Mahakumbhamela: Una testimonianza
PREAMBOLO
Nel 2001 si è svolto il “Mahakumbhamela”: ‘Maha’ significa grande, maestoso, immenso. Il motivo era che ogni 12 cicli astrali la ricorrenza del Kumbhamela è particolarmente favorevole – per il prossimo ‘maha’ attendiamo così l’anno 2145, perché si verifica ogni 144 anni! Al di là dell’eccezionalità, l’evento fu un raduno particolarmente intenso e vitale, si superò per la prima volta l’incredibile numero di 50 milioni di pellegrini e il tutto si svolse senza incidenti. Per delle informazioni in merito si può vedere l’articolo Mahakumbhamela o guardare il documentario che vi ha girato Amitaba.
Questa pagina è stata scritta dopo la notte della grande iniziazione da Alessandro Zuzic, fondatore di Amitaba, che ha vissuto per oltre un mese al Mahakumbhamela per poter raccogliere un’accurata documentazione di questo evento epocale del misticismo del mondo. Nel corso di tanti bellissimi incontri sono nati anche dei legami di amicizia con alcuni dei santoni degli akhara, che gli hanno così concesso la possibilità di partecipare ad alcuni dei momenti più toccanti di quest’incredibile evento: per condividere con loro il Sanatana Dharma, o legge eterna, il nome con qui essi chiamano la loro religione.
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IL RACCONTO
Non è immediato venire accolti da un Maestro dei Naga. Quando mi sono avvicinato per la prima volta al suo “duni” (il fuoco sacro) mi ha subito colpito la forza del silenzio: qui le parole sono usate raramente, questi yogi esprimono la loro essenza direttamente, si siedono tranquilli vicino al duni e assorbono con tutto il loro essere l’abbraccio divino. Mi sono accomodato vicino a Kashi Bhirati, gli hanno spiegato che voglio fare un documentario del Mahakumbhamela. Lui mi guarda sereno, sorprendentemente giovane coi capelli incolti lunghissimi ed i suoi occhi di brace, mi osserva e non dice nulla; un assistente gli passa il cilum sacro, carico di hashish potentissimo, che lui sta fumando sin dal mattino, da prima del sorgesse il sole. Lo accende con naturalezza e me lo porge; io congiungo le mani, m’inchino e dico in inglese “Maestro, ti sono grato; ma ho fatto voto di rinuncia”; lui mi guarda con rispetto e sento per la prima volta la sua voce, una “Ah” profonda, alza il palmo e mi benedice, prende la cenere del sacro duni e mi segna il centro della fronte, con la mano mi benedice ancora “Ah….”. Sto con lui parecchio tempo, mi passano via dalla mente tutte le domande che volevo fare; un amico che mi ha seguito fin qui ha fumato un assaggio della pipa sacra ed è sdraiato sulla stuoia, non si regge neppure seduto, mi chiedo come possa il Maestro rimanere così vigile e presente. Per lui fumare è una forma di devozione assoluta, di abbandono del sé limitato, per immergersi totalmente nell’essenza di Atman, l’essenza del divino, recitando il potente mantra si Shiva; mi chiedo se sia veramente così? La risposta la trovo nel suo sguardo profondo e pieno di amorevolezza, uno specchio che si rivela osservando senza timore e pregiudizi.
Torno così giorno dopo giorno da lui e dagli altri Maestri dell’Akhara; vengo anche invitato a condividere il cibo al duni e Kashi Bhirati mi fa dire che posso venire a trovarlo la notte della grande iniziazione.
Camminando tra i campi del Kumbhamela
È notte; attraverso il Gange su uno dei tanti ponti di barche, immerso come una goccia in un fiume di gente. Una quantità infinita di persone si muove in ogni direzione. Sono una frazione dei milioni di umili esseri che sono giunti fin qui, con solo un sacco portato in bilico sulla testa che contiene le poche cose portate con sé. Ovunque si notano dei fagotti per terra, spesso stretti e vicini. Sono pellegrini, avvolti nelle coperte che li riparano un po’ dall’umido e dal freddo della notte. Non tutti trovano posto per sdraiarsi sulla paglia che fa da pavimento al mare di teloni e tende che si perde in ogni direzione. Sulla riva tantissimi fanno delle abluzioni, non c’è orario per purificarsi!
Non si vede il cielo per la polvere ed il fumo, che crea una coltre asfissiante. Gli occhi lacrimano e non si respira. Nessuno sembra curarsene, il fuoco è essenziale per le offerte, è un fuoco sacro. E la polvere è la sabbia sacra del Sangam, il letto dove si uniscono i tre fiumi; due, Gange e Yamuna si vedono, il terzo, il Saraswati, lo si percepisce con l’occhio dell’anima. Alcuni dicono che emerga dal mondo degli inferi esattamente sotto il “naso”, la piccola lingua di sabbia cuore del Kumbhamela, dove si congiungono le acque dei fiumi.
Lungo la via che percorro, uno spazio larghissimo tra i campi di tende che forma una strada tra gli Akhara, le “palestre” o scuole dei Naga. È qui che si formano i cortei di mistici che nei giorni propizi scavalcano con gioia esuberante il Gange per lanciarsi poi urlando e correndo al “naso” ed immergersi nelle acque. Per arrivare lì al momento più propizio i Sadhu, i mistici, si sono affrontati con le spade per secoli; è stato nel 1882 che gli inglesi hanno ottenuto un accordo ferreo sulle precedenze! Non importava infatti morire a Prayaga; c’era addirittura chi veniva qui per commettere il suicidio mistico: gettarsi a capofitto dal grande albero di Prayaga, o lasciarsi affondare nel fiume, assicurava una lunga rinascita tra le delizie di un paradiso, propedeutica ad una favorevole futura incarnazione umana ricca di auspici.
Un frastuono di altoparlanti che urlano sembra disturbare solo noi occidentali. In una confusione gracchiante che assorda si intuiscono brani di letture vediche, annunci per le persone smarrite, lezioni di dottrina, musiche, recitazioni dei poemi epici. Giorno e notte. L’immensa massa che gira da campo a campo per incontrare i maestri, partecipare a riti e canti o vedere gli spettacoli è incurante di rumori, fumo e polvere. Ovunque le scuole spirituali offrono mense gratuite, tutti seduti in linee ordinate sulla sabbia, i devoti scodellano riso, lenticchie e forse verdura su una foglia che funge da piatto; si mangia con le mani. Niente alcolici e dieta vegetariana. La plastica è vietata: inquina. Miriadi di venditori vivono tra le poche mercanzie seduti per terra nello stesso punto per settimane, scansati dal fiume dei pellegrini.Ogni campo ha creato un proprio ingresso trionfale con miriadi di luci colorate che formano disegni bizzarri e simboli della religione, miracolosamente appese a strutture di bambù fissate con le corde, che raggiungono a volte altezze impressionanti. Si vedono delle piramidi di bambù dedicate alla pratica vedica dello yagya (purificazione con il fuoco). Sono dei veri capolavori: alcune all’interno hanno 108 altari dove in ciascuno arde un fuoco, con spazio per centinaia di fedeli durante i riti. Le scuole e le compagnie teatrali più ricche, per distinguersi hanno costruito dei pacchiani cancelloni di cartapesta con forme bizzarre, alti anche 20 metri!
Nel Nirvani Akhara
Raggiungo il cancello della Tulashung Mahadev, il grande Nirvani Akhara di Naga dediti al culto di Shiva. Non vogliono fare entrare nessuno stasera. Facendomi spazio tra volti coperti da barbe ascetiche e turbanti, spiego che mi sto recando da un Baba, un Maestro, ne faccio il nome: Kashi Bhirati, e indico la sua tenda, dico che mi aspetta. Sguardi fieri e occhi di brace mi scrutano; mi lasciano entrare. E’ un onore che viene concesso, perché è la notte dei riti iniziatici dei novizi. Si può essere accolti tra i Naga solo qui, ogni dodici anni e se si superano innumerevoli prove. Questi santoni dicono che essere Naga è un dono di Dio, che loro hanno tutto abbandonato, vivono nudi in luoghi remoti e Dio pensa ad ogni cosa che a loro possa servire. Imitano il Dio Shiva, e sono anche guerrieri; armi da taglio sono appoggiate qua e la legate in grandi fasci. Sono loro il fulcro del Kumbhamela, e gli storici ci dicono che ciò è dovuto all’origine del raduno e ne spiega il diritto di precedenza per l’abluzione rituale. Il carisma che emanano e il timore che suscitano in tutti coloro che li avvicinano sono di per sè sono sufficienti a focalizzare il grande raduno su di loro.
Nel campo, uomini con i capelli incolti e lunghissimi, coperti di cenere e spesso nudi, sono seduti accanto ai fuochi. Giungo le mani per uno sguardo di saluto a Naga Baba Amer Bharti, che per dimostrare la forza della volontà nell’uomo tiene il braccio destro alzato da ….27 anni! E’ un maestro molto amato e rispettato; fa questo sacrificio per rendere evidente ai fedeli che nulla è impossibile. Qui ogni tanto si vedono cose strane; ieri un Naga, per dimostrare il controllo delle energie sottili, ha sollevato un tronco legandolo al pene. Un altro ha addirittura trainato una jeep legandola al membro! I Naga sono celibi, e hanno un controllo assoluto dell’energia kundalinica, definibile, per intuirne il complesso significato, come affine alla libido. Se un santone desse il minimo segno di eccitazione sessuale verrebbe scaraventato immediatamente fuori dall’Akhara.
La notte della grande iniziazione
Al centro del campo, sotto la grande bandiera attorno al tempio di bambù, centinaia di uomini in perizoma e rasati sono seduti per terra, in stretti cerchi. In mano hanno il bastoncino rituale. Cantano tutti il mantra di Shiva, Om Namo Shivaia. Il ritmo del mantra e il riverbero delle fiamme che si riflettono su una massa di corpi nudi, creano un’energia potentissima. Proseguono per tutta questa notte, e all’alba si immergono nel Gange, ed andranno avanti anche domani. Li aspetta un’altra, ultima notte, di concentrata devozione, non dovranno cedere al sonno. Poi il bagno finale e il taglio cerimoniale dell’unica ciocca di capelli lasciata sul Bramachakra, il punto da cui l’anima esce dal corpo, da parte del guru. E’ il segno che non dovranno più curarsi della rinascita perché sono entrati nella nuova vita dello spirito. Non verrà fatto un funerale quando lasceranno il corpo; l’iniziazione è il funerale di questa vita, e si conclude bruciando o lasciando nel Gange un proprio vestito.
Siedo al fuoco di Kashi Bhirati Baba, stranamente non si odono altoparlanti, solo il ritmo coinvolgente del mantra tra le fiamme ed i fumi dei fuochi ed un ondeggiare di centinaia di corpi nella notte. I novizi vengono a ricevere la benedizione. Il maestro è durissimo con loro, sono tenuti a dare prova di assoluta arrendevolezza ed obbedienza. Il Baba siede nudo con i capelli che gli fanno da scialle, impartisce qualche ordine e segna la fronte dei devoti con la cenere del fuoco sacro che solo i Naga toccano. Fuma costantemente cilum di hascisc potentissimo, di cui i devoti reggono al massimo qualche tiro. Dicono che con la tosse espella le impurità, e che metabolizzi solo l’essenza del fuoco contenuta nel ”charas”. Anche il Dio Shiva pare faccia così. Questi santoni si chiamano Naga, che è il nome degli spiriti della terra e dell’acqua. Vedendoli si crede decisamente che questo nome corrisponda! Ma questa scorza dura e l’aspetto terrificante, sedendo vicino al Baba si dimentica, osservando i suoi occhi che esprimono una devozione totale e riflettono amore e dolcezza infiniti e brillano anche nella notte. Quando un giovane iniziato stramazza a terra, il Baba con un balzo felino è lì per assicurarsi che stia bene: come fa a essere così pronto e agile, stando seduto coi devoti tutto il giorno e avendo fumato quantità pazzesche di hascisc?
Il cuore del Kumbhamela
Le grandi processioni che raggiungono la confluenza dei fiumi partono dal raccoglimento di questi fuochi, è qui che tocchiamo l’anima del Kumbhamela. Quando sarà il momento, tutti si alzeranno per formare un festoso corteo. Il maestro viene portato con tutti gli onori, alcuni ordini religiosi coprono con i fiori grandi carri trainati da trattori; il guru siede sotto un parasole ricamato, attorniato dai discepoli più intimi. Al Sangam, dove si uniscono i fiumi, il parasole segue il maestro fino all’acqua. A perdita d’occhio in tutte le direzioni i pellegrini fanno le abluzioni ed eseguono un rito di offerta, la “tarpana”. Ma il momento più atteso è la corsa dei Naga. Ad un certo punto tutta la zona del Sangam viene sgombrata, la polizia a cavallo fa largo tra la gente: nessuno deve essere sulla strada dei mistici che arrivano a centinaia, vestiti solo di cenere, alcuni brandendo spade. Anche l’aria ha una stasi, quando la massa ondeggiante si ferma sulla riva del fiume. Si attende il momento esatto. Di colpo, con urla di gioia per l’abbraccio del divino, i Naga si precipitano tutti assieme nel fiume.
Così, quando Giove è entrato nella costellazione del Toro, il sole lo attendeva in Capricorno, per la luna nuova del mese di Magh, il 24 gennaio 2001 è giunto il momento più propizio, il Mauni Amavasya. Si dice che dai fuochi si sia riversato al fiume un oceano di trenta milioni di persone, fiduciosi tutti che con l’abluzione abbiano giovato qui a Prayaga del nettare dell’immortalità, in questo preciso luogo, in quel prezioso momento.