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La Mongolia occupa un vasto altopiano steppico interposto tra Russia e Cina che si estende da 42 a 52 gradi di latitudine nord e da 88 a 120 gradi di longitudine est, coprendo un’area di 1.531.000 chilometri quadrati su cui vivono circa 3.200.000 persone, una densità media di 2,1 abitanti per kmq, ma se consideriamo che oltre un terzo della popolazione oggi risiede ad Ulaanbaatar, la densità sul territorio scende al bassissimo valore di 1,2.
Questo immenso spazio presenta un’ampia gamma di ambienti naturali, dalle catene montuose a nord-ovest, ricche di laghi, fiumi e picchi sempre innevati, agli altopiani e alle steppe che coprono la parte centrale e l’est, mentre a sud regna il Gobi, un vasto deserto composto da montagne rocciose, pianure desertiche e dune di sabbia.
La parte occidentale della Mongolia è caratterizzata dalla grande catena degli Altai, dove si trovano monti con vette sopra i 4000 metri, tra le quali la più alta è il Khuiten uul (4356 mt), che si estende da ovest ad est per 1500 km, con le ultime propaggini del sud est che si immergono nel deserto del Gobi.
Il nord è principalmente montuoso e ricco di laghi e fiumi, un’area che, pur avendo monti meno elevati rispetto agli Altai, raccoglie piogge in quantità sufficiente per fornire un buon apporto idrico al Paese, che verso sud e sud est diventa sempre più arido.
La parte centrale ed il sud sono caratterizzate principalmente da vaste steppe che degradano lentamente da nord ovest a sud est con un costante abbassamento dell’altitudine ed anche una progressiva diminuzione dei bacini idrici, fino ad arrivare al deserto del Gobi, nell’estremo sud, il cui nome in mongola significa “deserto con la vita”. Tra le steppe della regione centrale si trovano poi i monti del Kangai e, a nord est, la catena del Kentii, dove la tradizione vuole sia nato Gengis Khan.
Dai rilievi montuosi nascono numerosi fiumi, tra i quali il lunghissimo Keroulen, che dal massiccio del Khentii prosegue fino alla Cina settentrionale, il Selenge, che nasce dai monti del Kangai ed alimenta il lago Baikal in Siberia, l’Orkon, l’Onon e il Tuul, che attraversa la capitale.
La maggior parte dei laghi è raggruppata all’estremità occidentale, incuneata tra le catene montuose degli Altai e dei Kangai, in un distretto chiamato appropriatamente regione dei laghi, dove il più ampio è l’Uvbs Nuur, di ben 3350 km/q. Il Khubsugul, situato nella zona più settentrionale, è un poco più piccolo ma ha il primato per la quantità d’acqua che contiene, essendo il più profondo. Oltre a questi giganti lacustri si trovano un gran numero di laghi di piccole dimensioni sparpagliati nel Paese, che diminuiscono di numero e dimensione man mano che ci si muove da nord ovest verso sud est.
La Mongolia è un territorio di estremi, battuto dai gelidi venti siberiani d’inverno e soffocato nel Gobi da temperature elevatissime d’estate, un Paese dal clima nettamente continentale. Le temperature invernali raggiungono livelli artici, con punte di meno 45°C. e non è inusuale nel mese di aprile o già agli inizi di settembre vedere cadere la neve sulle sabbie del Gobi, dove d’estate si possono raggiungere i 40°C., ma solo durante il giorno, poiché di notte, anche d’estate, la temperatura può scendere a 0°C. Le precipitazioni piovose sono invece generalmente molto scarse; raggiungono il loro massimo in estate, mentre nei primi mesi dell’anno sono praticamente nulle. Questi periodi di siccità provocano a volte pericolosi incendi, come nella primavera del 1996 quando il fuoco ha distrutto una zona vasta come il Portogallo.
Nonostante queste temperature estreme e le scarse precipitazioni, la Mongolia è ricca di flora e specialmente di fauna. Le regioni del nord, le più fredde e montuose del Paese, presentano una flora composta principalmente da conifere e da betulle, mentre la steppa della zona centrale ha una vegetazione erbacea bassa e molto fitta, che si dirada lentamente verso sud man mano che il terreno si desertifica. I fiori sono rigogliosi e di molte specie diverse, e nelle stagioni più calde ricoprono tutto il Paese; nelle zone più montuose vi sono anche immense praterie di stelle alpine.
Oltre ad una grande varietà di piante la Mongolia offre un’ancor più ampia ricchezza faunistica, con un gran numero di specie animali, talune delle quali estremamente rare o uniche, come ad esempio il leopardo delle nevi, l’onagro (asino selvatico), il cavallo di Przewalski, l’argali (una specie di muflone), lo yak, il cammello bactriano e un’enorme quantità di marmotte.
La Mongolia, che è formata da tre principali regioni, è amministrativamente suddivisa in diciotto province e tre municipalità, suddivise a loro volta in distretti agricoli (il cui nome non deve trarre in inganno, in quanto la lavorazione dei campi non rappresenta una delle risorse principali). Nelle province si trovano vari centri abitati, denominati centro (aimaq), villaggio (sum) e piccolo raggruppamento (brigade), con un comprensorio territoriale amministrativo più o meno grande a seconda dell’importanza del centro.
La capitale è Ulaanbaatar (un nome che tradotto significa “eroe rosso”), dove sono concentrate sia l’attività politico-amministrativa che la maggior parte delle industrie presenti sul territorio nazionale. A Ulaanbaatar oggi vive più del 40% della popolazione mongola e vi si trovano tutte le differenti etnie nazionali.
Oltre ad Ulaanbaatar altre tre città rivestono una certa importanza sia amministrativa che industriale. La prima a sorgere è stata Sukhbaatar (il cui nome ricorda un eroe della rivoluzione del 1921) che conta 17.000 abitanti; si trova alla confluenza dei fiumi Selenga ed Orhon ed è una stazione ferroviaria vicino al confine russo. La seconda è Darkhan, un centro industriale a duecento chilometri a nord di Ulaanbaatar che, con i suoi 80.000 abitanti, rappresenta oggi il secondo centro del Paese. Questa città deve il suo nome alla lavorazione dei metalli, infatti “darkhan” significa orefice in mongolo. La terza, ma non per importanza, è Erdenet: benché fondata solo negli anni settanta, essa ha già più di 48.000 abitanti e rappresenta l’applicazione delle politiche del socialismo reale e la realizzazione del progetto di sedentarizzazione forzata del popolo mongolo, oltre che il tentativo di sfruttare le risorse del territorio, infatti qui si trova la più grande miniera di rame della Mongolia.
I mongoli sono sempre stati un popolo di allevatori nomadi ed ancora oggi i prodotti di questa attività, come carne, pellame, lana e prodotti organici usati dal settore farmaceutico, rappresentano una delle principali risorse del Paese, a cui si aggiungono le pellicce di animali selvatici (marmotta, volpe argentata, ecc.). L’industria, che sta ancora muovendo i primi passi, è quasi essenzialmente basata sulla lavorazione della lana, del pellame e del cashmere.
Recentemente si sono aggiunte le entrate derivanti dalle attività estrattive e minerarie, principalmente di rame, molibdeno, fosforo e oro: nel 2017 dalla sola Oyun tolgoi, la terza miniera a cielo aperto del mondo per dimensioni e che dà alla Mongolia quasi la metà del suo prodotto interno lordo, sono stati estratti 16000 Kg di questo prezioso metallo. Sono anche stati individuati nuovi giacimenti di petrolio, ma sono ancora poco sfruttati per la mancanza di infrastrutture. Una parte del greggio viene raffinato in Cina e riportato in Mongolia sotto forma di prodotto finito.
Un certo sviluppo dell’artigianato, basato sulle attività estrattive, contribuisce alla crescita economica nazionale poiché vanta una tradizione secolare nella lavorazione dell’argento e delle pietre semi-preziose. Il turismo, che prima della pandemia del Covid aveva raggiunto il suo apice nel 2019 con 577.000 visitatori, si posizionava al terzo posto nella classifica delle entrate del Paese .
Fino al 1989 gli scambi commerciali avvenivano principalmente con l’Unione Sovietica (80%) e con gli altri paesi del blocco comunista. Quando è venuta a mancare questa fonte di utili la Mongolia ha attraversato una grave crisi economica. Ora dipende quasi completamente dalla Cina per le importazioni.
La moneta locale, il tugrik, che veniva scambiato quasi in parità col dollaro a fine 2008, a inizio 2021 è arrivata a 2850 tugrik per 1 dollaro.
Oggi gli sforzi del nuovo governo sono tesi a sviluppare il più possibile i trattati internazionali che permettano alla Mongolia una maggiore esportazione e maggiori investimenti stranieri.
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