L’architettura in Persia ha avuto una storia che continua per più di 6.000 anni, dal 5.000 a.C. al presente, con esempi distribuiti in una vasta area del mondo (dalla Siria al Nord dell’India ed ai confini della Cina, dal Caucaso a Zanzibar).
Le costruzioni persiane variano dalle capanne paesane, alle case da tè, ai padiglioni dei giardini ed ad alcune strutture belle e maestose. L’architettura persiana monumentale era in prevalenza religiosa, sia nel significato che nello scopo, ma l’attività architetturale non era confinata a quello. Vediamo infatti i resti di ponti, bazar, caravanserragli, fortificazioni e giardini costruiti in vari luoghi, opere che richiesero altrettanta maestria e immaginazione dei monumenti religiosi e dei palazzi secolari.
Da pairidaeza (iranico) che è un composto di pairi- (attorno) e -diz (creare), deriva paràdeisos (greco), pardes (ebraico), partez (armeno) e paradisus (latino), da cui seguì in italiano la parola paradiso.
Per gli antichi persiani il mondo era diviso da una croce in quattro parti, con al centro una sorgente. Il simbolo del numero 4, rappresentante i quattro elementi sacri (fuoco, aria, acqua e terra), era di origini mazdaiche ed ancora più antico.
Queste erano le origini del Chahar Bagh, il giardino persiano, diviso in quattro (chahar) parti, e del successivo cortile islamico, arricchito da una fontana centrale e racchiuso all’interno di mura. Questi cortili, di forma rettangolare o quadrata, erano presenti sia nei palazzi del califfo sia nelle case semplici, nei bazar, nelle moschee e nelle madrasse (scuole teologiche).
Questo piano onnipresente, di origine zoroastriana o mazdaica, descriveva l’unità, l’ordine e la serenità di uno spazio chiuso, centrato sul dono divino dell’acqua.
Il giardino “paradiso” imperiale persiano era simbolo visibile della capacità ordinatrice del sovrano, contrapposta al resto del mondo caotico che sfuggiva al suo dominio. La rigorosa geometria era temperata da vari alberi di modesta altezza, che conferivano l’atmosfera di pace e serenità.
Ogni elemento costituente il giardino persiano aveva una funzione allegorica: ogni pianta la sua simbologia. Ad esempio il cipresso rappresentava l’eternità e poeticamente la bellezza femminile.
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