simbolo del rinnovamento.
I mongoli allevano cinque animali da latte e questi sono tradizionalmente divisi in due gruppi: i “musi caldi”, cioè i cavalli ed i montoni, animali favoriti, ed i “musi freddi”, capre, bovini e cammelli.
Il latte non viene mai bevuto puro, poiché viene considerato malsano, concordando così con le opinioni di molti moderni alimentaristi, ma viene usato per formare molti tipi di derivati. I preparati più importanti sono questi:
Aarts – formaggio bianco, che viene ottenuto con i resti del latte, generalmente di bovino, usato per la fabbricazione dello Tsagaan Arkhi, l’alcool di latte. Il formaggio bianco, cagliato, può essere mischiato con uvetta o frutti di bosco.
Arul – formaggio secco, che si ottiene facendo sgocciolare il formaggio bianco, aggiungendovi latte fresco, sgocciolando nuovamente in una garza, e viene quindi tagliato a pezzettini e posto a seccare in vassoi di legno posizionati sul tetto della gher.
Biaslak – formaggio ottenuto da latte caldo al quale viene aggiunto dello yogurt per farlo cagliare, quindi, chiuso strettamente in un telo, viene pressato con pietre piatte.
Shar tos – burro giallo, cotto e chiarificato raccogliendone solo la superficie e lasciandolo nuovamente solidificare. Oltre che per l’alimentazione questo burro è anche bruciato sacralmente nei templi.
Airak – Latte fermentato, meglio conosciuto in occidente con il nome di kumiss, è la bevanda per eccellenza dei mongoli. Si ottiene battendo frequentemente del latte fresco di giumenta posto in un otre di pelle all’interno della gher. I germi contenuti nell’otre ed il mescolio producono una fermentazione alcolica che può raggiungere i 3-5 gradi. I mongoli ne bevono in ogni occasione fino a parecchi litri al giorno, sostenendo che sia un valido rimedio per molti mali, tubercolosi compresa. Viene preparato per la prima volta ogni anno dopo l’inverno, a giugno, ed in questa occasione viene celebrata una festa.
Arkhi – alcool di latte, ottenuto a partire dal latte fermentato con parecchi passaggi di cottura e distillazione fino ad ottenerne un alcool biancastro.
Tarak – yogurt; è assieme al tè col latte ed all’airak una delle tre bevande bianche (gurvan tsagaan) ritualmente consacrate alle divinità.
Oerem – è l’alimento bianco più onorifico che può essere offerto ad un ospite, si tratta della pelle del latte lasciata raffreddare e riposare e quindi ripiegata come una omelette con la parte cremosa all’interno.
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