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AutoreBruce Chatwin |
TitoloIl viceré di Ouidah |
Suggerito da Stefano Berra
Più di un secolo dopo la morte di un celebre negriero, Dom Francisco da Silva, i suoi numerosi discendenti si riuniscono a Ouidah, nel Dahomey, «per onorare la sua memoria con una messa di requiem e un pranzo». Sono una folla variegata di poveri e di ricchi, che hanno un rimpianto in comune: l’epoca della tratta degli schiavi, «perduta età dell’oro in cui la loro famiglia era stata ricca, famosa e bianca … Ognuno di loro teneva appeso il ritratto di Dom Francisco fra le immagini dei santi e della Vergine: attraverso di lui si sentivano collegati all’eternità». Da questa scena di grottesca maestà prende l’avvio una narrazione che ci riconduce ai primi anni dell’Ottocento, quando il giovane brasiliano Francisco da Silva si imbarcò per cercare fortuna in Africa. Da quel momento si snoda dinanzi a noi una sequenza di fatti che ci cattura come un incessante delirio. Il re pazzo del Dahomey, che poggia i piedi sulle teste mozzate di un ragazzo e di una ragazza; le sue feroci Amazzoni, che vanno in caccia di vittime da vendere come schiavi; i teschi dei nemici minori del re ammucchiati su vassoi di rame, mentre quelli «dei grandi erano avvolti nella seta e conservati in ceste imbiancate»; il negriero tuffato nell’indaco per renderlo uguale ai negri; il sordo lamento di una reclusa centenaria; Dom Francisco in rovina che fa suonare insieme i suoi carillon svizzeri. Sono immagini che lampeggiano un attimo e si mescolano ai colori invadenti della natura, dei muri rosa scrostati, dei costumi di una Semiramide dell’Opera di Rio che finiscono indossati dai cortigiani del re del Dahomey. Con magistrale precisione, Chatwin ha ricomposto nella sua prosa asciutta e vibrante le schegge disperse di una storia vera che ha l’andamento di un inestricabile sogno, punteggiato di atroci sorprese. Le voci del passato si ritrovano qui, insieme ai discendenti del negriero Francisco da Silva, «viceré di Ouidah», a spargere «cibo, sangue, piume e Gordon’s gin sul letto, tomba e altare del Morto».
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