Il Bön Ri è la montagna sacra della religione Bön e per i devoti rappresenta i tre aggregati di corpo, parola e mente di Tonpa Sherab, l’entità immortale che fondò la religione. Questa pagina illustra storia e leggenda, cosa si incontra in questo luogo ed il percorso di pellegrinaggio.
INDICE:
Nella regione del Kongpo ad est di Lhasa si erge il Bön Ri, la montagna sacra ai devoti del Bön che si affaccia sullo Tsangpo, Olimpo degli sciamani tibetani. Amitaba organizza viaggi al Bön Ri seguendo diversi itinerari, sia per viaggiatori individuali che per gruppi; per un esempio di programma: Bön Ri e Lhamo Latso.
Il Bön Ri è un’importante meta di pellegrinaggio, dove molti monaci ed eremiti di questa antichissima religione sono tornati ad occupare i punti più sacri, convinti che la potenza del luogo riesca ad aiutarli nelle pratiche meditative e nell’ottenimento di poteri sciamanici, ed è grazie ai tenaci sforzi dei devoti che molti degli antichissimi luoghi di culto sono stati ripristinati. Giungono a questo sacro monte per il kora (la circumambulazione rituale) sia i seguaci del Bön che i buddisti; questo è l’unico sito dove entrambi eseguono il kora con un percorso antiorario: cita infatti la tradizione che quando uno dei Lama principali nella tradizione buddista tibetana, il Karmapa, iniziò il pellegrinaggio in senso orario – la direzione usuale dei buddisti – venne bloccato da una tigre.
La condivisione dei luoghi sacri da parte di queste due ramificazioni del misticismo tibetano deriva dalle radici comuni di molti rituali, simboli e molte delle profonde pratiche meditative sulla vacuità. I Bön si ritengono di origine più antica del buddismo in quanto affermano di seguire gli insegnamenti del Budda del ciclo cosmico precedente tramite la trasmissione ricevuta dal maestro Tonpa Shenrab. Cosa questa generalmente accettata, tanto che il Dalai Lama stesso considera i Bön una delle scuole del buddismo tibetano.
(Per un maggiore approfondimento sulla religione Bön collegarsi a Buddismo tibetano e le sue scuole)
La regione del Kongpo in Tibet, situata ad est delle antiche province di U ed a sud del Kham, è sempre stata considerata remota ed irta di pericoli; è un territorio scarsamente abitato, solcato da profonde gole immerse nella foresta dove scorrono possenti fiumi, confinante a sud con le inestricabili giungle delle aree tribali dell’Arunachal Pradesh. Le saghe tibetane raccontano che difficilmente una persona poteva avventurarvisi con la speranza di fare ritorno, sia per le intrinseche difficoltà ambientali che per la ferocia dei seppur scarsi abitanti. Quest’aura di tremenda pericolosità ha alimentato secoli di storie e leggende, tanto che ancora oggi permane un senso di timore: se si chiede consiglio ad una persona di Lhasa per un viaggio nel Kongpo è probabile che dica di stare molto attenti e di non accettare bevande o cibo dalla gente del posto: c’è rischio di essere avvelenati e divorati… Paradossalmente, è proprio nel Kongpo che, oltre al Bön Ri, si trovano un altro dei principali monti sacri del Tibet, lo Tsari, anch’esso meta di importanti pellegrinaggi, ed alcuni importanti eremi!
I cinesi, approfittando anche del clima relativamente mite della piana formata dal fiume Nyang Chu, hanno penetrato la regione stabilendo un importante centro amministrativo e militare a Bayi e recentemente hanno costruito anche un nuovo aeroporto sulle sponde dello Tsangpo. La strada che arriva da Lhasa è ottima e così oggi è possibile arrivare alle porte del Kongpo facilmente. Lasciata Bayi alle spalle, dove la sera tra le case piastrellate con pessimo gusto dai cinesi si possono ammirare palme di plastica illuminate a festa (…!), anacronistica testimonianza di una cultura che in questi luoghi è aliena, si torna in contatto con l’atmosfera del Tibet.
Il Bön Ri è un gruppo di monti costituito da più cime, le cui tre principali sono il Mu Ri, il Lha Ri e lo Shen Ri, tutte tra i 4500 e i 4600 metri di quota. L’ambiente naturale cambia con la quota e l’orientamento cardinale: sulle vette si trovano pasture dove vivono gli yak e sui versanti si infittiscono le foreste, con grandi rododendri himalaiani nelle parti più alte e pini d’alto fusto fin quasi alla base delle valli, molto fitti nei versanti a nord e piuttosto radi verso sud, dove fluisce lo Tsangpo, e verso ovest, dove fluisce il Nyang Chu, suo affluente, con zone anche aride vicino alle sponde di questi due fiumi.
Per la religione Bön questi monti rappresentano un paradiso mitico ed il punto di potere principale della tradizione: è il luogo di pellegrinaggio più venerato. Le tre cime principali sono ritenute la manifestazione degli aspetti del corpo, della parola e della mente di Tonpa Shenrab così questi monti nel suo insieme vengono sentiti come la presenza del grande Maestro e visualizzati come un mandala, la cui base fisica sono cinque grotte di meditazione e cinque laghi che si dice essere posti nelle viscere dei monti; le grotte furono create da Tonpa Shenrab e utilizzate dai suoi vicini discepoli che vi lasciarono tracce della loro presenza, e pare che gli adepti Bön adottino specifiche pratiche meditative adatte alla peculiare energia di ciascuna. Si dice anche che in queste grotte ci siano tutt’ora dei Terma, i ‘tesori nascosti’ della tradizione tibetana, e sembra che nel 1986 nei pressi della vetta del Shen Ri, dopo una particolare cerimonia, sia stato estratto un testo sconosciuto attribuito a Tonpa Shenrab. Ma per la maggior parte dei pellegrini l’aspetto principale del kora sta nel percorrere i luoghi legati a fatti e vicende della tradizione recitando gli opportuni mantra, acquisendo con questo un merito e auspicando di porre le condizioni causali per una rinascita fortunata; le pratiche esoteriche, gelosamente conservate, sono di pertinenza solo di pochi adepti.
La presenza di Tonpa Sherab al Bön Ri fu dovuta alla saga tra il Maestro e Khyabpa Lagring, il più potente demone del Tibet. Secondo la tradizione Bön Tonpa Shenrab era giunto per convertire i tibetani alla nuova religione, e per questo aveva lottato duramente con le forze del male che dominavano questa parte di mondo. Il demone, nel corso di un lungo confronto magico, aveva rubato dei cavalli del Maestro e per bloccarne l’inseguimento aveva materializzato una montagna nera lungo lo Tsangpo. Tonpa Shenrab dissolse il monte del demone e generò al suo posto il Bön Ri, motivo per cui questo è considerato una manifestazione della mente del Maestro. La contesa terminò con la sottomissione del demone che propose un’ultima prova: se Tonpa Shenrab fosse riuscito a trapassare i suoi sette scudi con una sola freccia si sarebbe convertito alla religione. Così avvenne, e nel punto in cui venne scoccata la freccia sgorgò una fonte d’acqua; questo è ora uno dei punti del kora del Bön Ri toccati con venerazione dai pellegrini.
Anche l’origine della dinastia reale del Tibet, che la leggenda tramanda essere di provenienza divina, è intrecciata con l’epica di questi monti: il primo re, Nyatri Tsempo, discese dal cielo con una corda posandosi sul Lha Ri, la cima chiamata anche Picco Divino che è dimora di Ama Yongma, una divinità femminile di protezione; vicino alla vetta si trovano in rilievo su di un masso le sacre impronte di questa leggendaria figura. Drigum Tempo, il primo re non immortale, che non fece ritorno al cielo risalendo la magica corda che collegava i re Bön alle terre pure, è seppellito ai piedi del monte, vicino alla confluenza dei fiumi Nyang e Tsangpo.
Il kora (circumambulazione rituale) richiede almeno 24 ore di cammino, un percorso di oltre 60 chilometri che segue il contorno della montagna lungo i fiumi Khoro, Nyang e Tsangpo e si collega dallo Tsangpo al Khoro attraverso il passo del Bön Ri, in un punto vicinissimo alla vetta dello Shen Ri. Il percorso non presenta eccessive difficoltà di acclimatazione in quanto la base delle valli dove si possono porre i campi oscilla tra i 2900 e i 3100 metri e il punto più alto, sul passo, sfiora i 4400 metri. Il periodo dell’anno migliore è da aprile a ottobre ed il maggior numero di pellegrini si incontra a maggio. Le piogge più frequenti sono tra metà giugno e luglio. La maggior parte del percorso avviene lungo strade fortunatamente poco trafficate: una sterrata che segue il corso dei fiumi Nyang Chu e Tsangpo e l’altra asfaltata che scende dal passo di Serkhyem verso Nyangtri lungo il fiume Khoro, che si segue tra Tagdrosa Darbong e Kuschuk. Le parti di sentiero sono assolutamente magnifiche, attraverso diversi tipi di foresta e densi boschi di rododendro nelle parti più alte, con grandiosi punti panoramici. Per via dei lunghi tratti su strade il kora completo è più adatto a persone che ne condividano il senso del pellegrinaggio e ricerchino i molti luoghi legati a tradizione e leggenda, piuttosto che a dei puri amanti del trekking. Per gli amanti della natura che non abbiano uno specifico interesse culturale il nostro consiglio è di cimentarsi con la traversata del passo del Bön Ri e percorrere il sentiero che porta agli interessanti monasteri immersi nelle foreste alle pendici a nord ovest del monte (Gyeri, Sigyal e Tagtse). Il transito da questi tre monasteri non è d’obbligo per i pellegrini, che possono limitarsi alla circumambulazione della montagna, risparmiando così circa 4 ore di cammino; ma una visita di questi siti è irrinunciabile per chi desideri un incontro con la tradizione Bön.
Nella nostra esperienza il punto di partenza migliore per il kora è il monastero di Kuschuk, nei pressi di Nyangtri, lasciando così per la fase finale il forte dislivello che porta al passo del Bön Ri. Molti pellegrini tibetani iniziano invece dal villaggio di Menri, affrontando subito la salita al passo. Lungo il percorso non si dispone di hotel o locande e bisogna quindi essere forniti di vettovaglie e attrezzatura da campo; con una opportuna pianificazione non è necessario utilizzare animali da carico, in quanto è possibile far arrivare le jeep nei punti prescelti. Una tempistica ottimale prevede due giorni da Kuschuk a Drakar Zhabje, alla base del passo, avendo modo di visitare anche i monasteri del versante nord ovest, il terzo giorno per scavalcare il Bön Ri La (4380 metri) e un’ultima mezza giornata per completare il kora. La salita al passo comporta un dislivello di almeno 1400 metri (se si pone il campo nel punto più alto) e la discesa al punto di campo più vicino è di 1130 metri, un percorso di circa 7 ore di cammino. Per tempi e distanze è meglio non competere con i pellegrini tibetani: loro svolgono usualmente l’intero kora in due giorni e alcuni addirittura ci riescono in uno solo! Molti lo percorrono più volte, possibilmente almeno 13; nel 2006 abbiamo incontrato una monaca che si stava cimentando con lo straordinario obbiettivo di compierne 1000, avendone già fatti più di 700…
Passeggiare attorno a questi monti porta a contatto con una moltitudine di luoghi di grande importanza nella tradizione Bön; citandone solo alcuni dei principali, nell’ordine in cui si incontrano sul cammino partendo da Kuschuk:
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